Sognatori e dura realtà

Verrebbe da chiedersi dove si trova il confine tra percezione e realtà. Esaminando la storia, a volte buffa, delle micronazioni attualmente esistenti mi sovviene una sorta di brivido grigio, quasi avessi individuato una crepa pericolosa nel tessuto del sociale come lo intendiamo di solito.

Da qui a pensare ai vari progetti di nuove nazioni, come il progetto del seasteading di cui vi ho già parlato, il passo è molto breve. C’è chi paragona questo tipo di progetti alle varie epoche dell’esplorazione, si parla dello spirito dei pionieri, del superare i modelli di politica / società esistenti in quanto fallaci sotto ogni punto di vista.

Le difficoltà tecniche vengono considerate appena, solo con considerazioni del tipo: OK, trasformare una nave merci in un habitat non costerà poi così tanto, con X milioni di dollari la si compra, altri Y milioni di refitting in un buon  cantiere e ci siamo. Cosucce tipo logistica, strutturazione interna, equilibri dei sistemi di bordo praticamente è come se non esistessero. Chiedere alle marine militari di tutto il mondo quale sia il livello di disciplina necessario a un equipaggio per una lunga permanenza? No, troppo facile.

Paragonarsi ai pionieri, il riferimento standard è al West americano, è bello. Anche romantico se vogliamo. Un pugno di coraggiosi che affronta nuove sfide e nuovi territori ogni giorno fino a creare con le proprie mani un futuro a loro dimensione. Il commento appropriato è: WOW. Peccato che a studiare un minimo sindacale di storia emerga un quadretto un filo meno confortante. Sfruttamento ambientale fino all’estinzione di alcune forme di vita, devastazioni causate dalle miniere, massacri a non finire ai danni delle popolazioni autoctone, varie forme di simil-schiavismo (avete presente i cinesi?).

Superare un modello sociale come quello dell’Occidente sembra una bella cosa, almeno fino a quando non ci si sofferma sui concetti di democrazia e diritti. In una qualsiasi neo società creata e finanziata per milioni di dollari da privati che diritti e doveri hanno i cittadini? Proporzionali allo stake holding? Il governo della comunità dovrebbe seguire quello tipico delle società per azioni? Se si propugna il modello della democrazia diretta (si vota su tutto e ogni persona è un voto) perché gli investitori iniziali dovrebbero accettare di mettersi sullo stesso piano dell’ultimo arrivato?

Sfuggono anche i vantaggi di sostenere un investimento del genere. La leva fiscale è già ampiamente disponibile in una serie di paesi, se si vuole perseguire qualche scopo criminale lo si può fare con spese minori in altre nazioni con notevoli vantaggi logistici, stessa cosa se si vuole uscire dalle regole della sperimentazione medica o simili. Si può essere praticamente impunibili dal punto di vista legale con pochi accorgimenti e con spese inferiori. Quindi perché il signor X e il signor Y dovrebbero tirare fuori soldi?

Temo che la risposta sia da cercare nella parola potere. Mi vengono in mente esperimenti sociali variamente problematici come i Davidiani o la setta del dottor Jones (con annesso massacro in Guyana). Chi vuole crederci tira fuori complotti di ogni genere e la sempiterna tesi del governo cattivo (nonché satanista, massonico, ebreo, socialista, nazista… scegliete voi un’etichetta, il catalogo è vasto) che reprime nel sangue il sognio di libertà eccetera eccetera. Altra tesi curiosa quella dell’anarchia (niente governo, polizia, moneta, ruoli sociali, religione) finalmente declinata in questi micro stati grazie al denaro ottenuto nel resto del mondo. Con l’assunto di fidarsi ciecamente di chi finanzia il progetto, dimenticando completamente la massima latina: Quis custodiet ipsos custodes?

Cattive abitudini

Ci sto ricascando. Dopo aver bloccato 21 (ventuno) progetti per dedicarmi a uno solo, quel Goliath che trovate referenziato con una pagina per conto suo in questo blog, sto ripartendo con altre idee che non c’entrano nulla.

Tutto per non scrivere. Il che non sarebbe neppure un male, di schiribacchini ce n’è d’avanzo. Il problema arriva con le idee che spingono nel mio encefalo per uscire, tutte quante urlando ‘prima io!’.

Posso sempre dare la colpa agli altri, sostenere che è per la loro cattiva compagnia che mi allontano dalla retta via che porta a concludere i progetti. Per esempio è colpa di Davide Mana se sto considerando seriamente di proporre un ‘agile libretto’ per il Lemuria Social Club ed è parimenti colpa di Alessandro Girola, suo degno compare, se per il mini saggio in questione ho ripescato trenta file dai miei hard disk.

Che dire poi di Enzo Milano? Quel brutto mannaro che non è altro ha scatenato una rivoluzione del 1848 nel mio povero e indifeso cervello con la sua revisione delle Cinque giornate di Milano. Diavolerie su diavolerie, davvero. Andrebbero spiegate, descritte, disegnate? E chi lo fa, eh?

Il travaso delle responsabilità, sport davvero molto in voga in Italia, può proseguire senza problemi. Dal mio hard disk principale mi guarda in cagnesco la seconda parte delle avventure della Stone Cold Company e lo farà fino a quando non lo finirò. E qui la colpa tocca a Germano, a Gianluca Santini, Massimo Mazzoni e a tutti gli altri che hanno scritto spin off del Survival Blog. Massa di carogne che non siete altro.

Poi c’è una novel scritta al 60%, unica superstite di otto stroncate senza pietà. Un racconto fantasy che è il seguito di ‘Riti di passaggio’, arrivato al 40% della prima stesura. Di chi è la colpa? Uhm… aspettate un momento. L’11 settembre? I cinesi? La crisi economica? I nazisti in agguato sulla faccia nascosta della Luna?

Sappiate comunque che ci deve essere un complotto da qualche parte. Non ho capito ai danni di chi.