Voci di guerra

Tra gennaio e febbraio avevo dedicato alcuni post alla situazione del quadrante del Golfo Persico, con un occhio particolare al possibile conflitto Israele-Iran e relative conseguenze. Il tema è tornato d’attualità più volte in questo mese di agosto, al punto da far pensare male sui possibili sviluppi entro la fine del 2012. Quando si comincia a dar voce a ipotesi al limite della fantascienza come hanno fatto i media italiani nella giornata di ieri (anche qui), riprendendo una notizia davvero lacunosa come questa, allora la sensazione che si stia davvero camminando sul ghiaccio sottile si fa più forte.

Le recenti evoluzioni del quadro politico e strategico, il perdurare della crisi economica, la naturale continuazione del programma nucleare iraniano… sembra che tutto vada nella direzione di un altro conflitto dagli esiti incerti, quasi si volesse davvero spingere le cose oltre ogni limite concepibile. La domanda rimane sempre la stessa: cui prodest? Dov’è il punto reale di svolta nel mondo post ideologico, post equilibrio Est-Ovest, post 11 settembre 2011?

Di seguito cercherò di mettere in prospettiva le cose, per quanto mi sia possibile farlo in un quadro che muta molto rapidamente.

A rompere l’equilibrio precario che fino ad oggi ha impedito il conflitto ci sono questi fattori, tutti legati tra di loro a vario livello:

1

il regime siriano sta collassando, Assad stenta a mantenere il controllo nelle città maggiori e subisce pressioni dall’esterno da più direzioni (Turchia, Giordania, Iran, sanzioni economiche); l’impressione è che stia cercando di negoziarsi una via per togliersi di torno per evitare il destino toccato a Gheddafi o a Mubarak.

2

i paesi parte della Lega Araba si sono dimostrati del tutto incapaci di occuparsi delle crisi regionali e alcune delle nazioni più importanti hanno gravi problemi interni da risolvere (Egitto, Libia, Iraq) o stanno comunque portando avanti manovre ecomoniche e politiche avverse all’Iran (Qatar, Arabia Saudita, Kuwait, Oman).

3

la Russia ha dimostrato di non essere in grado di essere un fattore decisivo nell’area, contano solo per i voti nell’assemblea dell’ONU. Ad oggi Putin non è in grado di far valere il peso economico o militare del suo paese, né riesce a metter voce per proteggere i propri investimenti in Medio Oriente. L’impressione è che siano più preoccupati di proteggere da cattive influenze le repubbliche ex sovietiche del sud e del Caucaso che a influenzare i paesi che erano nella loro sfera di influenza.

4

lo spettro di una recessione e la necessità di riassestare il proprio sistema economico-produttivo stanno togliendo dal campo la Cina, grande sponsor dell’Iran dati i rapporti di interscambio commerciale e per la fame di petrolio del gigante asiatico. Pechino non è in grado di mostrare muscoli nell’area al di là di una presenza navale simbolica ed è decisamente più focalizzata sull’imminente rinnovamento della propria scena politica interna che su altre questioni.

5

gli Stati Uniti stanno intensificando la loro azione a tutti i livelli contro l’Iran, sia irrobustendo la presenza aeronavale nel Golfo Persico (a partire da settembre) sia colpendo in maniera massiccia i meccanismi di finanza occulta tanto cari alle fazioni che stanno controllando il paese. L’avvicinarsi della fase più intensa della campagna presidenziale (novembre) sposta l’attenzione della pubblica opinione americana verso l’interno, lasciando uno spazio abnorme alle lobby pro Israele per agire.

6

l’Europa come al solito rimane sullo sfondo, troppo impegnata dall’affrontare la crisi dell’Euro per rivolgere attenzione oltre al livello diplomatico all’intero scacchiere del Medio Oriente. Non avendo la possibilità di esprimere una posizione credibile a livello comune è di fatto del tutto inifluente sotto qualsiasi punto di vista. De facto rischia solo di essere danneggiata o coinvolta obtorto collo nel conflitto.

7

il crack siriano ha destabilizzato in maniera notevole anche il Libano, rendendo davvero difficile la situazione locale. La presenza ingombrante di Hezbollah e delle fazioni in qualche modo collegabili a Siria e Iran sotto la bandiera scita in funzione anti israeliana e anti americana rischia di generare un ulteriore livello di conflitto interno, specialmente a partire dal momento in cui Assad dovesse perdere la partita.

8

in Israele la crisi economica sta colpendo in maniera pesantissima la popolazione. Non se ne parla molto sui media italiani ma il quadro generale non è poi così distante da quello greco. La destra e i partitini religiosi si stanno dimostrando del tutto inetti nell’affrontare questi problemi e la leva militare, esaminando il recente passato, è stata usata spesso per ricompattare la pubblica opinione dietro l’azione governativa.

9

sul fronte economico credo sia utile ricordare quanto siano volatili i mercati in questi anni e che ogni conflitto nel quadrante del Golfo Persico ha ovvie conseguenze sul prezzo dei prodotti petroliferi e su tutta la filiera dell’energia a livello globale. A sua volta questo ha ricadute sui prezzi dei minerali preziosi, sul comparto delle industrie pesanti e sull’intero settore bancario-assicurativo. In pratica potrebbe essere l’ennesima super manovra di denaro virtuale.

Dati i nove punti precedenti e considerando la vena di paranoia che è sempre presente nell’azione dei partiti di destra in Israele non è difficile pensare che la tentazione di affrontare una super operazione contro l’Iran ci sia davvero, specialmente dopo che gli USA avranno completato di rinforzare il dispositivo aeronavale nel Golfo Persico. Come ricordato in passato considero veramente difficile piazzare uno strike risolutivo, aggiungo che non credo che Israele abbia a disposizione risorse tecnologiche inedite tali da agire da moltiplicatore di efficacia del loro arsenale.

Quello che davvero mi spaventa è che si ragiona moltissimo sulle possibilità di successo di un’azione militare contro l’Iran e su quanto sia possibile smantellare le loro capacità nucleari per allontanare lo spettro di una bomba atomica scita. Pochi, davvero troppo pochi, stanno dedicando attenzione allo scenario post raid, ovvero a come risponderebbe l’Iran all’attacco. Si sta dando per scontato un collasso del paese, si suggerisce che la spinta dell’attacco militare dovrebbe far crollare i gruppi di potere che controllano la nazione favorendo una transizione verso una situazione di instabilità simile a quella tuttora in corso nel vicino Iraq. Wishful thinking.

A costo di essere noioso vorrei ricordare che la situazione geografica rende molto semplice all’Iran colpire in maniera pesantissima il traffico navale nello stretto di Hormuz e che un drastico calo nella quantità di petrolio disponibile non può essere compensato a lungo dalle riserve o da cicli di sovraproduzione di altri stati dell’area. Secondo fattore, anche questo geografico, basta guardare una mappa per rendersi conto che una massiccia campagna contro Israele condotta da Hamas (dai territori palestinesi) e da Hezbollah (a partire dal Libano) potrebbe essere una reazione devastante da parte iraniana. Va anche considerato che nel sud del Libano c’è una massiccia presenza di militari sotto bandiera ONU (compresi parecchi italiani) che finirebbe per trovarsi in mezzo al fuoco tra Hezbollah e IDF.

Dato il quadro economico globale possiamo davvero permetterci un conflitto del genere?

Siamo davvero convinti che si possa pagare un prezzo del genere per tenere sotto controllo una possibile corsa agli armamenti non convenzionali nel Medio Oriente?

Come mai non si mette sullo stesso piano il possesso di armi nucleari (e missili per utilizzarle) da parte del Pakistan?

Come mai non consideriamo altrettanto pericolosa la presenza su suolo turco di armi NATO?

Note:

qui trovate il precedente articolo dedicato al possibile conflitto Israele/Iran

qui trovate un articolo di febbraio sulla situazione siriana

qui trovate un articolo di gennaio sui rapporti di forza in Medio Oriente

qui trovate una riflessione sui rapporti tra Iran e i paesi del Golfo Persico

20 thoughts on “Voci di guerra

  1. Il punto è sempre lo stesso: per anni abbiamo finto di non vedere, per anni a livello di governi ha fatto comodo questa situazione, per troppo tempo si è preferito non guardare in faccia la realtá ed ora i nodi stanno venendo al pettine tutti quanti.
    Preoccupa la solita politica attendista europea, il nostro continente si dimostra a livello di Unione politica l’ eterno incompiuto. Due parole sulla sfera d’influenza russa: Putin da anni è riuscito a riallacciare buoni rapporti col Kazakhistan mentre con le altre repubbliche ex sovietiche- vedi la dittatura Turkmenistan o l’ irrequieto Kirghizistan le cose sono molto più complesse.

    • L’impressione, molto forte, è che stiano tutti a guardare sperando che non succeda niente di troppo brutto. Il che non va proprio sotto l’etichetta “politica estera”. Il Medio Oriente è stato lasciato a se stesso e nei prossimi anni è destinato a farci vedere cose estreme. Quanto alle ex repubbliche sovietiche meriterebbero una trattazione enciclopedica, mi riservo nel prossimo futuro di dedicargli qualche post.

  2. ti ringrazio per aver “disegnato” il quadro di una situazione altrimenti difficile da seguire sui giornali. Mi puoi dire quali probabili scenari ci attendono?

    • Non mi sta facendo una domanda da poco. Meriterebbe un articolo a parte. Personalmente credo che prima della fine di settembre non succederà molto al di fuori della diplomazia. Dopo il deploy delle risorse americane tra Oman, Arabia Saudita e Qatar è possibile si aprano scenari più pericolosi. La mia speranza, come scritto in altra sede, è che alla fine si riesca ad evitare l’azione militare. Conoscendo la “psicologia” dell’elite iraniana e i modi della destra israeliana non sarà facile. Colpire l’Iran potrebbe essere il peggior errore della storia di Israele.

  3. Analisi completa e interessante,consideriamo comunque che dietro alla famosa primavera araba,ci sono sempre stati i soliti attori prinicpali(USA-Arabia saudita-Qatar)e le manovalanze,un misto di Palestinesi-Libanesi-Kurdi,pagati dai soliti noti.
    Credo che tra breve,finita la finta crisi Siriana, e consolidato un corridoio aereo sicuro, nessuno tratterrà più Israele dall’agire contro la minaccia Iraniana,anzi credo che quel volpone travestito da premio nobel di Obama darà luce verde,forte di quei 2-3 gruppi da battaglia che si stanno con molta clma schierando a difesa dello stretto di Hormuz.
    Il problema resta grosso perchè il posto è maledettamente stretto e facilmente bloccabile.

    • Brotha, su alcune cose ti do ragione e su altre dissento. Credo anche io che la crisi siriana sia destinata a finire entro pochi mesi, il tempo necessario per gestire l’uscita di scena della famiglia Assad e trovare un patteggiamento tra i vertici militari e i capi dell’opposizione. E’ altrettanto vero che entro fine settembre nel Golfo Persico la presenza militare USA tornerà ai livelli del 2003. Tuttavia ci sono da tenere presenti le elezioni americane, in particolare per un’opinione pubblica che di guerre non ne può più. Obama potrebbe non voler essere un “war president” anche nel secondo mandato e Romney non è un vero fattore decisivo, almeno non fino a novembre quando si vota.
      Lo stretto di Hormuz e la situazione territoriale israeliana sono due incubi. Si può sperare che servano da deterrente, almeno per le cose peggiori.

      • Anche io faccio fatica a credere a un Obama in versione generale Custer,ma è sempre stato troppo ambiguo o poco fermo su certe questioni,schiavo e prigioniero di lobby che meglio di me sai quanto potere detengano e quanti fili possano tirare nel momento giusto.
        Di certo i bei tempi di Osirak 1 e 2 sono finiti da almeno 15 anni,e nel frattempo pur senza avere uno superiorità in nessun campo,l’apparato militare Iraniano è tutt’altro che disprezzabile.

        • La macchina militare iraniana, anzi “le” macchine militari, sono un brutto cliente. Non tanto a livello tecnologico (anche se hanno fatto molti passi avanti) ma per la capacità di colpire zone molto sensibili nell’intero quadrante del Golfo Persico. Hanno imparato molto dai conflitti in Iraq e da come stanno andando le cose in Afghanistan. Brutti, brutti clienti.
          I presidenti americani sono sempre stati poco più che mediatori, almeno dopo la presidenza Eisenhower. Quello che mi fa riflettere è che il Pentagono sta disperatamente cercando di difendere i suoi fondi e nel contempo di non ricadere nelle disastrose condizioni in cui era negli anni ’80. Guarda il peso che ha assunto, anche di fronte al pubblico, la DARPA. Guarda come fanno filtrare notizie sui programmi come l’X-37 o il FALCON. Dietro le quinte stanno succedendo cose piuttosto interessanti e potrebbero avere un peso notevole nei mesi a venire.

      • Resterebbe sempre l’opzione “tabula rasa” con estremo pregiudizio nucleare su una serie di città Iraniane.
        Ma non vedo all’orizzonte un anche solo lontanamente valido motivo per ridurre a una pianura brillante di radiazioni tutto l’Iran. 🙂

        • L’opzione nucleare è sempre sul tavolo ma non credo che verrà seriamente considerata. L’unica condizione in cui verrebbe fatta scattare è quella di una risposta a un attacco dello stesso genere da parte iraniana. Tanto per essere chiari non è che manchino pazzi dall’uno e dall’altro lato che vogliano questo tipo di sviluppo ma ad oggi lo vedo davvero come poco probabile.
          Mi preoccupa in prospettiva più una possibile reazione in caso di bombardamenti su posti come Qom o Gerusalemme, è sempre imprevedibile colpire i simboli di una o più religioni.

  4. ottimo articolo, l’unica cosa su cui non sono tanto in accordo è il fatto che la crisi siriana sia velocemente risolvibile e soprattutto “finta”.
    quasi sicuramente gli assad non hanno più nessuna speranza di mantenere il potere, ma non ce li vedo proprio a cercare di salvare il salvabile, difficile anche che si arrendano più probabile (imho) che resisteranno fino all’annientamento finale.

    • La crisi siriana viene a volte definita “finta” in quanto si pensa sia stata pesantemente incoraggiata dall’esterno, al di là delle legittime istanze di chi ha scelto di ribellarsi a un regime. Si tratta di teorie che hanno trovato qualche fondamento, nel caso specifico per finanziamenti di fonte qatariota e turca ad alcuni degli elementi delle opposizioni ad Assad.
      Concordo sull’impossibilità per l’attuale gerarchia siriana di rimanere al proprio posto e sulla non praticabilità di una resa, almeno per le figure principali. Assad teme uno scenario in cui possa essere incarcerato come Mubarak o peggio cadere nelle mani di qualche milizia come capitò a Gheddafi. Lo stesso si può dire per le figure di vertice delle FFAA e dei servizi segreti.
      Proprio per questo probabilmente stanno cercando di usare il tempo che hanno per trovarsi un posto in cui poter fuggire (la famiglia Assad, per fare un esempio, ha case in Inghilterra, Svizzera e Francia) e potrei scommettere sui flussi di capitali migrati negli ultimi mesi. Se le cose andranno come vuole Assad la fase finale non lo vedrà presente nel paese, probabilmente cercherà di far negoziare una tregua “segreta” per poter fuggire. Un massacro strada per strada a Damasco non conviene a nessuno.

  5. Non sono d’accordo sulle possibilità dell’Iran di chiudere lo stretto di Ormuz, specie dopo aver subito un attacco da parte di Israele e con il golfo pieno di navi americane.
    Per il resto sono d’accordo, la situazione è tesa e molto pericolosa, e l’intero scenario della mezzaluna fertile in ebollizione, la speranza è che non succeda nulla, ma le forze che spingono verso la guerra sembra si stiano rafforzando.

    • Il punto non è attuare un blocco navale, cosa che durerebbe poche ore prima di una decisa reazione americana. Il punto è che la navigazione dello stretto di Hormuz diventerebbe un gioco al massacro. Al suo punto più stretto è largo 39 km, una distanza ridicola per un missile. Riesci a immaginare un supertanker colpito da un missile Silkworm in piena navigazione? Ne basterebbe un paio in fiamme per tagliare il traffico navale dell’area a tempo indefinito. Quando alla possibilità di un attacco, magari molto massiccio, di azzerare la risposta militare iraniana semplicemente non lo considero attuabile.

      • Quando si parla di chiusura dello streto di Hormuz niente è inattuabile. 🙂
        Rammento il disastro del Vincennes che abbatté un aereo di linea iraniano da quelle parti.
        Ovviamente la difesa della navigazione sarebbe davvero difficile, ma gli USA non risparmierebbero nulla per garantire quel ganglio vitale, certo le garanzie di successo non ci sono, il silkworm mi pare abbia un raggio di circa 200 chilometri, un’area immenza da controllare ma non impossibile, se gli USA fossero disposti a tutto.
        E secondo me Israele sta facendo proprio questo conto, coinvolgere gli USA in modo da portare il conflitto a un livello superiore

        • Sottomettere l’Iran senza invaderlo è del tutto inattuabile e l’unico paese che possa pensare a una cosa del genere sono gli USA. Per ragioni economiche, strategiche e geopolitiche ritengo che questo non possa avvenire, nè prima nè dopo le elezioni di novembre. Quello che vorrebbe la destra israeliana è un “display of power” e in sostanza ripetere quanto fatto al programma nucleare iracheno negli anni ’80. Anche questo non può essere fatto, è troppo tardi e le strutture sono presenti in troppi punti del paese. Infine, data la natura dello stetto di Hormuz, è praticamente impossibile metterlo in sicurezza. Tra mine navali, piccole imbarcazioni che possono agevolmente trasportare missili / artiglieria, missili antinave a medio raggio e artiglieria basata a terra l’Iran potrebbe rendere quel tratto di mare un inferno.

  6. qualche giorno fa leggevo su un blog che non ricordo un post che parlava delle origini naziste del partito ba’th e del regime siriano come l’ultimo di stampo nazista della terra.
    l’idea che gli assad e le persone vicino a loro si potessero arrendere vive ai nemici veniva esclusa a priori dall’autore dell’articolo; io non sono così sicuro che avesse ragione e la possibilità di fuga all’estero non la escludo a priori, ma temo che lo scontro casa per casa a damasco sia più che probabile.

    • Non so su che basi fosse scritto l’articolo che hai letto. Il Baat’h ha origini socialiste e panarabiste, non vorrei che l’associazione fosse fatta sul concetto nazionalsocialismo-socialismo arabo. Quello che è successo è che l’ala militare del partito prese il controllo, spostando l’intero concetto baathista verso il modello del partito unico caro alle dittature. Non a caso i cambi di regime in Siria e in Iraq, tramite colpi di stato, avvennero dopo la transizione che ho citato. Saddam sarebbe fuggito più che volentieri dall’Iraq, credo che lo stesso valga per la famiglia Assad. Damasco potrebbe davvero diventare un cimitero prima della fine, alle figure chiave del regime non importa nulla di lasciarsi un deserto dietro le spalle.

  7. Gli attentati che da Teheran a New Dehli stanno facendo saltare per aria scienziati e diplomatici israeliani e iraniani, sono segnali di un conflitto “a bassa intensità”, ma pur sempre segnale del fatto che lo scontro è iniziato. È un confronto ricorda molto i tempi della guerra fredda: non c’è un conflitto aperto a livello militare, ma si tratta di azioni sotterranee e mirate. E la pressione su Israele è impiegata dall’Iran e dalla Russia per far pressione su Washington, mentre non è ancora pervenuto nulla su un possibile ruolo della Cina.

    • Non sono d’accordo per quello che riguarda la Cina. Ha un ruolo indiretto appoggiando le esportazioni iraniane e agendo in sede ONU per bloccare risoluzioni troppo onerose. Si sta affermando come fornitore da decenni per armi e logistica, sta anche facendosi vedere in maniera più tradizionale (ha inviato navi nel Golfo Persicvo mesi fa).

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