Sono passati dieci anni dal fatidico 11 settembre 2001. Pochi per sviluppare una prospettiva storica, sono forse appena sufficienti per tentare un minimo di distacco rispetto a una data che ha acquisito una veste molto più significativa del bilancio delle vittime degli attentati.
È cambiato nel frattempo l’intero quadro economico, figlio di una crisi che non ha veri precedenti nella storia del mondo moderno. Il crollo della finanza speculativa e creativa del 2008 non può essere paragonato al 1929, così come la probabile recessione del 2011-2012 non può essere veramente accostata a quella del 1937.
È cambiato il quadro geopolitico, i cosidetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) sono emersi come potenze regionali sotto tutti i punti di vista, completati da Sud Africa, Indonesia e Australia. In più la Cina ha avviato una fase di riarmo e esplorazione che ricorda molto gli anni ’60 e ’70 per l’allora URSS e gli USA. Ricordate i taikonauti? Metteteci anche un primato significativo nell’esplorazione degli abissi e una spesa militare ufficiosa che ogni anno cancella il record precedente.
È cambiata l’America, resa triste dalla crisi economica e da due guerre che sembrano infinite. Iraq e Afghanistan sono destinati a segnare un’intera generazione con il marchio di chi ha combattuto conflitti asimmetrici di cui è ben difficile far capire l’utilità. Non basta la morte di Osama Bin Laden per mettere il bilancio in pari.
È cambiato il vento nei paesi arabi e sospetto che tutto quello che è successo dal 2001 in avanti abbia contribuito non poco al cambiamento. Dal Marocco alla Siria, una generazione di giovani che vogliono avere un futuro e che sono disposti a pagare il prezzo più alto. Difficile per un europeo non fare il paragone con il 1848 e i suoi moti.
È cambiata la Rete. I social network e due generazioni di dispositivi hanno interconnesso miliardi, ormai non si può più parlare di milioni, in modo spesso imprevedibile. Dai ribelli nei paesi arabi ai movimenti contro i governi repressivi nelle ex repubbliche russe, passando per le campagne referendarie e le elezioni europee. Barack Obama ha dimostrato quanto siano importanti gli strumenti del Web 2.0
Ground Zero è ancora lì. Monca di una ricostruzione dolorosa, baratro che sembra non volere colmarsi. Sono ancora lì, vivi e in buona salute, tutti i complottisti che scaricano la colpa degli attentati su chiunque, dai servizi segreti americani agli alieni, se non altro c’è un’ampia scelta per esercitare la propria paranoia. Sono al loro posto tante bare vuote, memoria simbolica di chi è finito letteralmente in polvere dieci anni fa. Spero abbiano potuto reincarnarsi con maggior fortuna.
Io penso ai morti a Ground Zero, ai loro parenti. Penso ai soldati morti e ai loro parenti. Penso ai civili morti in Irak, in Afganistan e ai loro parenti.
Nessuno, nessuno meritava quello che gli è capitato.
Che la terra sia lieve sopra di loro…
L’onda d’urto di quei quattro aerei è ben lungi dal fermarsi, non riesco a immaginare a quanto sia arrivato il bodycount. Due guerre non concluse, bombardamenti, Guantanamo, le azioni della CIA (anche in Italia)… davvero, il 9/11 è uno spartiacque.
Un balzo all’indietro…
Al giro di boa del millennio sembrava quasi ( ma sembrava soltanto) che le cose potessero andare meglio… si godeva, almeno nei paesi occidentali, di un livello di welfare invidiabile; si arrivava a pensare che l’economia potesse svilupparsi in continuo: c’era chi speculava in borsa anche senza averne mai avuto esperienza… sembrava che ci si potesse tutti arricchire. Trovare un nuovo lavoro era sì difficile ma, in un sistema economico che godeva di una certa fluidità, ancora possibile.
Esisteva un’ampia e floridamente economica middle class, a cui sembrava possibile, per qualcuno anche facilmente, accedere.
Poi un giorno ci siamo risvegliati, trovandoci di colpo in un clima di guerra fredda. Da subito però si capì che non sarebbe stato come negli anni 50-60-70. Stavolta le condizioni si sono fatte dure subito e il tracollo economico è stato subitaneo e palesemente pilotato.
Curiosamente, nemmeno qualcuno che crede alle teorie complottiste e all’esistenza di una casta di potenti (padroni del denaro, industriali della morte, generatori di guerre) che avesse interesse a concepire un piano per consolidare il proprio potere, avrebbe mai potuto immaginare tanto…
Eppure il risultato è stato al di sopra di ogni aspettativa di questa superclass. Ci hanno rimesso in riga!
Oggi gli agi della middle class non esistono più, dubito anche che esista ancora una middle class. La forchetta si è allargata… e molti si sono trovati più poveri di quanto fossero i propri genitori, i propri nonni.
Temo che in qualche circolo di potere, commentando gli esiti dell’involuzione economica degli ultimi dieci anni, qualcuno abbia anche pensato che un evento del genere se non ci fosse stato si sarebbe dovuto inventare.
Per finire: anch’io voglio tributare un pensiero a quanti hanno pagato con la propria vita questo cambiamento, ma non sopporto la retorica delle ipocrite commemorazioni che ci stanno servendo in tv.
Concordo con la tua analisi a cui aggiungo due pensieri di contorno; dal 2001 il business delle compagnie private è letteralmente esploso e sempre da quella data gli USA hanno speso 4 triliardi di dollari per le guerre in Iraq e in Afghanistan. Quanta gente si è ingrassata con tutto questo?
Poca, relativamente parlando.
Poca gente molto ben pasciuta.
La sterzata verso l’iper-liberismo era in via di messa in opera dalla caduta del Muro, e le Torri – e la situazione generale nel momento dell’attacco alle Torri – resero la sterzata più semplice.
Un presidente USA aperto alle attrività megacorporative e desideroso di metter mano a delle leggi restrittive, una economia incerta, le nuove potenze in ascesa… era ovvio che un piccolo gruppo di società transnazionali ci si sarebbe buttato a pesce facendo un sacco di soldi.
Non è un complotto – è un predatore che vede l’opportunità quando la preda incespica, e si fa sotto.
Se non ci fosse stato l’11/9, ci sarebbe stato qualcos’altro.
Di sicuro, da dieci anni viviamo in stato di guerra – anche se non ci và di ricordarlo – ed i risultati ahimé si vedono,.
Sarebbe quasi ora di… no, non di dimenticare l’attentato alle torri, ma di cercare di uscire dalla sua ombra lunga.
Cambiare paradigma si può e si deve ma bisogna fare i conti con quello che c’è in corso. L’Afghanistan è un failed state, il Pakistan è sospeso tra un colpo di stato militare (l’ennesimo) e uno scenario in cui prendono il potere i partiti della destra religiosa (Cina spettatore interessato in chiave anti indiana), l’Iraq è un altro failed state, la Russia sta tirando le file delle ex repubbliche URSS per reintegrare la sua sfera di influenza, l’Iran sta gestendo con le cattive (non ne parla nessuno, curioso) la sua frontiera per sterilizzare i Taliban. Nel frattempo la Turchia sta per diventare, almeno nelle intenzioni, un leader regionale riallacciando i rapporti con l’Egitto e cancellando le intese con Israele. Obiettivo della prima fase, mettere sotto la propria ala il Libano e strozzare la Siria. Seconda fase, estromettere l’Iran dall’area. Terza fase, chiudere il cerchio con la Giordania.
Difficile pensare che gli USA stiano a guardare. Israele circondato come nel 1967, o come nel 1973, non è uno scenario che gli possa andare bene. Nella stessa ottica, probabilmente diranno no a uno stato palestinese facendo un altro errore strategico devastante. Ripeto, cambiare si può, ma non lo vedo semplice nel momento attuale con gli USA che guardano più alle presidenziali 2012 che in qualsiasi altra direzione. In un quadro come questo le corporation corrono libere e felici, tagliando il grasso del bilancio federale e spolpando qualsiasi cosa gli capiti a tiro.
E non dimentichiamo che La Cina, che ha goduto di uno sviluppo enorme in questi anni in cui gli US sono stati distolti dalla guerra economica che gli stavano facendo per passare a quella vera (che li diverte di più), sta frenando proprio quando il livello di welfare si stava consolidando… gli elementi di una forte instabilità internazionale ci sono tutti!
Chi se la sente, oggi, di fare una scommessa sul futuro?
La Cina sta andando incontro alla fase tre dei paesi che vogliono diventare imperiali, ovvero alla necessità di bilanciare i problemi interni (salari, welfare, debiti degli enti pubblici) con gli interventi riolti verso l’esterno (spese militari, investimenti, pressioni politiche). Il tutto con la volontà di mantenere l’attuale struttura di potere, fattore che complica molto le cose. A mio parere non ci riusciranno. Nel senso che entro cinque-sei anni vanno a sbattere sul lato interno.
Gli altri paesi emergenti dimostrano molta più elasticità e stanno preparandosi a sostenere l’area euro per non chiudersi i mercati, se nel frattempo siamo così intelligenti da far crescere l’Africa possiamo ancora sperare di tenere in piedi la baracca mentre creiamo il prossimo modello socio-economico, altrimenti si va verso un botto epocale.
Gli US stanno nuovamente concentrandosi sulla crescita della Cina che temono (a ragione) più di tante altre cose di cui parlano spesso; più di Al Qaeda la cui esistenza è ancora da provare, mentre sull’esistenza della Cina nessuno ha dubbi da parecchie migliaia di anni.
E’ un caso che i Cinesi stiano cambiando prospettiva apprestandosi a investire (bond, ma anche investimenti industriali) pesantemente in Europa?
Veramente lo stanno già facendo, specialmente in Grecia. Gli interessano parecchio i porti e le utility, cose che possono trovare bene anche in Italia, scalabili con poca spesa con i prezzi di Borsa di questi giorni. Agli USA rimane la moral suasion, poca roba senza soldi dietro.
E’ di ieri la notizia che compreranno buoni del tesoro italiani.
Tremonti smentisce e conferma.
Ne ho letto (notizia a cui veniva dato un rilievo davvero notevole) nella remota parte del mondo in cui mi trovo questa settimana.
Se ne è parlato anche laggiù in quel paesino a forma di stivale?
Se ne parla, in termini poco intelligenti come al solito. La Lega non vuole il risparmio italiano in mani cinesi… e i cinesi smentiscono di essere stati qui a Roma con alcuni rappresentanti di uno dei fondi di Stato. Ergo, si fa.
Si fa, si fa… i notiziari asiatici, da cui ho attinto la notizia, sono un poco meno condizionabili dal nostro governo rispetto alla addomesticata stampa italiana!!
Certo che detto da uno che in Cina, al di là del grande firewall rosso, fa pensare. Ormai dobbiamo accettare di essere una nazione semi libera sui media, dove uno come Minzolini ha lo stesso peso di un giornalista serio. Detto fra noi ho qualche dubbio sulla capacità strutturale della Cina di rimanere allo stato attuale per più di 3-4 anni, dovranno evolvere il loro modello politico-economico e trovo difficile immaginare in che direzione.