Big Tech At War: Act 1, Scene 1.

This years started with a bang, and so much for all the hopes about 2021 as a better year than 2020.

You already know all about the riots in Washington DC; I bet that most of you are following the political downfall and the legal actions against the perpetrators. It looks like we have the start of the first war campaign made by the big tech companies, using Parler as the intended target.

Now, this is interesting for many different issues. This post of mine is intended to set some points together; I already know that there will be more to come. For a summary of all the related facts, I suggest reading this article (LINK). It’s from CNN, so you can drop all the bias against right-wing sources.

The first thing to be considered is the role of the app stores. Whatever your business is, you have to go through Google Play or Apple Store. The whole concept of gatekeepers was already discussed many times in the last ten years, so I will pass. Bear in mind that any app, no matter how successful, could be dropped (or suspended) from these stores any day.

BRITISH AIRSHIP PILOTS IN THE FIRST WORLD WAR (Q 67698) A British airman dropping a bomb. Copyright: © IWM. Original Source: http://www.iwm.org.uk/collections/item/object/205314988

The reaction of the Parler users has been defiant. You block the app? No problem, I will go thru a browser. Several tech-savvy posts about how to keep on your phone the Parler app are available, so a simple search will show you what to do. A word of warning, I haven’t tried any of such solutions (I’m not a Parler user), so be considered.

The second act of this little dirty war came later, with the decision from Amazon to zone out the Parler site from their AWS hosting service. For those who still don’t know, Amazon controls a huge share of the hosting market. They give a week’s notice, just the time needed for the news to circulate worldwide. So we have Google, Apple, and Amazon on the same side. Wow, it looks like overkill to me.

If you put yourself on the Parler side, business speaking, this is huge. The big players in the market just kick you out of the field, with many the media scene doing a standing ovation. I’ve lost count of the related posts on social media, not to mention hashtags and such. The message is quite clear: step out of the lines, you will be burned to the ground.

Now, I cannot predict the future. I know for sure many people will move to Parler and leave Twitter and Facebook for good. I also know a bigger number of good guys and gals who are ready to call for judiciary actions against Parler because it is “on the wrong side.” What I see here is another kind of polarization, with more fuel pumped on a fire that shows no signs of calming down.

Finally, we get another landmark. January 2021 will be marked as the start of internet-related corporate wars. Sorry, I’m not happy about that.

#PoweredByIndie and the need for freedom

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A few days ago I received a mail from Amazon Kindle Direct Publishing, a call for a celebration of the indie authors and their choice to use their platform to market books. Well, it’s a good idea. But not only for the sake of Amazon, it’s about something more.

You see, I know that there are a lot of differences between a full-time author and a part-time writer. I also know that being published in a traditional way could bring much more money to an author, not to mention that part of the potential audience that will not read the electronic-oriented book formats.

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A look at the charts

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Today I’ve decided to check out the lastest top ten in the Kindle’s Science Fiction & Fantasy chart, the basic idea is to understand a bit more about what’s trendy on the market and state a bit of facts about it. If you want to be a professional you have to understand the markets you’re in and what the most part of the public is reading. So buckle up your seat belts, we’re in for a ride!

Place #10 in the chart is for “Pennsylvania“, a novel by Michael Bunker for Refugio Publishing (here); this is the book description:

Young Amishman Jedidiah Troyer is now a traveler. He’s signed up for an emigration program that is colonizing the planet of New Pennsylvania. He just wants to start a farm and homestead on affordable land in a new Amish community. Space pioneering isn’t as easy as it sounds when you’re “plain.” Jedidiah and his new friend Dawn arrive on New Pennsylvania in the middle of a rebel uprising, and TRACE, the resistance group that is rising up against TRANSPORT, has taken on the mission of getting Jed from the City to the Amish Zone. Being a stranger in the old world doesn’t even compare to being a stranger in a new world… a world that is at war and where nothing is what it seems.

So we have: space colonization, rebel uprising, a bit of romance and a number of plot twist under way.  246 reviews for a 4.3 out of 5 stars average, just for 1.11 $ (Kindle Edition).

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Burn-out e cambiamenti a venire

Breve post di servizio, giusto per dar conto di cosa è in preparazione. Per prima cosa, sono in una fase di burn-out, a proposito di questo tema consiglio di visitare l’ottimo Strategie Evolutive a questa pagina. Come si reagisce a una fase di burn-out? Io lo faccio reagendo, ovvero cambiando / cancellando / creando cose diverse rispetto a quello che faccio di solito. Seconda cosa, sto rielaborando “Twenty Years After” per ripulire alcune cosucce e per preparare la versione in lingua inglese.

Questo blog passerà alla sola lingua inglese nel prossimo futuro, dopo le elezioni politiche di fine febbraio o al più entro la fine di marzo. Il vecchio materiale non verrà tradotto o cancellato, ci sarà semplicemente uno switch secco. Fino a quando sarà così? Non ne ho idea. Questo fa parte delle reazioni a cui accennavo prima. L’accento delle tematiche trattate scivolerà ancora di più verso geopolitica ed economia, senza risparmiarsi qualche excursus più umanistico.

Entrambe le versioni di “Twenty Years After” saranno a pagamento. Questa per me è un’altra frontiera da passare e farlo ora è meglio di aspettare ancora. Solo su Amazon, solo in formato mobi/AZW. Fin da ora ringrazio Mauro Longo per la consulenza data tramite il suo blog. Se tutto va bene entro l’anno arriverà un altro saggio, centrato sulla Turchia, sviluppato sullo stile dei post che avete già visto per i paesi ex-URSS. Narrativa? Al momento non rientra nei piani, nel senso che mi limiterò a un paio di apparizioni in progetti altrui e terrò gli occhi aperti per idee interessanti.

In questi anni un minimo di esperienza me la sono fatta ed è ora di metterla a sistema per produrre progetti migliori. Divertirsi va bene, farlo con raziocinio rende decisamente di più.

Coin-op blog

Negli ultimi giorni si è ragionato sul ruolo del blogger, usando come punto di partenza alcune dichiarazioni della neo direttrice dell’edizione italiana dell’Huffington Post (edito dal gruppo L’espresso). In pratica la nuova testa sta arruolando un numero consistente di blogger, alla fine saranno circa 600, per fornire i contenuti alla testata, il tutto senza retribuzione.

A far rumore il concetto espresso dalla direttrice, Lucia Annunziata, secondo la quale quanto scrivono i blogger non può essere giornalismo ma soltanto opinioni, ovvero (sempre secondo lei) materiale privo di un suo valore intrinseco. Da qui la scelta di non retribuire, in nessun modo, i blogger collaboratori della testata. Il tono delle parole dell’Annunziata è parso sprezzante a molti, me compreso, il che pare sottointendere un paragone tra giornalisti e blogger che è del tutto privo di senso.

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Soldi, carta e bit

Questo è un paese buffo, dove il concetto di passato sembra non riuscire ad attecchire. Ogni volta che si presenta un qualsiasi cambiamento sorgono le stesse resistenze, si esprimono gli stessi argomenti per combattere battaglie di retroguardia totalmente inutili, per lo più basate su preposizioni espresse come assiomi matematici che si vogliono essere indiscutibili.

E’ pienamente comprensibile esprimere dissenso o proporre alternative ma non sarebbe male farlo con qualche argomento logico o almeno dopo aver svolto il minimo sindacale di ricerca. Mi riferisco alla discussione assurda che dura da mesi sull’inesistente guerra tra libri in formato cartaceo versus ebook. Viene teorizzato uno scenario apocalittico che porterebbe alla scomparsa dei supporti cartacei, alla rovina di tutte le librerie, al crollo fragoroso dell’industria editoriale fino alla “sicura” scomparsa della cultura della parola scritta data la “nota” inaffidabilità dei supporti informatici.

La discussione parte quindi da uno scenario di povertà intellettuale sconfortante, probabilmente frutto di quell’istinto per la polemica che affligge gran parte dei nostri connazionali. Verrebbe anche da mettere in stretta relazione i fattori culturali noti, tipo lo scarso livello di istruzione riscontrato ai test rispetto alla media europea e il bassissimo livello di lettori forti certificato più volte dall’ISTAT, con questo continuo vociare sui social network e nella blogosfera.

Vediamo di dare uno sguardo al recente passato, esercizio utile quando si vuole fare analisi su cambiamenti che presentano forti similitudini. Qualche anno fa il mondo della musica commerciale si trovò ad affrontare il primo vero salto tecnologico, ovvero il diffondersi di supporti magnetici a fianco della tradizionale versione su vinile. Ho abbastanza anni da ricordare una serie di polemiche sulla purezza del suono, su come si perdesse una parte dell’esperienza artistica (!) con il passaggio sui compact disc e infine come il suono risultasse non riprodotto correttamento oltre i 20.000 Hz (frequenza peraltro non alla portata della stragrande maggioranza degli esseri umani). Ve lo ricordate?

Dietro queste diatribe c’era una guerra commerciale di grande portata con due multinazionali, Sony e Philips, impegnate a promuovere i propri prodotti per conquistare un mercato dal potenziale economico impressionante. Per chi non lo ricordasse alla fine vinse l’azienda giapponese con i rivali olandesi parzialmente compensati con la cessione e la gestione dei brevetti. Sempre in quegli anni ci fu il conflitto sui formati delle videocassette, VHS versus Betamax, che vide trionfare il formato tecnicamente peggiore per questioni del tutto commerciali.

In tempi più recenti è arrivata la seconda rivoluzione, quella del formato digitale. Nel pieno boom della Rete, la prima vera fase di espansione di internet, la comparsa dei formati alternativi al supporto fisico trovò un’industria del tutto impreparata e la totale inadeguatezza delle norme sui copyright e il commercio elettronico.  Il risultato finale, ormai lo possiamo vedere bene, è che l’industria è stata fortemente ridimensionata nel suo ruolo di gatekeeper del mercato, che gli artisti hanno acquistato un ruolo più importante nelle scelte commerciali e che il segmento retail (i negozi e le catene commerciali) ha pagato il prezzo più alto con la scomparsa di molti punti vendita. L’ultimo sviluppo ha dimostrato come una buona proposta su YouTube, se sostenuta via social network, sia in grado di affermarsi su scala globale scavalcando del tutto qualsiasi forma di intermediario tradizionale.

Si può affermare in sintesi che l’industria musicale dal 1982 al 2012 sia cambiata enormemente. Il mercato è rimasto, muove miliardi di dollari ogni giorno ed è diventato più accessibile. Nel frattempo le nicchie di mercato rimangono e godono di buona salute. C’è chi produce dischi di vinile e chi non ha nessun tipo di supporto fisico, accedono allo stesso mercato e prosperano senza danno alcuno per i clienti. Il pubblico è quello che ha tratto più vantaggio dal cambiamento; i lettori MP3 e i loro successori sono diffusi a basso costo in tutto il mondo e l’offerta per chi accede alla Rete è vastissima, spesso con un buon rapporto tra qualità e prezzo.

L’editoria ricorda da vicino la posizione dell’industria musicale del 1982. E fuori dai nostri angusti confini si sta già adattando da parecchi anni al salto tecnologico dal momento che non ci si può sottrarre a questo tipo di evoluzione.  Quello che cambia non è solo il mezzo che si usa per leggere ma un intero paradigma di mercato.  E’ in discussione il ruolo di gatekeeper degli editori, l’esistenza della filiera di distribuzione, il destino del segmento retail. Esattamente come per il settore della musica. L’affermarsi di player internazionali come Amazon sta costringendo le aziende italiane ad adeguarsi per rimanere presenti sul mercato, ad evolvere il loro modo di fare affari. E’ la stessa cosa, con qualche anno di ritardo.

Nessuno vuole eliminare i libri cartacei, così come nessuno voleva eliminare i dischi in vinile. Continueranno ad esistere, almeno fino a quando non smetteremo di utilizzare la carta per passare a qualcosa di altrettanto duttile (non esistono materiali del genere ad oggi ma c’è chi ci sta lavorando). Il vero problema è nelle abitudini di consumo e la storia recente ci insegna che è questione di pochi anni per avere la transizione che al di là delle Alpi è già avvenuta. Queste forme di resistenza culturale, peraltro immotivate, sono indice di rigidità mentale, di paura del nuovo.

Se davvero ci sono tutti questi difensori del libro-di-carta, come mai i dati dell’ISTAT ci mostrano un calo di lettori? Come mai le librerie sono quasi sempre deserte? Come mai ci sono così poche famiglie che hanno un numero decente di volumi in casa? Dove sono queste torme di appassionati quando vengono presentati i nuovi libri o quando si fanno eventi per promuovere la lettura?

Download ripristinato

All right, ho finito di migrare i miei archivi da Lulu.com verso Ubuntu One, sperando di sistemare il problema dei download del materiale gratuito almeno per qualche mese. Di conseguenza ho modificato i link nella pagina apposita, approfittando dell’occasione per togliere di torno materiale che secondo me ha esaurito il suo ciclo vitale.

Se, sottolineo se, riusciròa produrre altro materiale quest’anno almeno un tentativo su Smashwords lo farò, così come sto esplorando con la dovuta attenzione i servizi di Amazon. Oziosamente parlando, il primo che se ne viene fuori con un word processor ottimizzato per generare in output tutti i formati in uso nel mondo digitale rischia di ammazzare il mercato. Non sarebbe una cattiva idea, plug-in che con pochi comandi generano da un file .odt o .docx i vari PDF, epub, MOBI, ecc.

Cari editori guardiamo al futuro

Questo post è per le case editrici. No, non è il solito lamento. No, non è neppure una captatio benevolentiae per farmi pubblicare qualche schifezza a mia firma. Diciamo che oggi, su questo blog,  è la giornata dell’amichevole collaborazione.

Care Signore, cari Signori;

il mercato è cambiato. Purtroppo non nel senso di un allargamento della fascia dei consumatori, continua il triste primato italiano del più basso numero di lettori tra i paesi industrializzati. Al contrario, una delle conseguenze della crisi economica in corso è una contrazione dei consumi detti voluttuari tra i quali, orrore supremo, è compreso il libro.

In più è in atto un trend, in lento e costante aumento, che vede i vostri clienti migliori (i lettori forti) migrare verso l’acquisto dei formati elettronici e, peggio ancora, verso i testi in lingua straniera. Qualcuno addirittura migra verso le autoproduzioni ma sono ancora numeri minimi per dovervi prestare seriamente attenzione.

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Portatevi i pomodori

Siamo al crepuscolo degli dei e non c’è uno straccio di interprete che abbia studiato la parte. Il direttore d’orchestra si sta picchiando con il primo violino, il regista tira la parrucca allo sceneggiatore e gli attori giocano a tresette sul palco mentre il pubblico esce schifato dal teatro. Di cosa sto parlando? Dell’editoria italiana, giunta ormai alla fase della farsa.

Dopo aver fatto approvare una legge che limita gli sconti applicabili dai rivenditori in chiave anti Amazon, in teoria promulgata per difendere i piccoli librai, dopo aver teorizzato la descrescita felice come cambiamento dopo anni passati a inondare il mercato di titoli dementi, dopo aver affrontato il nuovo mercato degli e-book con uno sfoggio di protezionismo degno degli anni ’20… cosa mancava?

Ovvio, mancava il nuovo manifesto culturale. Prodotto ovviamente dai giovani, dalle nuove leve chiamate a togliere la polvere e il vecchiume imperante. Si fanno chiamare generazione TQ, sta per trenta-quaranta per indicare il range di età di chi vi si riconosce. Il manifesto è nato ieri e il movimento che l’ha prodotto si è già diviso un paio di volte, direi che le basi per un discorso epocale ci sono proprio tutte. Sembra di assitere al ritorno del New Italian Epic, altra idea bellissima di questi anni sciagurati.

Vediamo, quali sarebbero i problemi principali del settore? L’arrivo di Amazon in Italia? Direi di no, me ne vengono in mente alcuni, giusto due cosine per parlare di fronte al caffè.

Punto primo, in Italia si legge poco. Andarsi a leggere i rapporti ISTAT è un viaggio nell’orrore e rapportare le cifre con i nostri partner europei fa rabbrividire. Servirebbe investire nelle biblioteche e nelle scuole ma pare non sia molto interessante per le istituzioni e le case editrici.

Punto secondo, la rete di vendita è compromessa. I librai indipendenti sono in via d’estinzione, le catene monomarca sono spesso gestite da personale non qualificato, la grande distribuzione erode le quote di vendita dei best seller e la distribuzione è in mano a pochi operatori, peraltro controllati in parte o del tutto da case editrici.

Punto terzo, il commercio elettronico è stato ammazzato in culla. La strombazzata apertura di portali e i trust dei piccoli editori hanno portato pochi titoli sul mercato, mostrato una politica dei prezzi assurda e fatto capire chiaramente che le nostre case editrici non solo non sono pronte per fare discorsi seri sull’ediotoria elettronica ma stanno sperando si riveli una moda passeggera.

Punto quarto, il copyright e le sue evoluzioni. La lezione del mercato della musica evidentemente non è stata compresa, né a quanto pare le indicazioni dei mercati evoluti. La titolarità dei diritti per le edizioni elettroniche è tuttora oggetto di dibattito e di contrattazioni a parte in quasi tutto il mondo, qui si pensa di demandare a un ente non legislativo, l’AGCOM, di provvedere in maniera restrittiva.

Potrei aggiungere altro ma ho superatola soglia di attenzione del lettore medio da un pezzo. Vi lascio con una domanda retorica, giusto per il gusto di farlo: secondo voi Amazon troverà un modo per fare i suoi comodi in Italia malgrado questa legge?