Ci vuole del coraggio

Ci vuole del coraggio. A manciate. Prendere un pezzo di storia risorgimentale, di solito presentato con un carico di retorica micidiale, per basarci un lavoro di sapore fantastico già non è banale. Filtrarlo in versione moderna come linguaggio e ritmo rasenta l’eresia. Inserire elementi steampunk porta dritti al plotone d’esecuzione, ovviamente con armi ad avancarica per l’occasione.

Per Enzo Milano tutto questo non è un problema. Anzi, è carburante per l’immaginazione, benzina per un trip a puntate giocato sui ritmi di un action moderno. Mostri sacri? Non pervenuti. Sacra storia patria? Niente che si debba lasciare sul piedistallo a prendere polvere. Le cinque giornate di Milano del 1848, quelle che trovate sui libri di storia, sono state un momento straordinario per l’Italia. La versione che leggerete a puntate è un omaggio fatto con un cuore grande come quello dei Martinitt di allora.

Mettetevi comodi, spegnete il telefono e staccatevi dalla Rete. State per salire su un ottovolante di prima classe e non sono ammesse distrazioni. Seguite i link nel blogroll e fatevi la corsa fino in fondo.

(In un certo senso ci sono anche io. Come light editor. Ho cercato di oppormi all’avanzare sferragliante e spietato delle storie di Enzo e ne sono stato travolto. Così imparo, mai mettersi davanti a un tank. Non quando si è privi di uno straccio di panzerfaust, devo ricordarmi di prenderne uno quando esco di casa alla mattina come fanno gli inglesi della City con l’ombrello.)

Editor e autoproduzioni

Da autore minimo quale sono devo confrontarmi con i miei limiti sotto ogni punto di vista. Non importa quanto possa essere accurato nel documentarmi, quanto tempo dedico alla ricerca o all’approfondimento. Nel momento in cui scelgo di scrivere, di mettere davanti a un pubblico una vicenda so benissimo di andare a sbattere a 200 km/h contro i miei limiti.

Niente di strano, credo che anche gli autori migliori abbiano dei lati oscuri. Non a caso esiste nell’editoria la figura dell’editor.

In pratica però mi trovo a fare i conti con un altro problema. I servizi di un editor professionista, giustamente, hanno un costo. Basso o alto che sia è al di fuori delle mie possibilità di spesa. Ergo, non posso permettermi di usufruire di questo genere di aiuto.

Personalmente distinguo tra due livelli di editing. Uno ‘leggero’ in cui occhi esterni scoprono nel testo tutti gli errori sintattici, grammaticali, lessicali e successivamente indicano i passaggi della trama in cui la vicenda risulta essere meno comprensibile. Il livello ‘pesante’ consiste nel mettere in discussione gli aspetti principali del testo. Come parlano i personaggi, la scansione della trama (plot), gli aspetti tecnici-politici-economici-sociali, il taglio narrativo…

L’autoproduzione implica una sorta di tacito patto tra scrittore e lettore. Io (scrittore) faccio del mio meglio per darti un prodotto scevro da difetti e curato in ogni suo aspetto, tu (lettore) acquisisci (o acquisti) il mio prodotto e mi fai sapere cosa ne pensi (in maniera diretta o tramite siti come Anobii).

Nel patto quindi deve essere compresa almeno una fase di editing esterno.

Chi scrive è troppo vicino al testo, lo ha sviluppato entro i suoi limiti e non è in grado di correggerli. Se non so usare correttamente il congiuntivo mentre scrivo, difficilmente me ne renderò conto nella fase di correzione.

Ho corretto diversi testi nel corso degli anni, rimanendo sempre sul livello leggero descritto in precedenza. Non vi dico, per decenza, come hanno reagito alcuni autori ai miei rilievi. Si va dall’insulto a suggerimenti fantasiosi su come utilizzare parti della mia anatomia. Devo dire in compenso che tutti loro hanno poi applicato quanto suggerito.

Per le mie produzioni ho a disposizione una risorsa fondamentale. La mia Signora. Se poi mi decidessi ad ascoltarla… 🙂