Nota per i naviganti: fino a domenica 6 novembre ore 23:59 è possibile votare per lo spareggio tra i due logo arrivati a giocarsi la vittoria finale, il post dove votare è qui.
Mettetevi comodi, questo sarà un post lungo per i miei standard. Il punto di partenza è l’iniziativa di ieri di un cittadino toscano che si è comprato una pagina del Corriere della Sera per invitare tutti quelli che ne hanno la possibilità a sottoscrivere titoli di Stato per abbassare le tensioni sul nostro debito pubblico e le relative speculazioni.
Il link è questo:
A investire 20-22 mila euro per la pagina (da lunedì altri 20mila in titoli) è il signor Giuliano Melani. Di lui non so e non voglio sapere nulla ma per me questa iniziativa è l’uovo di Colombo, riportare la massa del debito italiano dentro i confini (come i giapponesi, tanto per fare un esempio) come negli anni ’60-’80. A favore della cosa anche due ragionamentini bassi-bassi, sul filo del cinismo; rendimenti così alti non se ne vedevano da decenni e in caso di default italiano non pensate che gli euro finiranno col valere più della carta su cui vengono stampati.
Non siamo ‘too big to fail’ come si diceva anni fa, siamo ‘too big to be rescued’. Per dirla in minimi termini se crolla l’economia italiana i 1900 miliardi di euro del nostro debito sono sufficienti a spazzare via l’Euro come moneta, trascinare a fondo in un gioco micidiale tutte le maggiori banche mondiali. Rischiamo una crisi decennale che farebbe strage di tutto quello che l’Europa ha conquistato dopo la seconda guerra mondiale.
Se vi servono informazioni sui titoli italiani, qui trovate un buon riassunto:
Molto in sintesi il taglio di acquisto minimo per tutte le tipologie è 1000 euro, le tasse sono sempre al 12,5%. L’acquisto può avvenire solo tramite intermediari autorizzati, in futuro pare si potrà acquistarli anche on line tramite le società di investimento.
Cosa c’entra Genova? O la Lunigiana, le Cinque Terre? Potrei anche nominare tutti i siti ove siano accaduti disastri negli ultimi anni, dal Veneto all’Umbria. Al di là dei fattori esogeni come le precipitazioni abnormi o i terremoti gran parte dei danni e di conseguenza delle vittime sono state causate da noi. Costruzioni edificate in luoghi inadatti, cementificazione dei letti dei fiumi, canalizzazioni assurde, abbandono dell’agricoltura, materiali scadenti usati per lucrare al massimo, totale assenza di controllo e il pensiero costante ai condoni. Cosa c’entra con l’investire? Il legame sono le persone, siamo noi.
Sappiamo benissimo chi ha costruito, chi ha autorizzato o ha voltato la testa dall’altra parte, chi ha teso le mani per ricevere le buste, chi ha messo a tacere le polemiche, chi ancora si ostina a negare l’evidenza delle sue responsabilità. Tutta gente come noi. Che abita nel palazzo di fianco, che incontriamo in giro, con cui siamo andati a scuola o allo stadio. Non possiamo più dire che non sono affari nostri, che non ci riguarda. Capito il collegamento?
E la democrazia? Che c’entra anche questa?
In questi giorni abbiamo assistito, tra il basito e il perplesso, alla proposizione e al successivo ritiro del referendum sugli aiuti europei dei greci. Lo ricordate? Per farlo ritirare è stato detto ai nostri vicini europei che non avrebbero più visto un euro degli aiuti promessi. Con le casse vuote e la sicurezza di non poter pagare gli stipendi di dicembre il governo greco ha ingoiato il rospo e tolto dal tavolo il referendum.
In sintesi l’autodeterminazione greca è stata cassata. Come era già successo in Ucraina, in Argentina o in Lituania, tanto per citare tre casi recenti. Come potrebbe succedere qui da noi se non ci diamo una mossa a toglierci di torno l’attuale esecutivo e tutti i personaggi da circo dell’orrore che lo popolano. L’indipendenza del nostro paese è sempre stata a rischio, basterebbe considerare la nostra inesistente politica estera dal 1948 ad ora. Ma mettere in gioco le pensioni o il futuro dei nostri ragazzi non può essere accettato. Qui sta il legame con il primo e il secondo tema, sempre sui cittadini. Sempre su di noi.
Questo è il paese dove per prima cosa si chiede: cui prodest? La seconda domanda di solito è: come faccio a mettermi qualcosa in tasca anche io?
Non penso che si possa cambiare improvvisamente o fare chissà quale miracolo di coscienza civile, ma l’emergenza si sta avvicinando a larghi passi e il tempo delle bugie è scaduto. Se vogliamo tenerci il nostro paese e sperare, tra anni, di poter di nuovo alzare la testa quando ci avventuriamo fuori dalle frontiere bisognerà che facciamo qualcosa.
Molti di noi non hanno grandi possibilità economiche, per essere chiari in parecchi facciamo fatica a tenere la testa fuori dall’acqua. Anche mille euro possono essere una soglia troppo alta da raggiungere. Il che non significa che ne siamo fuori, che non possiamo fare nulla. Possiamo comunque darci da fare. C’è l’associazionismo, per chi ci crede ci sono le organizzazioni politiche, le miriadi di progetti che consentono di dare una mano. Tutto è meglio rispetto al rimanere seduti come ebeti davanti alla televisione.