Equilibrium (2002)
Scritto e diretto da Kurt Wimmer
Un mondo distopico, erede della Terra post terza guerra mondiale. Una città stato dalle linee severe che si oppone a un mondo esterno senza legge. Un governo autoritario che è riuscito a bandire le emozioni dalla popolazione con una nuova droga. Un leader che fa impallidire il ricordo del Grande Fratello orwelliano.
Caratteristiche del genere mi rendono un film irresistibile, se poi ci si mette anche l’estrema evoluzione del gun fu inventato da John Woo negli anni ’80 (gun kata, il kata della pistola) voi capite che un bullonaro come me si mette a sedere con tanto di birra e pop corn.
Il cast non è niente male. Christian Bale a reggere le sorti della narrazione, Sean Bean ed Emily Watson a dare mestiere e sostanza e caratteristi come Dominic Purcell e Angus Mcfadyen a fare il lavoro sporco. Vero che Bale qui non è il massimo dell’espressività (anche meno che in Batman, tanto per capirci), vero anche che il coprotagonista, Taye Diggs, non mi ha per nulla impressionato. Dato il film, una sorta di produzione di medio livello dall’incertissima distribuzione, non sono certo un insieme male assortito.
In pratica si gioca tutto sulla contrapposizione. Un governo autoritario, detto Tetragrammaton, retto da un capo misterioso ed onnipresente nella vita dei cittadini. Ai suoi ordini un gruppo di chierici (Grammaton Cleric nell’originale) che grazie al dominio dell’arte marziale Gun Kata sono in grado di superare qualsiasi avversario nei conflitti a fuoco. Lo scopo è reprimere le emozioni nella popolazione e distruggere qualsiasi materiale possa suscitarne. Al di fuori delle mura una landa desolata da cui proviene la maggior parte di questo materiale, introdotto da chi si sforza con ogni mezzo di resistere all’oppressione.
Girato tra Berlino e Roma per la maggior parte ha un feeling decisamente europeo, il che probabilmente spiega una parte del suo scarissimo successo in terra americana. Se andate a vedere sui database dedicati al cinema di solito viene stroncato senza pietà. La storia non è certo originalissima e visti i primi dieci-quindici minuti si può ragionevolmente prevederne lo svolgimento. Questo fattore però non pregiudica il poter apprezzare alcune sequenze molto ben riuscite d’azione e qualche momento più intenso, dove il regista riesce ad azzeccare buone inquadrature nei momenti più lenti del film.
Nel corso del film vengono più volte citate poesie di William Butler Yeats, degno contrappunto di una lotta per la libertà non solo fisica ma soprattutto volta a recuperare quel fattore emozionale che ci rende davvero umani. È una morale che cade con la delicatezza di una cassaforte dal decimo piano ma a volte si riescono ad apprezzare anche cose giocate così duramente.
Battuta del film (capitemi, sono un bullonaro):
“What, would you say, is the easiest way to get a weapon away from a Grammaton Cleric?”
“You ask him for it.”
Voto: 06,50 / 10,00.