Un passo avanti

C’è stato un tempo, per molti lontano, in cui i cittadini potevano rivolgersi alla Pubblica Amministrazione con il timore derivato dall’ignoranza.

Spesso i richiedenti non sapevano neppure leggere e scrivere o avevano un livello di scolarizzazione molto basso.

Per queste persone rivolgersi a un diplomato o a un laureato era entrare in un livello di comunicazione diverso e farsi strada in mezzo alla burocrazia diventava un’impresa degna del miglior Indiana Jones.

In tempi come quelli poteva anche essere giustificata una distanza, non meramente fisica, tra la PPAA e i cittadini. Non a caso il ceto medio o non esisteva o era ai suoi albori e la democrazia finiva per essere espressione di un certo numero di oligarchie, almeno secondo la mia opinione. La storiellina italica secondo la quale in un paese le persone importanti erano il prete, il sindaco, il dottore e il maresciallo dei Carabinieri ha delle radici solide, più estese di quello che si potrebbe pensare.

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Dove sono i politici?

Tra le cose che concorrono ad allontanare gli elettori dagli eletti, più in generale la popolazione (non necessariamente tenuta a votare) e la classe dirigente politica c’è anche la vigente legge elettorale che ha portato i parlamentari in carica ad essere selezionati dalle rispettive segreterie di partito e non più con il concorso delle preferenze popolari.
Questo ha causato anche il non sapere chi si è mandato a Roma, sciogliendo il patto tra elettori ed eletti che dovrebbe essere un pilastro della vita democratica. Sentiamo spesso dire che gli elettori dei paesi anglosassoni si rivolgono direttamente ai loro rappresentanti e che questi tengono a mantenere il rapporto con i cittadini per ovvie ragioni. Può accadere anche da noi.

Come trovare i vostri rappresentanti? Facile, guardate qui:

Senato

di default c’è la regione Piemonte, l’elenco sulla destra vi permette di selezionare la regione di vostro interesse. Per ogni senatore / senatrice c’è un profilo che ne presenta per sommi capi gli incarichi e l’appartenenza al gruppo parlamentare e l’indirizzo e-mail istituzionale, spesso c’è anche il sito personale.

Camera

Da questa pagina si accede, sul lato destro, a una serie di filtri che si possono applicare per selezionare i deputati di vostro interesse. In particolare selezionando per circoscrizione elettorale avrete il dettaglio di chi rappresenta il vostro territorio. Alcuni territori sono divisi in più circoscrizioni elettorali. Per ogni deputato dell’elenco che andrete a generare c’è una scheda riepilogativa simile a quella del Senato con la voce ‘scrivi’ per contattare il deputato prescelto.

Per entrambi i rami del Parlamento i siti sopra citati forniscono una serie notevole di informazioni, anche sotto il profilo storico. Sono sempre dati ufficiali, invito a tenere presente come questa fonte abbia maggiore autorevolezza rispetto alle tante approssimazioni che appaiono costantemente sui media.

A completare la cosa c’è anche il Parlamento Europeo, destinato ad essere un riferimento sempre più importante della vita pubblica nell’ambito dei 27 paesi che ne fanno parte.

All’indirizzo sopra riportato c’è la pagina di selezione da utilizzare per cercare i parlamentari di riferimento. Impostando ‘Italia’ nel campo paese avrete la selezione che vi interessa, suddivisa per macro zone. Ad ogni parlamentare corrisponde una pagina sintetica con l’elenco completo dei collaboratori, i mezzi per contattare e gli incarichi che ricopre.

Se, sottolineo se, vi interessa davvero farvi sentire dai senatori e dai deputati che avete contribuito ad eleggere adesso avete i mezzi necessari per farlo, giusto? Andrebbe anche tenuto presente il come farlo. Scaricare centinaia di mail piene di insulti vi farà anche sentire bene ma non contribuirà a farvi ascoltare o far prendere in considerazione i problemi che vi stanno più a cuore. In più provoca esposti presso la Polizia Postale e se pensate ancora che esista l’anonimato in Rete siete destinati a pessime sorprese.
Se volete rispetto, anche da chi non riscuote il vostro gradimento, offritene voi per primi. Se volete risposte serie fate domande circostanziate e precise. Molti parlamentari hanno uffici sul territorio e dedicano una giornata alla settimana ad incontrare persone del territorio di riferimento. Scoprite se le persone che contatterete hanno questa sensibilità e se lo ritenete necessario chiedete un appuntamento.
Provate, cosa avete da perdere?

Verso un modello diverso

Nota per i naviganti: per l’intero mese di ottobre 2011 tutti i post di questo blog riporteranno come prima parte queste righe per ricordare che è possibile votare per il concorso SF qui fino alle 23.59 del giorno 31 di questo mese. Modalità di voto e lista delle proposte sono contenuti nel post linkato.


‘LESS IS MORE’, uno dei pilastri dello stato autoritario immaginato da George Orwell nel suo romanzo 1984, sta trovando una inaspettata realizzazione negli anni di questa crisi economica. In pratica sta succedendo questo, le imprese hanno licenziato o pensionato una parte consistente della forza lavoro e stanno generando profitti con costi minori. Chi ancora è nei ranghi degli occupati ‘rende’ molto più di prima e il clima di tensione fa sì che anche il cumulo delle ore di malattia sia calato. Anche ferie e permessi subiscono una contrazione, figlia del minor potere d’acquisto e della maggior necessità di risparmiare.

La presenza in contemporanea di inflazione in crescita, minore occupazione, difficoltà di finanziamento nel circuito interbancario, alta volatilità di liquidità nei mercati azionari, deficit pubblici ai livelli di guardia e grandi manovre speculative ha creato una condizione generale che rende la crisi iniziata nel 2008 del tutto inedita. I paragoni con il 1929, con il 1937 o con altri scenari del passato sono interessanti ma del tutto fuori luogo, ci sono troppe differenze sia a livello tecnologico che di rapporti finanziari per poter usare un modello basato sul passato.

Agli USA del secolo scorso servì la conversione dell’economia al servizio delle esigenze del secondo conflitto mondiale per uscire dalla crisi economica, oggi sono gli sforzi sostenuti per due guerre catastrofiche ad aver causato lo sfondamento del bilancio federale americano. Allo stesso modo il ruolo stesso della valuta americana come moneta di scambio mondiale è stato messo in discussione dalla presenza dell’euro, dai rapporti contrastanti in Asia e in Medio Oriente e dal sistema di interscambio virtuale che ha reso superflua la moneta fisica. Le garanzie vengono fatte sulla presunta disponibilità dei futures, sul controllo esercitato su un paniere di materie prime, sui diritti di sfruttamento delle risorse.

Il ruolo della Cina è altrettanto inedito e estremamente pericoloso. La crescita economica non ha radici solide come si potrebbe presumere, i deficit degli enti locali hanno raggiunto cifre a nove zeri e qualsiasi preoccupazione in merito viene messa a tacere con insolita durezza. Allo stesso tempo la penetrazione degli operatori cinesi nel continente africano è tale da generare una vera e propria crisi di rigetto nei loro confronti e un’ondata di populismo antiasiatico che si sta riflettendo nella politica (vedi recenti elezioni in Zambia). È neocolonialismo quello cinese? Sono neocoloniali gli acquisti di terra fatti nel continente africano da Corea del Sud e paesi arabi (Kuwait, Arabia Saudita, Oman, vari emirati)?

Il ruolo degli stati è in declino da decenni a favore di soggetti economici privati o semi privati, gli stessi soggetti che hanno spinto i governi di ogni colore politico verso profili neoliberisti per avere sempre maggiore libertà d’azione. Sempre i cartelli economici sono i promotori di tutti quei prodotti, sempre più complessi, destinati a generare investimenti sempre meno sicuri e sempre più distanti dai fenomeni dell’economia reale (produzione e servizi). Rimettere in sesto le cose in direzione di mettere in prima linea le esigenze delle popolazioni non è socialismo / comunismo come viene sostenuto da soggetti come il Tea Party americano ma può rappresentare l’ultima possibilità di arrestare questa spirale discendente.

Pensare di poter portare l’attuale modello socio-economico alle estreme conseguenze citate in apertura, un numero limitato di lavoratori che dovrebbe sostenere contemporaneamente il funzionamento produttivo e i consumi da esso derivanti mentre una percentuale rilevante di popolazione diventa inattiva e di conseguenza finisce per distruggere qualsiasi sistema di welfare è oltre qualsiasi logica. Da qui la necessità di modificare il modello o meglio di superarlo con un progetto migliore. Ma quale? E come gestire la necessaria transizione senza generare ulteriori tensioni?

Già in molti paesi, anche in Europa, si assiste al ritorno di un populismo di bassissimo livello che fornisce risposte alla paura popolare tramite immagini autoritarie e politiche di repressione verso i diversi (Ungheria, tanto per non fare nomi, e le sue politiche verso le etnie Rom). Tuttavia mi risulta difficile pensare che la risposta a una crisi economica sia limitare l’accesso alla cultura, reprimere la libera informazione e favorire dei fenomeni fascisti. La storia ci ha mostrato come modelli del genere siano destinati al fallimento. La risposta politica, sociale e intellettuale credo debba andare nella direzione del coinvolgimento dei cittadini a tutti i livelli. Un esempio interessante arriva da alcuni piccoli comuni italiani che messi di fronte ai tagli di risorse hanno risolto alcune esigenze pratiche impegnando direttamente la popolazione (manutenzione del verde pubblico, piccole opere di mantenimento degli edifici scolastici), su scala più grande da segnalare come a Napoli una risposta al problema dell’immondizia nelle strade sia stato il formarsi spontaneo di gruppi di cittadini che hanno ripulito da soli zone rilevanti del territorio.

C’è voglia di impegno e di partecipazione. Lo si è visto con i referendum e con le recenti amministrative, è stato ribadito nella velocissima raccolta di firme pro referendum in materia elettorale. Il nuovo modello potrebbe essere questo, allargare grazie anche alla Rete il più possibile il numero delle persone coinvolte nelle attività pubbliche e mettere nelle loro mani almeno una parte delle responsabilità. Se la cittadinanza deve decidere tra aprire un nuovo asilo o costruire un parcheggio, se dare sgravi fiscali alle imprese di nuova costituzione o abbassare i ticket del servizio sanitario nazionale o mille altre cose si va a realizzare un tipo di democrazia allargata che punta verso la consapevolezza della cosa pubblica e non verso un verticismo perdente.

Civismo? Sì, grazie.

A quanto pare sta ripartendo il meccanismo, virtuoso, del civismo. La spinta dal basso per portare idee e istanze ai politici locali, coniugata con i mezzi della Rete, per accorciare le distanze tra i palazzi e i cittadini. Di cosa sto parlando? Dell’uso di Twitter e di gruppi mirati a comunicare con i sindaci, per esempio a Milano con Pisapia e a Cagliari con Zedda.

Almeno a parole pare che i destinatari gradiscano questo genere di contatto e l’utilizzo di un social network sicuramente può attirare anche chi di norma non frequenterebbe incontri pubblici tradizionali o sedi di partiti politici. È pur vero che ci si espone ai troll o ad altri tipi di maleducazione che rimangono però filtrabili e/o punibili nelle opportune sedi.

Tutto questo però presuppone un atteggiamento non accondiscendente verso i cittadini e il concetto di ricerca del dialogo, cosa spesso teorizzata e raramente applicata. Pochi comuni sono trasparenti sulla Rete malgrado fiori di disposizioni in merito e ancora meno propongono vere aperture verso il pubblico. Eppure è proprio dal livello più accessibile della funzione pubblica, quella appunto dei comuni, che si deve partire per cambiare le regole del gioco.

Pensate se fossero obbligatorie le primarie per tutti gli schieramenti politici, comprese le liste civiche. Oppure pensate a come sarebbe bello estendere il divieto di più di due mandati consecutivi anche al livello dei consiglieri comunali, degli assessori e dei vertici delle società controllate dalle amministrazioni pubbliche. Non sarebbero due segnali importanti? Specialmente in cui si rischia di passare dal rifiuto verso i partiti a un rifiuto totale della politica?

Ordalia di maggio

Ormai ci siamo, la prossima ordalia è alle porte. Il vaticinio della divinità stabilirà se il capo è ancora gradito alle potenze oscure o se sia destinato a crollare sotto i colpi dei suoi nemici. Pardon, stavo parlando di elezioni, quelle amministrative previste per il primo turno tra pochi giorni.

Come ogni scadenza anche questa questa è diventata una questione politica nazionale, il che dimostra quanto poco si dia rilievo alle istanze dei governi locali e quanto poco contino i fatti quando si arriva a dover mettere una crocetta sulla scheda elettorale.

Un sindaco andrebbe giudicato per quello che ha fatto. Sia rispetto alle promesse elettorali fatti alla tornata precedente, sia per come ha gestito le tante emergenze che ha dovuto affrontare nel suo mandato. Fatti. Non per la presenza al suo fianco in campagna elettorale del politico X, paracadutato da Roma per uno di quei giri di promozione che fanno impallidire al confronto le campagne commerciali.

È vero che quando si parla di Milano, Torino, Bologna e Trieste (non me ne vogliano i cittadini di altre città) si tratta di milioni di persone chiamati a votare e che ogni scelta ha un suo rilievo politico oltre che amministrativo. Trovo comunque idiota che politici nazionali si candidino come capolista per attrarre voti con il messaggio implicito di presa in giro dal momento che mai e poi mai entreranno a far parte del consiglio comunale o si occuperanno a livello quotidiano degli affari della città.

Poi ci si lamenta della disaffezione dei cittadini, del calo di affluenza dei votanti, di come sia difficile fare politica a tutti i livelli. Un fatto fondamentale riguarda proprio il voto. Dall’intero arco costituzionale dei partiti, da ogni movimento o lista civica il primo messaggio dovrebbe essere proprio questo: votare.

La sovranità popolare, tanto importante quanto spesso travisata, trova espressione legittima proprio nel voto. Nel voler partecipare alla vita pubblica indicando cosa si vuole alla classe dirigente. Se nel vostro comune si tengono le amministrative fatevi un favore, andate a votate. Va bene anche la scheda bianca, è interessante anche scrivere contumelie al posto del voto. Uscite di casa e andate a votare.

Fategli sapere che siete vivi. E che non vi va bene che non si curino di voi.