Le accuse ad Ingroia

Si è fatto un gran parlare a proposito della candidatura alle prossime elezioni politiche di Antonio Ingroia, magistrato ora in aspettativa dopo essere stato protagonista di alcune tra le inchieste più scottanti degli ultimi anni. In pratica lo hanno accusato prima di fare politica mentre era in forza attiva alla Magistratura, poi di essersi fatto scudo della sua notorietà per promuoversi, infine lo hanno additato come un esempio di come “le toghe rosse” mischino pratica giudiziaria con azioni mirate a colpire avversari politici.

Dopo tanto ciarpame sui media, guarda caso con fonti estremamente vicine al centro destra, andrebbe fatto un minimo di chiarezza. Ingroia non è un santo, né pretende di esserlo.  Come tutti i magistrati ha sempre fatto parte dell’elettorato attivo (cioè chi vota) e ha mantenuto i suoi pieni diritti civili, ergo ha potuto formarsi opinioni politiche ed esprimerle ove lo ritenesse opportuno. E’ falso sostenere che i magistrati non possano avere opinioni politiche mentre rimane criticabile che lascino che queste ultime interferiscano con il loro lavoro.

Sono cose di un’ovvietà sconcertante da scrivere ma in questo paese dove si stanno dicendo bugie allucinanti da decenni tocca pure fare questo, ribadire l’ovvio per ristabilire le minime coordinate di un dialogo civile. Al di fuori delle nostre frontiere simili discussioni sarebbero bollate come idiozie prive del minimo interesse dal momento che i pilastri fondamentali delle istituzioni non vengono mai messi in discussione com’è accaduto in Italia. Tornando all’argomento, la parabola di Ingroia dal punto di vista professionale è delle più luminose.  Già membro del pool antimafia voluto da Falcone e Borsellino, poi sostituto procuratore con Caselli, dal 1987 al 2012 si è occupato di una serie di inchieste (con i processi a seguito) pesantissime, condotte quasi sempre in mezzo a difficoltà di ogni genere.

antonio ingroia

Ingroia è diventato scomodo nel momento in cui nelle sue inchieste ha cominciato ad esplorare le connessioni tra politica e crimine organizzato, tra apparati dello Stato ed elementi del sottobosco criminale. E’ la stessa strada che è costata la vita a tanti magistrati, il percorso che svelerebbe se e come lo Stato sia mai venuto a patti con i capi delle famiglie mafiose. Non soprende che rappresenti un nervo scoperto per la classe dirigente, sia in Sicilia che in tutto il resto d’Italia. Se poi si aggiunge che, come tanti altri colleghi meno noti, si è speso molto per difendere l’impianto della nostra Costituzione dai progetti di riforma avanzati dal centro destra nelle ultime legislature ecco che emerge con chiarezza come mai venga visto come un avversario pericoloso sul piano politico.

Da magistrato è poi stato collocato “fuori ruolo” per prendere parte a un programma ONU in Guatemala, nel quadro di iniziative internazionali per il contrasto ai cartelli del crimine organizzato.  L’accettazione di questo incarico è stata vissuta come una sorta di fuga dalla procura di Palermo da alcuni, altri vi hanno visto un modo per sottrarsi al peso di uno scontro con le istituzioni dopo la polemica con il Quirinale per il possibile utilizzo di intercettazioni telefoniche che vedevano tra gli altri impegnato il Presidente Napolitano, infine c’è chi ha teorizzato una sorta di compensazione, nel senso di dare un incarico prestigioso a un personaggio scomodo per impedirgli di continuare il suo lavoro.

Le ipotesi sopra riportate sono qualcosa di allucinante dal mio punto di vista. Un incarico come quello citato non è nelle possibilità di scelta del singolo magistrato o nella disponibilità di qualche funzionario ministeriale. Si tratta di incarichi a chiamata, dove il singolo magistrato o investigatore viene richiesto al paese d’origine da una commissione ONU ed è la persona coinvolta che decide se partecipare o meno all’iniziativa con il permesso dell’ente (o degli enti) per cui lavora. Vedere complotti anche dietro a queste cose è a dir poco patetico, almeno lasciamo l’ONU fuori dalle piccolezze del nostro paese.

Ingroia ha poi deciso di abbandonare l’incarico in questione dopo pochi mesi, mossa che ho trovato molto discutibile. Una volta che si decide di passare due anni sotto mandato ONU, salvo ovviamente gravi problemi personali, si deve portare a termine l’incarico dal momento che ne va non solo della propria reputazione ma tira in ballo anche quella nazionale (specialmente in anni come questi dove il prestigio italiano è ai minimi storici). Ha motivato la cosa per il momento politico nazionale, per la necessità di dar voce insieme agli altri componenti della sua lista a larghe parti della società e per sostenere una serie di punti (evidenziati in un manifesto, disponibile qui) che ritiene essere focali per la prossima legislatura. Ribadisco che Ingroia ha ogni diritto di impegnarsi, di fare cioè parte dell’elettorato passivo oltre che di quello attivo. Stride a mio parere l’opportunità, sempre riferita all’incarico ONU.

Rimane una questione di fondo, ovvero se davvero sia necessario perseguire una frammentazione dell’offerta politica in questo momento storico e se queste istanze, legittime, non potevano trovare posto in altri contesti già esistenti.  Domanda che visto il proliferare di partiti e movimenti della cosiddetta “seconda repubblica” pare non aver trovato una risposta adeguata.

4 thoughts on “Le accuse ad Ingroia

  1. Stimo Ingroia anche se personalmente, per il prestigio italiano nel mondo avrei preferito che mantenesse il suo incarico all’ Onu.
    Detto questo dico che ce ne vorrebbero molti di più di personaggi integerrimi come lui nel nostro paese.

    • Sulla reputazione di Ingroia niente da dire, se avessimo avuto un Parlamento di questa levatura non avremmo dovuto assistere a tante porcherie. Il punto rimane non tanto avere degli inesistenti santi in giro, ma tornare a una normalità dove chi sbaglia paga e viene escluso dalla vita pubblica.

  2. Bell’articolo, bella analisi come al solito.
    Però, ragionando un pò in termini di realpolitik, mi chiedo che reale utilità possa avere per l’Italia una lista che nella migliore delle ipotesi racimolerà quanto, il 3, 4?
    Specialmente visto che di queste mini liste, a prescindere dagli ideali e dalle persone che ci stanno dietro, ce ne sono anche troppe; e ciò si assomma ad una situazione in cui gli attori in gioco di fatto non sono come in passato solo i due principali schieramenti; a questo turno penso che sia PD+alleati, Monti, M5S e PDL+alleati riusciranno a raccogliere abbastanza voti per avere un certo peso in parlamento.
    Insomma, già di per sè il particolare momento storico ha favorito una pluralità anche tra i “big”, per i pesci piccoli penso ci sia un margine di manovra più ristretto del solito.

    • Ingroia sostiene di avere circa il 5%, quindi sotto l’8% necessario al Senato e appena sopra la soglia per la Camera. Dato il Movimento arancione e chi c’è in mezzo (ex IDV, ex PdCI, ex RC) almeno al Senato un apparentamento sarebbe da proporre, magari piazzando proprio Ingroia in lista in una delle regioni fondamentali (Lombardia, Veneto, Campania o Sicilia). In Parlamento non entraranno in molti, concordo.

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