Corsi e ricorsi storici in Europa

Tra il 1924 e il 1926 due paesi europei, l’Austria e l’Ungheria, furono di fatto commissariati dal punto di vista economico dalla Società delle Nazioni che in quel periodo de facto governarono entrambi i paesi fino a farli uscire dalla crisi profondissima in cui si trovavano.

Le cause sono da far risalire alla fine dell’impero austro-ungarico, dovuta alla sconfitta nel corso della prima guerra mondiale e delle decisioni successive (trattato di Versailles) che diedero origine a un quadro europeo inedito. L’economia imperiale, già minata dal conflitto, crollò del tutto e l’attività sostenuta dalla SdN svolse un ruolo di supporto in accordo con gli Stati Uniti.

Per entrambi i paesi il piano era piuttosto ambizioso, nel senso che ci si proponeva entro pochi anni di trovare un accordo sui danni di guerra (onerosissimi), di riportare le rispettive valute al gold standard, fermare le spinte all’inflazione, creare due banche centrali e due sistemi centralizzati di tassazione efficenti, mettere in condizione i due paesi di avere dei bilanci di previsione credibili per gli anni successivi. Il tutto sotto l’autorità di un commissario generale che praticamente governava la nazione in vece della classe politica locale.

Per qualche tempo sembrò funzionare, gli obiettivi vennero raggiunti e il controllo della situazione restituito alle autorità nazionali. Nel breve periodo, tra il 1926 e il 1932, quindi in solo sei anni la situazione precipitò di nuovo. Spirale inflattiva, mercato interno fermo, massiccio discontento trasversale a tutte le classi sociali, disoccupazione. In parte la colpa era della crisi del 1929 che fermò tutti i programmi americani in Europa e si estese nell’arco di due anni a tutti i mercati europei ma va tenuto presente che nel quadro macroeconomico di allora i mercati erano meno interconnessi, di conseguenza la propagazione delle crisi finanziarie era più lenta.

Cosa andò male allora? Come mai due economie “costruite” con tutti i crismi di allora non riuscirono a continuare il loro sviluppo? Non c’è una risposta univoca ma per quanto mi riguarda credo che il problema peggiore fosse la mancanza di politiche di sviluppo. In assenza di un sistema bancario propriamente sviluppato, ricordatevi di che anni stiamo parlando, e senza soggetti istituzionali in grado di investire in opere pubbliche in maniera estesa (come fecero gli americani con il New Deal)  fare ripartire in maniera sostenibile l’economia produttiva / commerciale non era possibile.

Conseguenze? Ripartenza dell’inflazione, disoccupazione, progressivo crollo dello stato sociale, spirale depressiva-aggressiva dell’opinione pubblica, ostilità crescente verso le potenze vincitrici e nascita di politiche populiste. Per l’Austria il quadro degenerò ulteriormente in seguito per l’avvento al potere nella vicina Germania del partito nazionalsocialista mentre l’Ungheria pativa le conseguenze del trattato del Trianon che aveva ridotto del 71% il territorio nazionale fino a ritornare formalmente sotto la monarchia ma di fatto sotto il governo autoritario instaurato dall’ammiraglio Horthy.

Tutto questo per far capire due cose. La prima è che nella crisi di oggi si ritrovano elementi che dovrebbero far parte della formazione degli economisti, nonché delle classi dirigenti (nazionali e non). La seconda è che non ha senso strutturare un’economia reale in assenza di equilibrio tra sviluppo e gestione finanziaria. Notare che la postilla “reale” è fatta per distinguerla dall’economia virtuale di tipo speculativo che ha generato fenomeni del tutto fuori controllo oltre a una massa monetaria, altrettanto virtuale, superiore di almeno sette volte rispetto a quella reale.

Curioso infine notare che oggi l’Austria è uno dei più fedeli sostenitori delle misure di austerity, che continua ad ospitare al suo interno movimenti/partiti populisti di rilievo e che continua a considerare la Germania come punto di riferimento. L’Ungheria si è consegnata a un partito di destra estrema con le ultime elezioni, nel cui programma ci sono esplicite rivendicazioni territoriali rispetto al trattato del Trianon sopra citato. Questo partito sta barcollando sotto le spinte della crisi economica, esattamente come faceva la reggenza dell’ammiraglio Horthy.

8 thoughts on “Corsi e ricorsi storici in Europa

  1. Anche uno che come me non capisce niente di economia comprende che se non si produce non si va avanti, perché non si crea mercato. La situazione italiana sta diventando, però, particolare. Probabilmente avrai sentito che dopo l’IKEA anche la Volkswagen ha deciso di fare una commessa abbastanza grossa a imprese italiane in particolare piemontesi. E io continuo a chiedermi: perché colossi come quello tedesco vengono a produrre in italia, con la motivazione dell’alta qualità del prodotto, mentre Fiat e altri continuano a portare produzione all’estero? Forse che a loro non interessa la qualità ma solo il profitto? È forse per questo che le auto fiat continuano a rimanere invendute e la produzione a stagnare? Allora, se all’estero e in particolare in Germania, la situazione sta iniziando a migliore è forse dovuto alla mentalità diversa con cui si affronta il mercato del lavoro e la produzione in genere, puntando di più sulla qualità?

    • Le situazioni che descrivi sono figlie di due fattori; il primo è che il ciclo economico tedesco (o svedese) è fortemente positivo, nel senso che producono molto ed esportano alla grande. Il secondo è che le nostre produzioni sono diventate più convenienti di prima perché molte aziende pur di lavorare hanno ridotto di tanto i margini di guadagno. Non a caso sia IKEA che le case automobilistiche tedesche stanno facendo shopping in Italia, vedi il caso Ducati.
      La politica di sviluppo del gruppo FIAT in Italia e in Europa è qualcosa di molto distante da un modello di crescita, non a caso stanno calando come quote di mercato dovunque sul vecchio continente. Si muovono per ottenere esenzioni fiscali e/o condizioni di favore. In Polonia e in Serbia, tanto per non fare nomi. Qui hanno spremuto per decenni lo Stato e ora che non ricavano più nulla procedono a chiudere. Finiti gli Agnelli anche le convenienze politiche sono andate al macero, agli Elkann non interessa avere rapporti con la seconda repubblica.

    • Gli –ismi del secolo scorso sono morti e sepolti, tentare di riportarli in voga come hanno fatto in Ungheria non funziona. Ben più insidiosi i vari populismi dove il vuoto totale di idee e proposte viene nascosto da tre mani di retorica.

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