In un luogo remoto della Rete, la cui esistenza non è del tutto dimostrabile, si parlava di oplologia. Mi sono accorto che è un termine poco conosciuto e che potrebbe essere interessante spendere qualche parola a proposito.
La definizione da vocabolario può essere approssimata come segue: l’oplologia è lo studio delle armi, dell’uso delle armi e delle armature. Già qui è evidente che la materia è vasta e sussiste un ulteriore livello di lettura, dato dalla tecnica necessaria per comprendere sia come viene costruita un’arma sia per le prestazioni dell’arma medesima.
Si potrebbe parlare, in termini colloquiali, più di una disciplina scientifica che non di una scienza a sé stante. Semplificando molto la cosa appare chiaro che occorre comprendere elementi di fisica, chimica, matematica e avere almeno un’infarinatura delle discipline relate alla scienza delle costruzioni. Se poi si prende in considerazione la filiera di fabbricazione e distribuzione il discorso si allarga anche alla logistica e ai fattori sociali legati alla produzione. Dal momento che le armi in questione hanno effetti sul bersaglio non è male conoscere almeno le basi della medicina.
Il campo di studi si allarga ulteriormente quando si passa a ragionare sull’impiego delle armi moderne, intendendo per moderne quelle post XXVII° secolo. Man mano che il progresso tecnologico spinge in avanti la portata delle armi medesime e la loro pericolosità è intuitivo come l’impiego diventi al contempo più flessibile e più complesso da valutare. Come definire uno specialista in oplologia a questo punto?
Diffido a prescindere dei tuttologi e al contempo mi sembra molto difficile che un qualsiasi studioso possa essere versato in tutte le discipline sopra descritte. Di conseguenza mi sembra difficile che ci siano oplologi a tutto tondo se non in ambiti ristrettissimi. Per intenderci, già ragionare per categorie (p.e. “pistole”) apre una varietà di articoli e di implicazioni troppo vasta. Restringendo via via il campo (p.e. “pistole del XX secolo”, “categoria revolver”, “sotto categoria sei colpi” ecc. ecc.) si arriva a un compromesso credibile.
In compenso ci si può serenamente definire appassionati di oplologia e studiarne le varie branche con tutta la passione possibile, imparando allo stesso tempo in che contesto storico, tecnico, politico e strategico si siano evolute o modificate le armi di proprio interesse. Come tutti i campi di studio anche l’oplologia può riservare notevoli sorprese e contribuire ad aumentare la conoscenza già acquisita su altre materie.
La parte pratica dello studio ha il pregio di essere molto divertente oltre che istruttiva. Praticare un qualsiasi tipo di scherma, andare al poligono o cimentarsi nel fabbricare repliche di armi storiche (per fare solo qualche esempio) è estremamente coinvolgente e non di rado permette di entrare in contatto con persone piuttosto interessanti.
In altri casi si entra in contatto con sciroccati pericolosi.
Ma succede anche leggendo fantasy, quindi, forse, avere una certa dimestichezza nel maneggiare una doppietta caricata apallettoni a questo punto è un vantaggio.
Anche se certi tomi fantasy sono armi contundenti notevoli.
Battute a parte, è indubbio che qualunque interesse, fintanto che rimane un interesse sano, non può che contribuire ad arricchire l’esistenza delle persone.
Il rischio, come al solito, si ha con quei personaggi che, mancando seriamente di una vita, eccedono scadendo nel grottesco, se non nel patologico.
Conoscevo un tale per cui l’idea di una serata tranquilla era andare giù al porto di Amburgo, nei locali frequentati dagli ex legionari, per chiedere loro dettagli sulle loro armi…
Ti prego non parlarmi di Amburgo… ho dovuto scrivere un romanzo per mettere pace ad alcuni ricordi che ho di laggiù. Cose personali a parte, è vero che esistono personaggi con grossi problemi attorno al mondo delle armi. Si tratta comunque di una minoranza, il 95% degli appassionati che ho conosciuto io non arriva neppure alla definizione di “eccentrico”.
Interessante articolo,di certo l’oplologia abbraccia molti tipi di armi da fuoco,e dico gia solo parlare di armamento personale, significa parlare di un insieme di argomenti vastissimo.
Per arrivare al compo letterario,da semplice appassionato praticante quale sono,il consiglio che mi sento di dare ai vari scrittori di action,è quello di non nominare modelli,calibri e altre amenità se non si è più che sicuri di quello di cui si vuole parlare, e che è una leggenda che la Glock sia di “ceramica” come venne detto in “58 minuti per morire”.
Piuttosto se uno sa scrivere,la scena di azione funzionerà ugualmente usando termini semplici come “pistola” “revolver” Fucile” “carabina2 ecc. ecc.
Consiglio sensato e assolutamente valido. Sulle armi negli anni è nata una mitologia assurda, propalata da gente che non mai preso in mano un “pezzo” in vita sua. Faulkner diceva che bisogna scrivere di ciò che si conosce ma lo fanno davvero in pochi.
Si sempre diffidare da chi si spaccia.per maestro, questo sempre e comunque, anche perchè di solito i maestri- come i profeti- si autonominano quindi è ben difficile ricavarne garanzie.
Invece la passione è tutta un altra cosa, essere appassionati significa avere una sana curiositá verso un argomento,significa avere una mente aperta.
Sopratutto significa non spacciare le proprie idee e conoscenze come veritá assolute.
Le etichette “maestro” e simili sono diventate piuttosto economiche a giudicare dal proliferare di persone che se fregiano, deve esserci un discount da qualche parte che le smercia… su una materia complessa come l’oplologia ci sono pochissimi esperti degni di nota, persone che ne hanno fatto il lavoro di una vita.
Mi piace la definizione che verte sull’essere appassionati. Spesso un appassionato vero ne sa di più di un sedicente maestro, soprattutto tenendo conto della vastità del campo di interesse (di cui so poco e niente). Però noto che tra gli sceneggiatori non devono esserci troppi appassionati ne’ maestri, visto che dell’impossibilità fisica di far fare alcune cose ai personaggi muniti d’arma me ne rendo conto persino io…;-)
La cosa buffa per i film è che di solito hanno almeno un consulente, un esperto, che viene accreditato nei titoli di coda e che, in teoria, dovrebbe proprio servire a rendere più plausibili queste cose. Da quello che ho capito però questo fattore viene limitato ad insegnare i movimenti di base agli attori o poco più salvo alcuni casi come “The Hurt Locker” o “Black Hawk Down”. Ho già stigmatizzato più volte quanto nei serial TV e nei film si ignorino le più basilari forme di rispetto della realtà, permettimi di non continuare.
Mi è venuta in mente la stessa cosa di davide, l’oplologia è un ambiente pericoloso xD
Un bel manuale sulle armi bianche, semplice ed immediato mi piacerebbe leggerlo.
E’ un ambito in cui non ho mai trovato un libro adatto per documentarmi.
Bhè, speri di farlo xD
Ci sono molti testi, anche in italiano, che parlano di armi bianche. Il più è delimitare il territorio di tuo interesse per vedere cosa ci sia di disponibile.
Per quanto riguarda il divertimento della parte pratica, hai dimenticato di citare la romantica bellezza della guerra: imbracciare un fucile, sentirsi potente e consapevole della propria abilità distruttrice, anelare il sacro momento dell’uccisione fino a renderlo uno scopo di vita è un qualcosa a cui purtroppo non si pensa più molto spesso, anche se, guardando bene, qualche piccolo progresso lo si può notare.
Fortunatamente hai pensato bene di precisare quanto sia importante conoscere per filo e per segno i vari danni che ogni tipo di arma può infliggere al nemico. Un soldato che ne infilza un altro con una baionetta, senza però sapere entro quanto tempo lo farà morire dissanguato, rimane fondamentalmente un soldato ignorante. Io, personalmente, preferirei farmi squarciare il ventre da un individuo che sia anche in grado di informarmi sul dolore che mi toccherà sopportare, piuttosto che da uno che dopo avermi ferito mortalmente se ne vada senza neanche darmi qualche piccolo ragguaglio di oplologia. Fare del male con una cultura in merito è meglio. Godere nel farlo, godere nel vederlo!
Fortunatamente sarà sempre possibile leggere interessanti articoli come questo. Meglio pochi ma buoni, e sempre uniti! 😉
Il sarcasmo è un modo interessante di esporre una tesi e facendone io stesso uso lo apprezzo quando mi viene rivolto, specialmente quando si rimane nell’ambito dell’educazione.
Lei porta la tesi dell’arma come strumento votato alla distruzione dell’avversario e mi pare di capire che se ne deriva che chi se ne interessa sia orientato a scopi bellici o comunque violenti. Rispetto questo tipo di argomenti ma non li condivido. Nelle file di chi a qualche titolo si interessa di oplologia ci sono senz’altro fior di fanatici, di aspiranti guerrieri della domenica o più semplicemente persone violente.
La mia esperienza, pur minima, mi ha insegnato che la maggior parte degli interessati non ha questo tipo di atteggiamento. Predomina il lato sportivo, sia per le armi bianche che per quelle da sparo. Se invece si prendono in considerazione i soli militari, sempre limitandomi alle mie conoscenze dirette, ne ho conosciuti davvero pochi ansiosi di far fuori il prossimo.
Mi è già capitato, in passato, di leggere raccapriccianti articoli su questo tema in cui l’autore era chiaramente a favore dello studio delle armi (magari anche pratico) nelle scuole. Oplologia fin da bambini e tutti contenti!
Fortunatamente mi sono reso conto, dopo la tua risposta, che il mio commento non era rivolto personalmente a te. Eppure, quando si parla di certi argomenti, è sempre difficile entrare nello specifico e non generalizzare.
Il problema è che l’arma viene usata fondamentalmente per colpire o difendersi da un presunto nemico, o almeno credo, dato che sono ignorante. Essere appassionati di pistole, ad esempio, porterà inevitabilmente ad avvicinarsi a chi le pistole le usa come arma e non come “gioco”. Ed è raro che, parlando di armi, si resti nel campo del gioco. È qui che non sono d’accordo: il lato sportivo, secondo me, è una semplice conseguenza di ciò di cui parlavo nel mio primo commento. Sono il primo a trovare in qualche modo interessante un incontro di scherma, e non nego che praticarla possa essere sia utile che divertente, ma credo rimanga una piccola eccezione. Insomma, se io penso alla parola “arma”, mi vengono in mente soldati, eserciti, guerre, poteri…. Soprattutto ora che, come appare evidente anche dal tuo articolo, i progressi tecnologici rendono le armi sempre più distruttive e pericolose. E la cosa che mi spaventa non è tanto l’utilizzo delle armi da parte degli eserciti (quello fanno, loro, e pretendere che sia altrimenti non avrebbe senso), quanto la passione e l’appoggio di chi in teoria non c’entra nulla.
Mi dici che sono pochi i militari ansiosi di far fuori il prossimo, ma la cosa grave è che tutti gli altri, qualora dovessero ricevere l’ordine di attaccare, lo farebbero comunque senza pensarci due volte. Questo però, forse, è un altro discorso…
Possiamo estendere la discussione, magari a partire da un nickname che sembra derivare dal non compianto generale Bava Beccaris.
Insegnare in qualche forma l’oplologia ai bambini mi sembra inopportuno, almeno fino a quando non hanno un’età tale da distinguere tra il bene e il male e la nozione di pericolo. D’altronde io ho cominciato ad interessarmi alla cosa in tenera età e credo sia inevitabile che un bambino (o una bambina) cerchi di capire come funziona un’arma dato che anche nei cartoni animati se ne fa ampio uso.
Concettualmente un’arma è un dispositivo utilizzato per raggiungere uno scopo, di solito la soppressione di una minaccia e/o la sua rimozione. Non è negativa o positiva a prescindere, esattamente come i prodotti chimici o come un qualsiasi macchinario industriale.
Per tornare al suo esempio, io sono effettivamente un appassionato di pistole. In particolare per alcune tipologie come i revolver del XX secolo e per le prime semi automatiche. Ne ho fatto anche una pratica sportiva per alcuni anni, partecipando a tornei di vario genere. Ho prestato, come molti della mia generazione, servizio militare con tutte le conseguenze del caso. Questo per chiarezza.
Quello che sembra essere il centro delle sue preoccupazioni è il controllo sulle armi, legato alla loro intrinseca pericolosità. E’ un tema reale, sentito in primis proprio dagli appassionati. Tuttavia ritengo impossibile raggiungere un livello di sicurezza totale, anche in un contesto dove la vendita dovesse essere limitata in maniera drastica. Mi spiego, chi decide di offendere lo fa con qualsiasi mezzo. Se lei consulta le statistiche italiane vedrà che l’utilizzo delle armi da fuoco nei delitti “privati” non è certo maggioritario.
Quanto alle FFAA, la loro missione primaria è quella di difendere la nostra nazione, quella secondaria è di servirne gli interessi dovunque gli capiti di essere schierati. Questo ovviamente comporta anche la possibilità dell’uso delle armi. In compenso vorrei ricordarle che l’impiego bellico è sottoposto a numerosi caveat, questo fin dal 1982 quando riprese l’impiego all’estero delle nostre forze.
Ti ho dato del tu fin da subito, ormai continuo così. Ti prego, fallo anche tu.
Ormai non si parla nemmeno più di oplologia, ma direi che è tutto legato, quindi: chi decide la differenza fra il bene e il male? Un dodicenne americano (esempio a caso) convinto di voler entrare un giorno o l’altro a far parte dell’esercito, è sicuramente sicuro di farlo a fin di bene. Magari, lui come tanti altri, è davvero certo del fatto che andare in missione da qualche parte in Medio Oriente ad esportare la democrazia sia opera di bene. Ma è davvero così? E il bambino che in Medio Oriente ci vive, la penserà forse allo stesso modo? Se la nozione di bene ti viene inculcata fin da piccolo, sarà per forza di cose una nozione traviata, manipolata e quindi sbagliata. Se poi quella nozione ti viene trasmessa proprio da chi vorrebbe che tu diventassi un soldato… è la fine! Quindi il problema non è il controllo delle armi, ma il controllo delle menti che quelle armi saranno poi legittimate ad usarle. Èd è un controllo che non deve esistere.
Al bambino che dovesse chiedere al professore di oplologia quando è più o meno opportuno usare un’arma, quale risposta ti aspetti che il professore gli dia? E poi, esiste davvero una risposta giusta?
Per quanto riguarda il concetto di difesa della nazione… difenderla da chi? Magari da altri eserciti, sicuramente non dalle persone, dai singoli, dalla gente comune. E se per i propri interessi una nazione si trovasse davvero a dover adoperare l’esercito, possiamo essere sicuri del fatto che quegli stessi interessi andranno a nuocere qualcun altro, altrimenti che bisogno ci sarebbe di usare la forza?
Ripeto, sono ignorante, quindi mi chiedo: i caveat non sono decisi dalle stesse persone che avrebbero poi il potere di toglierli?
Temo che risposte etiche, nel senso più esteso del termine, siano molto al di fuori della mia portata. Per quanto mi possa sforzare sono comunque un prodotto della cultura occidentale, con tutto quello che ne deriva. Il concetto di base nell’utilizzo delle FFAA è la difesa. Sono eredità storiche, figlie di uno schema di pensiero che non è ancora da considerare del tutto sorpassato. E’ vero che difficilmente a qualcuno verrà in mente di invadere l’Italia o altri paesi NATO ma è altrettanto vero che in Europa dovremmo aver memoria del recente conflitto yugoslavo e della pesante eredità che ci ha lasciato.
Il passaggio spade-per-aratri è ancora molto al di là di venire, almeno secondo me. Questo ci lascia con la necessità di garantire che il nostro modo di intendere geopolitica, economia e diritti basilari non possa essere soppresso da altri, per quanto cinico possa essere mettere la questione in termini diretti.
L’ipotetico professore di oplologia e l’ipotetico studente si troverebbe a dibattere su questioni filosofiche piuttosto alte, a partire dal possibile ricorso alla violenza e dei limiti del proprio libero arbitrio. Non ho risposte assolute neppure per questo, così come rimane sospesa la domanda “chi controlla i controllori” che è collegabile ai caveat posti dalle autorità civili ai militari. Posso però rispondere in merito a cosa farò io, che non sono professore di nulla, quando sarà ora di istruire mio figlio; lo accompagnerò al locale poligono DOPO avergli spiegato per filo e per segno cosa si fa e cosa non si fa al suo interno. Se, sottolineo se, sarà interessato al maneggio delle armi farò in modo che venga istruito (non da me) e che possa praticare uno degli sport legati al settore.
Sì, in effetti siamo andati un po’ oltre e nemmeno io ho molte risposte assolute, anche se penso che la mia posizione si sia capita.
Ora penserò ad altro e andrò probabilmente a bere come se non ci fosse un domani. Saluti.