Rimaniamo ancora sulle rive del Baltico, scendendo verso sud fino ad arrivare in Lettonia. Gran parte della storia recente di questo paese ha molto in comune con i confinanti Estonia e Lituania (quest’ultima oggetto del prossimo articolo) ma la strada presa in Lettonia presenta sostanziali differenze rispetto ai vicini estoni, sia sul piano economico che su quello politico.
Come già ricordato nell’articolo sull’Estonia la fase di transizione tra l’appartenenza all’Unione Sovietica e lo status indipendente fu segnata dalla bella esperienza della rivoluzione cantata (mia traduzione di Singing Revolution) detta anche Via Baltica (mia trad. di Baltic Way) avendo coinvolto le tre repubbliche citate in apertura. Per i lettoni ci fu anche un vero e proprio colpo di coda dell’occupazione russa, un tentativo di spazzare via le neonate istituzioni nazionali con uno pseudo colpo di stato nel 1991.
Le spinte indipendentiste, insieme al crollo dello stato sovietico, trovarono compiuta espressione nello stesso anno (anche in questo caso le ultime truppe russe lasciarono il paese nel 1994) portando quindi a una repubblica indipendente. Va fatto notare come un referendum tenuto nel 1991 sull’indipendenza trovò ampia conferma (più del 70%) con larghi consensi anche da parte della minoranza russofona, fattore molto importante da tenere in considerazione per gli sviluppi futuri.
Una volta conquistata l’indipendenza la Lettonia completò la transizione verso Occidente, riuscendo ad entrare nell’Unione Europea nel 2004 e nella NATO. Il percorso lettone conosce però sostanziali differenze da quello estone, così come ricordato in apertura. Sul piano politico viene introdotta una differenza tra cittadini, creando un numero di rilevante di residenti che de facto sono apolidi. All’atto dell’indipendenza a chi non era etnicamente lettone non venne riconosciuto il diritto di cittadinanza in maniera automatica, in seguito una parte di questi non-cittadini passò attraverso il processo di naturalizzazione ma rimangono ancora più di duecentomila persone che sono prive di ogni cittadinanza (la stragrande maggioranza di etnia russa).
Escludere una parte della popolazione dai diritti politici non è esattamente un buon biglietto da visita per la Lettonia, così come non lo è sapere che le discriminazioni verso i russofoni vanno di pari passo con altre segnalazioni che parlano di disparità di trattamento come genere o verso altre minoranze. Per un paese che fa parte dell’UE questo genere di cose semplicemente non è accettabile. Le tensioni con l’etnia di origine russa è anche fonte di possibili interferenze da parte russa sul piano commerciale e politico, altro ostacolo non solo per i lettoni ma per tutta l’Europa unita.
Sul piano economico la Lettonia paga il suo passato in molti modi. Ai tempi dell’URSS furono create aziende manifatturiere di buon livello, con l’innegabile vantaggio di generare un indotto e della manodopera specializzata. Il lato negativo arriva dall’inquinamento, problema piuttosto pesante in alcune aree del paese. Il passaggio all’economia di mercato ha funzionato bene sul piano legislativo e sulle discipline commerciali ma ha esposto la Lettonia alla nascita di una “bolla” sul mercato immobiliare che la crisi mondiale iniziata nel 2008 ha fatto scoppiare (come in Spagna) deprimendo l’economia locale in maniera fortissima. Solo di recente, grazie a una serie di misure straordinarie prese nel triennio 2008-2010, il ciclo economico sta volgendo al meglio. Ne consegue che l’ingresso nell’Eurozona è stato posposto sine die, il che frena una parte degli investimenti stranieri.
La Lettonia è posta quindi di fronte a due sfide per il futuro, difficili ma non impossibili. Integrare del tutto l’etnia russofona è la prima, completare il risanamento economico la seconda. Due obiettivi ambiziosi ma non separabili o posponibili a una fase successiva dal momento che i rapporti con l’ex padrone russo sono diventati sempre più importanti (non solo su base locale).
A costo di ripetermi e di risultare noioso, per quanto mi riguarda la Commissione Europea negli anni tra il 2003 e il 2004 avrebbe dovuto vigilare meglio ed imporre scelte diverse ai governanti di quei paesi se volevano entrare nella Comunità Europea (allo stesso modo avrebbero dovuto intervenire con Cipro nei rapporti la sua minoranza turca)
Comunque ritengo che l’Estonia nei prossimi anni potrà risolvere quantomeno uno dei suoi problemi: quello economico, per quanto riguarda poi con la minoranza russofona, lì ci vorrebbe una buona volontà che al momento non riscontro.
Sul maxi allargamento UE e NATO del 2004 ci sarebbe da scrivere parecchio… è una storia con tanti lati oscuri e molti registi dietro le quinte, tra cui anche il nostro Romano Prodi. Condivido le tue perplessità, così come le estendo anche alla facilità con cui le istituzioni europee tendono a spazzare sotto il tappeto tante cose (Ungheria? Chi ha detto Ungheria?)