Danni collaterali – il prezzo a venire della pandemia

Credo sia necessario, per non dire fondamentale, guardare al futuro e non solo alla cronaca giorno per giorno della pandemia. Allo stato attuale, sembra probabile che finirà per diventare un fenomeno ciclico seguendo le mutazioni del coronavirus e che, di conseguenza, entrerà nel novero dei fenomeni che si affrontano con le già conosciute opere di prevenzione e vaccinazione. Tuttavia, è bene rendersi conto che il prezzo di una pandemia non è limitato al gravoso computo dei decessi o alle considerazioni sugli effetti a lungo termine nell’organismo di chi è stato malato. A mio parere, la gestione della pandemia proietta nel futuro due ombre scure: il calo delle prestazioni di diagnostica precoce e i disturbi mentali.


Nel primo caso, si tratta di un rapporto di causa / effetto tra i più deleteri. Aver dirottato risorse e personale del servizio sanitario verso le tematiche relative alla pandemia, senza nel frattempo aver compensato adeguatamente la pianta organica e la dotazione tecnologica, ha messo in secondo piano praticamente tutti i programmi di prevenzione e diagnostica precoce (c.d. screening) e ridotto in maniera drastica una serie infinita di prestazioni mediche ambulatoriali o di day hospital. Il risultato? Impossibile da stimare oggi, ma non è difficile pensare che le mancate diagnosi precoci abbiano un effetto nei casi a venire dato che conosciamo quanto impatto hanno avuto queste campagne negli anni passati. Come ulteriore cosa da valutare, c’è da capire quanto tempo impiegheranno le burocrazie coinvolte a recuperare i ritardi e a rientrare di conseguenza nel ciclo corretto. Il rischio concreto è dover aspettare almeno tre anni prima di tornare al livello pre pandemia, con tutto quello che ne consegue.

Il secondo caso è quello che mi spaventa di più. Non posso fare affermazioni professionali per quanto riguarda l’ambito psicologico o psichiatrico, ma credo comunque di poter scrivere che mesi di campagne mediatiche atte a spaventare gli spettatori e le oggettive limitazioni alla vita di tutti i giorni derivate dalla pandemia siano destinate a lasciare un segno nella psiche di ognuno, con l’inevitabile corollario di andare ad aggravare le patologie pregresse. Non sono riuscito a trovare fonti con numeri attendibili o studi che valutino questo tipo di impatto nella società a venire.

Pensate a cosa abbia voluto dire perdere la percezione dei volti (con le mascherine), alla costante spinta all’attenzione collettiva (hai toccato questo? hai lavato / sanificato quest’altro?), alla soppressione di tante parti della vita sociale, al forzato diradarsi dei contatti con il proprio circolo di parenti o amici. O ancora, a quanto le stesse cose affliggano in maniera differente a seconda dell’età o a come chi non ha una famiglia si possa sentire più solo di prima.

Le conseguenze economiche sono altrettanto pericolose. Perdere la certezza e il ruolo sociale derivante dal proprio reddito, dover valutare come impossibili cose che prima si affrontavano senza porsi problemi, o più semplicemente farsi trasportare dal clima di incertezza veicolato dai media non può che pesare sul quadro psicologico generale. Aggiungete al tutto le preoccupazioni per i membri più deboli della propria cerchia e, per chi ha figli, l’inevitabile proiezione nei loro confronti delle angosce per il futuro ed ecco che anche le persone più stabili possono risentire della “nuova normalità”.

Si vedono già bene i segni di un progressivo disagio, così come non è difficile notare il crescente livello di insofferenza verso limitazioni e vincoli che sono visti sempre di più come inutili e/o soffocanti. Metteteci anche la tradizionale sfiducia italiana verso chiunque sia al potere e si può vedere un quadro anarcoide in formazione avanzata. Non credo che la risposta stia nell’uso degli psicofarmaci, per quanto il consumo sia in aumento vertiginoso.

Da entrambi i fattori di cui ho brevemente scritto si capisce come il quadro complessivo dei danni collaterali sia già oggi problematico, così come è facile prevederne il peggioramento nel medio termine. Credo sia inevitabile dover prendere dei correttivi in tempi brevi, con tutte le difficoltà del caso. Occorre investire in maniera massiccia nel potenziamento delle strutture sanitarie pubbliche e portare a compimento tutti quei progetti per l’estensione della rete dei consultori sul territorio nazionale. Se è vero che lo stigma sociale verso chi si rivolge a un professionista per avere un aiuto psicologico è in calo, deve diventare altrettanto palese che si possono veramente risolvere tanti problemi con le terapie disponibili.

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