Oggi negli USA si festeggia il giorno dei veterani, tradizione ottima che non farebbe male copiare anche nel nostro paese. Non è questione di essere o essere stati parte delle FFAA, non è neppure un discorso politico. Si tratta semplicemente di riconoscere a chi ha servito il paese un momento di generale riconoscenza. Il nostro paese è in pace, questo è vero, ma abbiamo circa diecimila militari in giro per il mondo, tutti impegnati in missioni decise dal Parlamento per ragioni che dovrebbero essere di generale interesse.
Eppure ci sono due soldati del San Marco detenuti in maniera palesemente illegale in uno stato dell’India. Non meritavano il pieno appoggio del nostro paese? Non hanon il diritto, qualora siano colpevoli, di essere giudicati secondo quanto stabilito dai trattati internazionali (firmati sia dall’India che dall’Italia)? Come soldati professionisti non avrebbero il diritto di essere aiutati ad affrontare la cosa in maniera dignitosa? Perché, perché non siamo in grado di far valere i nostri diritti ma dobbiamo sempre presentarci con il cappello in mano?
Comunque oggi il pensiero va anche ad altri veterani. A chi ha servito l’Italia fuori dai confini a partire dal disastro congolese, a chi è tornato malato, ferito, menomato nel corpo o nello spirito.
Purtroppo per riconoscere i meriti di chi ha servito il paese bisognerebbe sentirsi paese.
Credo che in Italia fregare il paese sia molto più di moda che onorarlo.
Vero, il sentirsi un unico paese non è esattamente un sentimento diffuso (vedi le recenti polemiche sull’insegnamento dell’inno nazionale). Da qualche parte però bisognerà pur incominciare per rafforzare la coesione, no?
Per come la vedo io ormai è tardi per rafforzare la coesione, andava fatto molto prima.
Adesso temo che la crisi economica farà deflagrare la situazione, per un ventennio la Lega ha intercettato il malumore del nord, per poi rivelarsi un flop clamoroso.
Il rischio è che le spinte separatiste si rafforzino con la crescente insicurezza economica, come la Catalogna il nord dell’Italia potrebbe imboccare la facile strada del separatismo, e non con metodi pacifici.
Le spinte che citi ci sono, specialmente in Veneto dove sussistevano movimenti pre-Lega Nord orientati in tal senso. Da quello che ne so si parla molto e si fa poco, non vedo azioni serie nel prossimo futuro (ti ricordi del “tanko” a Venezia?). De facto per il Veneto o per la combinazione Veneto-Lombardia sarebbe una mossa al limite del suicidio economico dato che verrebbero a perdere il mercato interno italiano.
Il caso della Catalogna è ovviamente diverso ma non mi sembra possa avere un grande futuro, dato anche il momento economico locale. Parlando di possibili separazioni vedo più probabile quella scozzese o la scissione in Belgio.
Il tanko, mitico!
Me lo ricordo bene, due sciroccati mica da ridere.
E’ vero che sinbo a ora le azioni concrete sono state agitare spadoni e indossare elmi con le corna alle feste leghiste, oltre all’occupazione militare (si fa per dire) di Piazza San Marco.
Ma se la situazione continuerà a peggiorare (e non mi pare che possa migliorare) allora le cose potrebbero cambiare, certo finché i demagoghi si chiamano Bossi o Grillo non ci sono problemi.
Ma lo spettro della fame potrebbe spingere a scelte anche irrazionali e avventuriste, purtroppo lo stato italiano non ispira certo lealtà e senso di appartenenza.
Sarà interessante vedere come si evolve la situazione, ma la vedo abbastanza male, temo che siamo incamminati verso la strada già intrapresa dalla Grecia (ok, sono pessimista per natura).
Posso sbagliarmi ma mi sembra che le condizioni per uno scenario “duro” per ora non ci siano. La cosa mi stupisce, non poco, dato l’oggettivo livello dei problemi e l’enorme numero di nostri connazionali messi o fuori o ai margini del mercato del lavoro. In Grecia e in Spagna la protesta è esplosa da un pezzo, in Portogallo sta prendendo la stessa strada e anche in Irlanda c’è stata più di qualche tensione.
Ad oggi qui le manifestazioni di piazza sono ancora limitate, c’è da domandarsi quanto siamo lontani dalla deflagrazione.
Grillo potrebbe diventare il trigger di un livello di protesta diverso e non so quanto sia consapevole della fragilità della situazione generale. Per ora mi sembra più impegnato in vari atti di demagogia che non a soffiare benzina sul fuoco. Speriamo in bene, non ho voglia di rivedere certe scene degli anni ’70.
Sai le questioni che verrebbero fuori qui da noi?
Festeggiare i vincitori, i vinti, gli schierati, quelli che non sapevano come schierarsi, i ragazzi di questo o quel paesotto…
Ogni dannato schieramento politico cercherebbe di strumentalizzare l’occasione.
Certe cose vanno sentite.
E qui da noi, sentire qualcosa, nell’intimo, per il paese, è attivamente scoraggiato.
Il problema rimane la memoria tradita del fascismo. Mi risulta che siamo l’unica democrazia evoluta (!) a non aver fatto compiutamente i conti con il proprio passato, esercizio che risulta non a caso difficile anche per cose più piccole avvenute dopo. Vedi in merito anche proposte recenti per equiparare sul piano morale e giuridico partigiani e repubblichini (proposte di sponda PdL avevano compreso anche l’abolizione o la revisione di una disposizione transitoria della Costituzione).
Per lo stesso problema in Italia è difficile parlare in termini sensati di argomenti militari o delle esperienze fatte dai nostri militari nelle missioni di peacekeeping o peace enforcing. Dei ragazzi e delle ragazze in divisa va bene parlarne solo quando finiscono dentro una bara, si vede che fanno audience. Io comunque la proposta la farei, non fosse altro che per smuovere le acque.