Verso Nativity

Ci siamo, si riparte per la seconda stagione di “Due Minuti a Mezzanotte”. Sono a bordo anche questa volta e il buon Alessandro Girola, il ringmaster di questa avventura virtuale, mi ha riassegnato la puntata di chiusura.

Nativity Banner particolare

Diverse novità rispetto alla prima stagione. Meno componenti nel roster di partenza, questa volta sono 27; un parziale ricambio tra chi scriverà le varie puntate e, fattore da non dimenticare, un po’ più di spazio per sviluppare le proprie idee.

La prima puntata andrà in onda il prossimo mercoledì, il 13 febbraio. Da lì in avanti, ogni mercoledì, avremo una nuova puntata. Dalle premesse questa stagione promette di essere molto più dark della precedente (che già non scherzava, vi ricordate il bodycount finale?)

Nativity. Europa. Uno scontro che promette di andare decisamente oltre le trame dei fumetti che conosciamo.

Pulp-o-mizer

Se come me amate la grafica vintage e avete un posto speciale nella vostra memoria per i pulp magazines ora c’è un service di cui semplicemente non potete fare a meno. A questo link trovate pulp-o-mizer, ovvero un modo molto intuitivo per creare finte cover di riviste pulp e chissà, forse per trovare l’ispirazione per scrivere qualcosa sul genere. La segnalazione deriva da un articolo su io9.com, uno dei luoghi da visitare se amate il fantastico declinato in tutti i modi.

Di seguito un’idea, una delle tante che si possono realizzare, bastano due minuti.

Pulp-O-Mizer_Cover_Image

Riccardo Valla (1942-2013)

Questo 2013 sta riservando nuove amarezze agli appassionati del fantastico, l’ultima notizia in questo senso è la prematura scomparsa di Riccardo Valla.

DIGITAL CAMERA

Non ho mai avuto il piacere di incontrarlo, ho “solo” avuto il notevole vantaggio di poter godere della grande qualità del suo lavoro in veste di traduttore o articolista. Se ne è andato un professionista vero, uno di quegli artigiani della parola che da soli erano garanzia della qualità di un testo.

Buon viaggio al Maestro Valla, possa tornare presto con più fortuna.

Gerry Anderson (1929-2012)

gerry anderson

Questa pessima annata non rinuncia a un colpo di coda doloroso per gli appassionati del fantastico. E’ venuto a mancare Gerry Anderson, creatore e produttore di tante serie televisive.

Se per voi nomi come Thunderbirds, UFO e Spazio:1999 significano qualcosa è grazie al lavoro di quest’uomo, una carriera nata alla fine degli anni ’50 e proseguita fino a questo decennio.

Possa ritornare presto, con la stessa voglia di sognare.

UFO: storia di un futuro passato

Il futuro è un concetto mutevole e rivedere con gli occhi del 2012 una serie dove la frontiera del futuro era posta al 1980 fa riflettere non poco. Parlo della serie U.F.O., capostipite di una serie di produzioni a tema, a cui viene dedicata per intero la settimana nella blogzine di cui mi onoro di far parte.

Un futuro cupo, figlio delle angosce della guerra fredda e delle memorie fin troppo recenti della seconda guerra mondiale. Un futuro dove a pochi toccava combattere una lotta segreta, contro un nemico palesemente non interessato alle trattative o alla diplomazia. Una guerra su piccola scala come numeri ma combattuta dall’orbita lunare alle profondità dei mari.

In Italia la serie U.F.O. fu letteralmente massacrata. Messa in onda solo parzialmente dalla RAI, pensata più come prodotto per l’infanzia o al massimo per gli adolescenti quando invece trattava di temi estremamente adulti (droghe, sessualità, divorzio, manipolazione mentale per citarne solo alcuni). Si può dire che abbia conosciuto una seconda giovinezza solo in seguito, quando venne messa nella giusta prospettiva.

Il vicino futuro, declinato in questa serie come diretta conseguenza delle conquiste tecnologiche degli anni ’60. Un futuro con una base orbitale di avvistamento, una base lunare permanente, collegamenti Terra-Luna, pensato per essere anche grafico oltre che avveniristico. Quello era il sogno di allora, sogno che trovò discendenza in altri progetti successivi.

Passate questa settimana con noi su “Il futuro è tornato”, il viaggio è appena cominciato.

Ray Douglas Bradbury (1920-2012)

Anche il Poeta se n’è andato. L’autore che forse più di ogni altro aveva saputo stare a cavallo tra la narrativa e la poesia nel campo del fantastico ha raggiunto le terre dei sogni.

Una carriera professionale nel campo del fantastico iniziata nel 1941 e che ha dato frutti fino al 2010, un catalogo di onorificenze e premi che sarebbe oneroso riportare. Non è per questo che lo ricordo.

Non posso neppure dire di aver amato tutti i suoi lavori, né posso affermare di essere sempre stato un suo fan. Ma mi ha fatto sognare. Con immagini evocate in poche parole, con la malinconia e la solitudine che attraversano molte delle sue pagine e con l’ironia che sapeva nascondere qui e là.

Grazie Ray, buon viaggio.

 

Open to business!

IL FUTURO E' TORNATO

Eccoci qui, abbiamo alzato la saracinesca e messo fuori il cartello “aperto“. E’ il momento dei primi passi, del guardarsi attorno con aria timida e dei sorrisi rivolti ai passanti, ai primi curiosi che guardano la nuova vetrina.

Il negozio è pulito, gli arredi nuovi, c’è quell’odore di plastica che resiste anche ai detersivi più forti. Buongiorno! Sì, siamo nuovi qui, appena arrivati nel quartiere. Si accomodi pure, se ha bisogno di aiuto siamo qui apposta. Nel frattempo gradisce un caffè?

Andate a vedere il nuovo negozio, seguite questo link!

We are Red Shirts

We are Red Shirts, cannon fodder for a TV crack

They kill us for the drama, no hope to strike back

From the Federation’s ships to every ugly alien shore

We will get killed and they keep asking more.

Red Shirt

Red Shirt

Red Shirt

We’re gonna die

Running to the front, phaser at the ready

Climbing on the engines, old wrench steady

Always prepared to execute captain’s will

Peace achieved when finally lie still

Red Shirt

Red Shirt

Red Shirt

Get ready to die

Bottom of the line in Academy time

No questions asked for the first line

Guinea pigs for alien viruses

Test subject for doctor’s mixtures

Red Shirt

Red Shirt

Red Shirt

We’re gonna die

Explosion on bridge four, it’s Klingon fire

Decompression on hangar’s deck, it’s dire

Screenwriters are first class sadist, we can tell for sure

Directors hate us, can’t find a cure

Red Shirt

Red Shirt

Red Shirt

Get ready to die

Si cambia!

Le cose cambiano, è uno dei motori primi di quanto accade in Rete e in più piccolo in questo ramo della blogsfera. A Marzo inoltrato mi trovo a dover ripensare e ripianificare il mio angolo virtuale, grazie anche al vostro contributo nel recente sondaggio.

Scrivere fiction mi sta diventando più difficile, forse perché sto facendo il pieno di suggestioni fantasy come ultime letture. Eppure ho due progetti in piedi e più di una buona idea (scusate la modestia) da mettere per iscritto. Sto parlando di una massiccia espansione del mio racconto “L’orgoglio di Smirne” (ciao Giuseppe, abbi fiducia) e dell’ormai tragicomicamente famosa seconda puntata delle avventure della Stone Cold Company (a proposito, state scrivendo per il concorso del Girola?).

Anche per quanto riguarda recensioni e articoli sulla narrativa e/o sul mercato editoriale c’è una novità; se riguarderanno materiale SF non li troverete più qui ma su un altro blog, un contenitore che potremmo anche chiamare blogzine. Yes, il futuro è tornato e ha un sacco di cose da dirci. Dopo un congruo intervallo di tempo le includerò anche qui ma su un’altra pagina che devo ancora creare.

Tutte le altre recensioni o articoli narrativi/editoriali di altro genere rimarrano qui ma vedranno diradarsi leggermente la loro frequenza. Avevo anche valutato di instaurare una sorta di palinsesto, idea che ho visto funzionare molto bene in altri blog, ma mi sono trovato nell’impossibilità di ottemperare a scadenze fisse. Troppo incerto il tempo dedicato alle ricerche e altrettanto difficile trovo quantificare i tempi di stesura. Tanto per fare un esempio ho in lista due articoli, uno sulla Russia e l’altro sull’Artico, che mi hanno portato oltre il limite di due settimane.

Avevo anche pensato di pubblicare a puntate l’espansione del racconto di SF ma mi sono trovato malissimo a metterne in cantiere puntate da 800-1000 parole. Grossa delusione devo dire, anche perché è un tipo di lunghezza che ben si sposa allo stile sintetico che prediligo. Resta una porta aperta per questo tipo di esperimento ma per una storia completamente diversa che potrebbe anche rappresentare la mia occasione per tornare a scrivere in inglese.

Proprio l’uso della lingua d’Albione è una grossa tentazione, una via che avevo percorso nel blog precedente su LiveJournal. Un buon esercizio, una porta aperta verso il mondo per raccogliere nuove informazioni o suggestioni. Sto cercando stimoli, scintille per accendere il fuoco dell’immaginazione.

Punto di non ritorno (1997)

Punto di non ritorno (Orig. Event Horizon) 1997

Regia di Paul W. S. Anderson

Soggetto di Philip Eisner / Andrew K. Walker?

Questa è la storia di un film che aveva tutto per diventare grande ed è naufragato miseramente. Sessanta milioni di dollari di budget (ricordatevi, stiamo parlando del ’97), attori di primo livello come Sam Neill e Laurence Fishburne, una situazione in spazi chiusi che esalta il ruolo dei caratteristi e mette lo spettatore più vicino ai personaggi.
Aggiungete che è una storia ambientata in un futuro vicino, decisamente riconoscibile come conseguenza del presente (un personaggio fuma, c’è un’edizione futuribile di Playboy) o vicina a noi come usi e costumi. Se ci mettiamo anche che gli interni delle due navi spaziali sono fatti molto bene e c’è qualche buon accorgimento tecnico siamo dalle parti dell’ideale per la fantascienza.

Peccato per due piccoli problemi. Il primo è il regista, spesso impegnato in inquadrature a campo lungo poco adatte a una storia che si svolge per il 99% dentro due astronavi, il secondo è il vero handicap: una sceneggiatura idiota. Dalla Rete rimbalza l’idea che la versione originale di Eisner sia stata riscritta da Walker. E’ possibile ma francamente non vedo il miglioramento. Controllando la carriera di entrambi ci sono solo cose decisamente minori con una vistosa eccezione, Walker ha scritto la sceneggiatura di Seven. Sempre da interviste si apprende che Eisner voleva un horror descritto come “Shining nello spazio”. Lo stiamo ancora aspettando.

Spoiler oltre questo punto.
L’idea di base è buona. Una nave, la “Lewis and Clark”, viene inviata a investigare su un segnale di soccorso proveniente da una nave andata dispersa sette anni prima, la “Event Horizon”. Con l’equipaggio c’è uno specialista, il progettista della nave scomparsa.
Il quadro è interessante, nei giro di poche inquadrature e battute l’intero gruppo degli attori viene messo di fronte allo spettatore e si crea il clima giusto per l’avventura. Da subito si intuisce che il dottor Weir (Sam Neill) è il personaggio destinato a condurre lo svolgimento del plot, tormentato dal suicidio della moglie.
La nave scomparsa era dotata di un motore alimentato con una singolarità, enorme fonte di distorsione gravitazionale che doveva letteralmente piegare lo spazio per viaggiare in tempi brevi dal sistema solare a Proxima Centauri. Poco dopo l’inizio del viaggio la nave scompare senza lasciare traccia.
Fin qui tutto bene. Il tempo di mettersi comodi e iniziare i popcorn.
Da subito l’esplorazione della nave si rivela pericolosa, accadono fenomeni che dovrebbero far salire poco alla volta la tensione nello spettatore. Il membro più giovane dell’equipaggio finisce risucchiato in un “buio” prodotto dall’accensione del motore gravitazionale e al suo ritorno deve essere messo in stasi per evitare il suicidio. L’accensione danneggia seriamente la nave soccorritrice costringendo tutti a trasferirsi sulla “Event Horizon“. Da qui in avanti inizia il carnevale. Tutti hanno allucinazioni, tutti sono testimoni di eventi inspiegabili, anche lo spettatore meno intelligente capisce che il film è partito e non ritornerà.


La faccio breve per non tediarvi oltre. La “Event Horizon” è andata in un’altra dimensione, un posto che assomiglia in maniera sospetta all’inferno dei cattolici. L’equipaggio originale si è massacrato a vicenda e la nave è tornata nel nostro sistema solare semisenziente. Perla della situazione: i membri del primo equipaggio, mentre si massacrano in maniera assurda, parlano latino. Americani del ventunesimo secolo che parlano latino, ovvio che accade perché dall’altra parte si parla latinorum, logico come il deficit neurale che si abbatte su chi ha decide di finanziare un film basato su questa sceneggiatura.
Alla fine ci sono dei superstiti e il dubbio, telefonatissimo, di un possibile secondo film. La buona notizia è che il seguito non si è mai concretizzato.

Cose buone dalla melma.
Da questo film discende un bel videogioco, Dead Space, che fin dalla cover cita il film con quel guanto di tuta spaziale che fluttua in assenza di gravità.

Voto finale: 03,00 / 10,00.

Note:
Lewis e Clark erano due esploratori del diciannovesimo secolo, noti per la vicenda della ricerca del passaggio a nord-ovest
Event horizon, orizzonte degli eventi, è la frontiera esterna della zona di influenza diretta di un buco nero (o singolarità). Il punto di non ritorno del pozzo gravitazionale che il buco nero genera.