Seguire i pifferai

Il perdurare dello stato di  crisi sta facendo emergere il peggio della demagogia, sia in Italia che nel resto d’Europa. Facile giocare sulla paura del futuro, ancora più facile dipingere il passato pre Euro come la terra del bengodi e propugnare come la soluzione di tutti i mali l’uscita dalla valuta comune per tornare alle valute nazionali.

Che ci vuole? Le banche nazionali sono tutte al loro posto, lo stesso si può dire delle zecche statali. Il passaggio da una moneta all’altra, il cosiddetto change over, si può fare in un fine settimana come è stato fatto per il passaggio all’Euro. Tecnicamente non è difficile, le varie matrici per la cartamoneta e le monete di metallo sono ancora custodite dai vari stati e nel giro di pochi mesi si può produrre il necessario per partire, compensando la massa monetaria mancante nel giro dei sei-otto mesi successivi.

Ci sarebbero solo alcune cosucce, piccolezze di cui potrebbe esser bene tener conto. Per tutti, non solo per i paesi più deboli come il nostro.

Per prima cosa, i trattati attuali NON comprendono un percorso di uscita dall’Euro. Solo entrata. Come minimo andrebbe fatto un accordo a livello europeo per definire i concambi (i rapporti tra valute) e per stabilire cosa fare dei depositi in titoli e altro presso la BCE. Tanto per capirci, si parla di centinaia di miliardi per un paese come il nostro.

Secondo, tutti i debiti sovrani corrispondono a titoli in Euro. Per noi si ragiona di 1900 miliardi di Euro circa. Anche per gli altri paesi, inclusa la potentissima Germania, si ragiona in centinaia di miliardi di Euro. Una volta passati alle valute nazionali con un concambio fissato in sede europea, come reagiranno gli investitori extra europei?

Terzo, esistono i titoli derivati e i CDS (Credit Default Swaps), masse enormi di denaro create e contrattate per controvalori in Euro e negoziate in tutto il mondo. A fronte di questi titoli ci sono interessi enormi e sempre questi titoli costituiscono la base su cui sono costruiti interi settori della finanza mondiale. Come pensate possano reagire a un cambiamento brusco?

Quarto, i sistemi bancari e assicurativi sono estremamente interconessi, dentro e fuori l’area Euro. In scala minore ma importante avviene per tutti gli altri settori dell’economia reale. Possono reggere lo stress tecnico senza dubbi ma quello finanziario? Che succede se si verifica un serio credit crunch?

Quinto, ci sono in essere programmi internazionali di finanziamento tramite la World Bank e l’FMI a favore di diverse nazioni europee. Tutte cose negoziate in Euro e oggetto di precisi vincoli. Se l’Euro salta a questi programmi cosa succede secondo voi?

I punti sopra riportati dovrebbero già essere sufficienti per causare qualche seria riflessione ma sappiamo tutti che la demagogia è perlomeno alternativa al ragionamento. Quindi passiamo a dove fa veramente male, alle conseguenze nella vita di tutti i giorni di un ipotetico ritorno alla Lira.

La convenienza risiede nel poter svalutare la propria valuta, giusto? Per essere competitivi e acquisire un vantaggio sulle esportazioni, il che fa da volano per i settori produttivi, i quali si tirano dietro le banche e le assicurazioni con il commercio e il terziario che si agganciano a tutti. Quindi, se per ipotesi ricambiassimo gli Euro in Lire con il vecchio coefficiente di concambio a 1936.27 in una fase immediatamente successiva dovremmo svalutare almeno del 20%. Un quinto del valore, chiaro?

Il giochino però non lo faremmo solo noi. Spagna, Grecia, Irlanda, Portogallo di sicuro lo rifarebbero e con movimenti del genere c’è da aspettarsi che tutte le economie dell’ex Est Europa seguirebbero a ruota per non essere stritolate. Il che porta dritto al ritorno dei dazi intraeuropei, che contrasterebbero non poco l’effetto della svalutazione. Questo porta alla necessità di svalutare ancora, tanto quanto necessario per avere un vantaggio competitivo. Per un paese come il nostro vuol dire un altro 20%. Un altro quinto.

Quello che facevamo pre Euro era svalutare ogni tanto la nostra moneta, accumulando debito e spostando sempre più in avanti ogni possibile ritorno alla normalità finanziaria e pagando cifre sempre più alte di interessi per poter vendere i nostri titoli di Stato. Con le due svalutazioni sopra illustrate il giochino salta. I tassi di interesse passerebbero il 10% in poco tempo, portando la nostra economia a un default molto brusco. Vado a memoria ma non credo ci sia mai stato un default nazionale da 1900 miliardi di Euro, il che rende impossibile fare previsione serie sulle conseguenze.

Come se non bastasse, rimane la nostra perpetua dipendenza per le materie prime dall’estero. Prodotti petroliferi, gas, energia elettrica? Stessa cosa. Curioso il fatto che questo problemino non rientri mai nei proclami di chi fa opera di demagogia. Anche qui lo scenario pre Euro non regge più. Non c’era una Cina onnipresente e energivora come ora, né si può contare sull’appoggio di personaggi come Gheddafi. Per dirla in sintesi, si pagherebbe molto di più di prima.

Siete arrivati fino a qui? Incredibile. Come compenso vi espongo le conclusioni.

Dall’Euro non si torna indietro a meno di non voler trascinare in un baratro sia le economie europee che quelle del resto del mondo.

L’unico modo per uscire dalle difficoltà attuali è andare avanti. Il che significa perdere sovranità nazionale a favore di una vera banca centrale europea e di un vero coordinamento delle politiche economiche e fiscali a livello continentale.

Tutto questo passa dall’abbandonare idee depressive come il fiscal compact attualmente in discussione per passare a un modello focalizzato al 75% sullo sviluppo, ragionando su un ottica almeno decennale. Non è il momento per avere prospettive di breve raggio, non se si vuole davvero risolvere i problemi.

L’Europa ha davanti a sé un massimo di dieci anni per dare una svolta al proprio destino. Se non ne approfitta si va verso un declino praticamente impossibile da contrastare. 

12 thoughts on “Seguire i pifferai

  1. Condivido tutto specialmente l’amara conclusione finale: ci è rimasto poco tempo.
    Una piccola chiosa finale, però. Nessuno ha fatto caso, che specialmente in alcuni paesi come l’Italia; Spagna e la Grecia, quelli che parlano di uscire dall’Euro sono gli stessi- o comunque fanno parte degli stessi movimenti politici che hanno firmato l’entrata nella moneta unica o che comunque ne hanno gestito (male, secondo me) i primi anni della sua circolazione?
    Nick.

    • Nello specifico: la Grecia ha raccontato palle dal 1999 in avanti sui suoi bilanci, l’Irlanda ha pagato una bolla speculativa abnorme sul mercato immobiliare come la Spagna (sempre creata e sostenuta dalle banche francesi e tedesche, con quelle inglesi a generare titoli tossici in background), il Portogallo è stato prima emarginato e poi strangolato per non aver voluto adeguarsi alle pressioni normative europee.
      Quanto all’Italia… siamo stati l’unico paese dell’area Euro-1 a non vigilare adeguatamente sul change over, per poi trovarci con l’equivalenza mille lire=1 euro su tutto il prezzario. Per inciso, governava Berlusconi con Tremonti ministro delle Finanze.

  2. Beh, naturalmente potremmo semplicemente stamparci tutti gli euro di cui abbiamo bisogno, vero? 😉

    Perché di deliri se ne sentono sempre di più, e sempre più di frequente.
    Sarebbe bello avere a che fare con degli adulti…

    • Un giorno qualcuno, una persona estremamente paziente, mi spiegherà dove abbiamo trovato questi incredibili esempi di essere umano. Dimenticavo, quel qualcuno dovrà portarmi uno stock di calmanti.

  3. Guarda, io andrei anche oltre…
    Se la proccupazione (ma di chi?) è la perdita di una supposta sovranità nazionale è perchè non ci si rende conto che (almeno a livello economico) la si è persa da tempo. A livello locale, dei governicchi da operetta del nostro paese, l’unico spazio di manovra è soltanto al ribasso… al fare peggio pur di dimostrare di avere le leve in mano, all’avvicinamento al baratro!
    Rivendicare sovranità nazionale vuol dire agire per i ridicoli interessi di parrocchia in modo da affossare questo paese (ma davvero non se ne rendono conto, o è la politica del tanto-peggio-tanto-meglio?).
    Rinunciamo allegramente alla sovranità nazionale… se questo può portare ad una maggiore integrazione europea (per me ben oltre al modello economico), magari potessimo così scrollarci di dosso qualche parassita.
    Comunque vada, ricordiamoci bene e facciamo ricordare bene a tutti chi ci ha portato a questo punto…
    Perchè “La maledizione degli uomini è che essi dimenticano” (cit.)

    • Onestamente non so a che livello sia la consapevolezza della realtà per chi fa parte della gerontocrazia al potere o del “nuovo che avanza” dei vari Renzi e compagnia. La sovranità nazionale sull’economia è morta nei fatti alla fine del diciannovesimo secolo e questo aggrapparsi al feticcio delle monete nazionali mi ha sempre lasciato stupefatto.
      Come sempre, non lo dico per te, bisogna distinguere tra due livelli di potere. Quello esterno, le teste balbettanti sui media, è profondamente incompetente e quello interno, i famosi poteri forti, è del tutto disinteressato ad altro che non sia il proprio vantaggio. Le nazioni sono un concetto del passato, non si può neppure parlare di identità culturale ormai.
      Quanto all’Europa, ricordo a tutti che nei piani originali a questo punto avremmo dovuto avere una politica continentale a livello economico e fiscale. Se questo si fosse realizzato le bolle speculative sull’immobiliare nei paesi dell’Euro non avrebbero avuto luogo, così come non staremmo parlando del tramonto del welfare. Se volete sapere chi non ha voluto realizzare questa evoluzione, suggerisco di leggersi il listino della Borsa di Londra, sezione blue chip.

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