Cari editori guardiamo al futuro

Questo post è per le case editrici. No, non è il solito lamento. No, non è neppure una captatio benevolentiae per farmi pubblicare qualche schifezza a mia firma. Diciamo che oggi, su questo blog,  è la giornata dell’amichevole collaborazione.

Care Signore, cari Signori;

il mercato è cambiato. Purtroppo non nel senso di un allargamento della fascia dei consumatori, continua il triste primato italiano del più basso numero di lettori tra i paesi industrializzati. Al contrario, una delle conseguenze della crisi economica in corso è una contrazione dei consumi detti voluttuari tra i quali, orrore supremo, è compreso il libro.

In più è in atto un trend, in lento e costante aumento, che vede i vostri clienti migliori (i lettori forti) migrare verso l’acquisto dei formati elettronici e, peggio ancora, verso i testi in lingua straniera. Qualcuno addirittura migra verso le autoproduzioni ma sono ancora numeri minimi per dovervi prestare seriamente attenzione.

Sapendo bene che i costi fissi sono costanti o in aumento (stampa, magazzino, distribuzione, stipendi, trasporti, diritti solo per citare i principali) e che ormai anche l’esternalizzazione dei servizi è arrivata alle estreme conseguenze (editing, traduzioni, correzioni di bozze, illustrazioni), pensando anche che la forbice dei prezzi non consente ulteriori dinamiche a molti di voi è chiaro che il quadro generale è gramo.

I piccoli operatori in particolare sono ancora più in difficolta, salvo minime eccezioni, dal momento che il combinato disposto tra basse tirature, margini in calo, difficoltà a trovare spazio commerciale, tempi di presenza dei testi in libreria in diminuzione e difficoltà a mantenere linee di credito con le banche sta mettendo con le spalle al muro anche marchi con una storia gloriosa.

Rimane lecito sperare nel grande colpo, nel libro che risolve un’annata come è successo per Salani con Harry Potter. Peccato si tratti di un evento piuttosto raro e che anche dall’estero non arrivano notizie a proposito di best seller di nuova tendenza. Molte aziende, legittimamente, hanno aperto le porte alle pubblicazioni a pagamento per aiutare i propri bilanci ma sappiamo bene come non sia una misura sufficiente per sostenere la propria attività.

In assenza di capitali da investire mi pare difficile anche proseguire la strategia delle fusioni aziendali come accaduto negli anni passati. Senza offesa ma i piccoli marchi non hanno un grande appeal, anche quando possono vantare qualche buon nome nel proprio catalogo. Sempre parlando del catalogo, vera cassaforte a cui guardare nei momenti bui, commerciarlo ora avrebbe tutte le conseguenze di una svendita. Meglio di portare i libri in Tribunale, certo, ma vuol dire condannare la propria azienda a una lenta agonia.

Che fare a questo punto? A mio modo di vedere ci sono solo due strade. La prima è a dir poco grigia, rassegnarsi a uno stato di cose a tinte fosche e sperare di poter agganciare in qualche modo i trend del mercato per tentare di pareggiare il bilancio anche quest’anno. La seconda è cambiare e mettersi in gioco sul serio, accettando finalmente che nel 2012 non si può lavorare con gli strumenti del 1982. C’è da rimboccarsi le maniche e imparare cose nuove. Attenzione: non c’è molto tempo, l’onda del cambiamento non vi aspetterà.

Avete indovinato, sto per parlarvi di editoria elettronica. Ovvero dell’unico settore in crescita nel mercato italiano e al tempo stesso della minaccia più grande al modello attuale di business che esista. Come aziende avete ritenuto utile fare lobbismo parlamentare sul settore, cercando di limitare un global player come Amazon e più in generale di gestire lo sviluppo di questo segmento di mercato in maniera conservatrice. Purtroppo devo confermare un sospetto che in molti avete già avuto, ovvero che non funzionerà. I grandi gruppi non hanno evidentemente capito la lezione subita dalle case discografiche con l’avvento degli MP3, così come gli operatori del settore televisivo non hanno recepito il messaggio arrivato da portali come YouTube.

Va quindi tenuto presente che nessun operatore italiano, Mondadori compreso, è in grado di opporsi in maniera efficace a player come Amazon, Google o Apple. Non c’è lobbismo che tenga, qualsiasi legge italiana restrittiva finirebbe con l’essere cassata a livello europeo. Lo stesso vale per i formati digitali. Non possono essere fermati e le politiche insensate sui prezzi finiranno solo con il favorire la pirateria, con tutti i danni del caso. Tanto vale salire sul carro del vincitore, sport diffuso come nessun altro in Italia, per cercare di trarre il meglio dalla situazione.

Per prima cosa, mettere il catalogo a posto. Ovvero, verificate i contratti per capire se siete titolari anche dei diritti digitali delle opere e ove non sia così prendete provvedimenti. Farlo oggi vi costerà molto meno che cercare di farlo tra un anno. Sempre a proposito del catalogo, contiene sicuramente opere non digitalizzate. Fate o commissionate questo lavoro appena possibile, vi darà due vantaggi. Il primo è che farlo oggi vi costerà meno che tra 1-2 anni, il secondo è che potrete rimettere in vendita questi libri sulla Rete. Questo è il primo cambio di paradigma, il catalogo eterno. Una volta in Rete il libro rimane disponibile fino a quando non lo rimuovete dai server. Che venda un milione di copie all’anno o una sola, non cambia. Con il vantaggio mostruoso di non avere resi, proteste o problemi dal distributore, problemi di fatturazione con i librai.

Secondo, mettete a posto il vostro sito internet. Moltissimi siti, anche di grosse case, sono davvero penosi. Poco aggiornati, mal gestiti, fuori norma per quanto riguarda l’accessibilità per i diversamente abili, spesso solo in italiano. Una sana rinfrescata, con tanto di collegamenti reali ai social network (reali nel senso che c’è qualcuno che fa attività e risponde agli utenti) è il primo motore della vostra presenza in Rete. L’idea è di intercettare i lettori forti, quasi tutti ormai presenti in Rete, e di mettersi al loro stesso livello. Promuovete sondaggi, fate concorsi give-away, ospitate artwork e fan fiction. il concetto è sempre quello, devono parlare di voi.

Terzo, decidete se è meglio vendere molto a basso prezzo (più consumatori e meno margine / vendita) o preferite vendere poco a prezzo alto (meno consumatori e margine / vendita più grande). Non è una scelta da poco, definisce sia la vostra immagine sul mercato (di conseguenza sulla Rete) che il tipo di cliente che state cercando. Ancora, è lo stesso ragionamento che fate già con la carta. La differenza è che i costi incideranno meno sul processo produttivo. Scegliere il primo profilo vi metterà in una fascia di mercato molto più affollata ma in contatto con realtà da cui potrebbe uscire un best seller, l’alternativa vi metterà in una posizione più elitaria e nella condizione di poter “personalizzare” l’approccio alla clientela.

Quarto e ultimo, lo scouting. Già adesso vi arrivano pile di carta e/o di e-mail con proposte da migliaia di aspiranti scrittori. Questo peggiorerà. Nel senso che se vi aprite alla Rete, la Rete verrà da voi. E qui potete scegliere di fare la differenza. Sapete benissimo che molte case editrici non rispondono neppure con un grugnito all’invio non sollecitato di opere, giusto? Bene, una e-mail costa praticamente zero. Due righe in cui  rifiutate cortesemente il materiale e nel contempo ringraziate per la preferenza accordatavi sono un mirabile esercizio di cortesia e un incremento alla vostra mailing list, ovvero rinforzate il vostro marketing futuro a costo zero.

Ricordatevi una cosa. Non siamo più nel 1982. Non diventate dei dinosauri.   

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14 thoughts on “Cari editori guardiamo al futuro

  1. Guarda è tutto giusto quello che sostieni, però conoscendo l’Editoria Italiana dubito profondamente che i nostri “eroici” editori riusciranno a prendere il treno al momento giusto.

  2. A quanto ne so Mondadori ha già aperto il proprio catalogo ad Amazon e concorrenti. Ho già acquistato alcune loro pubblicazioni proprio sul Kindle.

    Quanto ai prezzi… per quanto possano essere bassi, gli ebook sono ancora tassati come fossero software, e non godono dell’iva al 4% (anche se Monti ci sta lavorando, e forse entro quest’anno potrebbe accadere il miracolo).

    Sai da dove potrebbe partire la vera rivoluzione digitale? Dalle scuole. Se si imponesse agli editori di pubblicazioni rivolte all’educazione di proporre i propri cataloghi anche in formato digitale (oltre a imporre uno stop alla crescita non giustificata dei prezzi… come già il governo Monti sta provando di fare), allora sì che potrebbe scatenarsi un vero putiferio.
    Se i giovani si troveranno sin da subito ad armeggiare con degli ebook-reader, è probabile che useranno gli stessi anche per leggere narrativa. E dalla nicchia, l’ebook potrebbe conquistare l’Italia (Del resto anche Amazon, col suo Kindle, partì dalle università americane… e ora pure Apple ci sta provando con il suo iBook Author).

    Chissà!

    • Bravo, anzi bravissimo. Sono esattamente le chiavi per far partire la valanga. L’IVA è frutto di un’azione di lobby degli editori, tanto per essere chiari. Sulla scuola la cronica mancanza di fondi e la rabbia profonda di tante famiglie sta spingendo in direzione di testi scolastici autoprodotti, pensati proprio per il digitale. Sai com’è, avendo un figlio di poco meno di cinque anni io ci sto pensando molto all’argomento. 🙂

  3. Post che non fa una piega: dici tutte cose condivisibili.
    Solo che io non la vedo bene. Certe mentalità sono difficili da cambiare. Andrà a finire che per anni si aggrapperanno a proposte editoriali indirizzate a lettori refrattari alla modernità. Ma anche questa fase prima o poi finirà per morte naturale.

  4. Pensando alla questione costi, non so quanto i costi di stampa e magazzino incidano sul costo finale di un libro, specie se quest’ultimo dev’essere tradotto.

    Per il resto non potrei essere più d’accordo con te. Editori, datevi una mossa!

    • Per quello che ne so io incidono e non poco. La maggioranza degli editori non stampa più all’interno dell’azienda e utilizza service esterni, spesso anche per la gestione di magazzino e le spedizioni. Non so indicarti in che percentuale questo si ripercuota sul singolo volume ma nel conto economico delle aziende non sono voci di poco conto.

  5. Non so, lavoro in una tipografia, e credo di sapere bene quanto costi la stampa di un volume, e sul totale del prezzo al pubblico è una percentuale che arriva, di media al 10/15%. Da quel che so il prezzo del volume al pubblico è molto più influenzato dalla fetta di ricavi che si ritaglia la distribuzione piuttosto che dai costi vivi di produzione.

    BTW c’era questa serie si articoli di Charlie Stross che credo sia molto illuminante sulla questione dei costi editoriali (oltre che su altri aspetti di quel mondo).

    • Stiamo sulla cifra minore, 10%, se togli una percentuale del genere dai costi non fai certo un lavoro da poco per un’azienda. Anche perché la stampa si porta dietro trasporti, magazzino, distribuzione e gestione dei resi. I libri sono oggetti meravigliosi di cui non posso fare a meno ma la filiera costa in una maniera atroce.

  6. Analisi e suggerimenti assolutamente puntuali, come sempre…ma non sono molto ottimista riguardo al fatto che verranno rispettivamente recepita e colti al volo. In genere i grossi cambiamenti sono dettati più dalla necessità che dall’illuminazione. Il primo a essere davvero “illuminato” potrebbe far man bassa di una grossa fetta di mercato.

    • E’ possibile che qualcuno rompa il fronte dei grossi operatori ma non a breve termine. Si sono tutti consorziati (leggi: fare cartello) in varie piattaforme e in pratica fanno tutti le stesse cose. Lo spazio dei piccoli rimane limitato. Ci vorrebbe un grosso colpo che esca solo in ebook o simli per scuotere l’albero.

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