Uno a cinque

Nota per i naviganti: per l’intero mese di ottobre 2011 tutti i post di questo blog riporteranno come prima parte queste righe per ricordare che è possibile votare per il concorso SF qui fino alle 23.59 del giorno 31 di questo mese. Modalità di voto e lista delle proposte sono contenuti nel post linkato.

 

Uno a cinque. Forse addirittura uno a sette. Questi sono i rapporti ipotizzati tra la massa di denaro reale (uno) e quella virtuale (cinque o sette). Il che significa che il denaro considerato reale è quello che corrisponde ad attività produttive o di servizi mentre quello virtuale è generato dalle operazioni finanziarie.

Con una leva del genere non stupisce che questa crisi economica, generata dalle speculazioni finanziarie e dall’incapacità dei maggior governi di farvi fronte, sia la peggiore mai registrata nella storia del capitalismo.

Quello che colpisce delle manovre fin qui portate a termine nei vari paesi e nei piani suggeriti dagli enti sovranazionali come l’FMI o la WB è che si concentrano unicamente sui fattori del debito pubblico degli stati sovrani e sulle misure per incentivare la crescita produttiva. In altre parole se si abbassa il debito e si fa alzare il PIL va tutto bene.

Peccato che i due casi in cui c’è stata davvero una ripresa dopo un fallimento nazionale, sto parlando di Argentina e Islanda, si siano distinti per strategie che solo in parte hanno accolto le indicazioni dei guru dell’economia. In entrambi i casi sono stati ignorati o pesantemente sforbiciati i debiti contratti verso gli investitori stranieri, concentrandosi invece sul mantenere il più possibile alto il livello di occupazione interno. L’Argentina ha anche attuato una svolta protezionistica essendo un paese a vocazione industriale oltre che a poter contare su un buon settore agroalimentare.

Ora ci stiamo avviando verso un deficit controllato dello stato greco effettuando un ‘haircut’, un taglio del valore nominale dei titoli di stato. In pratica si dice ai possessori dei titoli che quello che hanno in mano vale solo una percentuale del valore originale, in questo caso si parla di un taglio del 50%. Peccato che un giochetto del genere funziona solo se l’ammontare totale dei titoli è basso, altrimenti il patrimonio delle banche che li hanno in portafoglio sprofonda e tocca salvarle. Visto che stiamo parlando delle maggiori banche tedesce e francesi è una montagna di denaro da sborsare.

Una strategia del genere è impossibile da approcciare per il debito italiano o quello spagnolo. Sono troppo grandi, lo scossone derivante da una mossa del genere manderebbe al creatore troppe banche tutte assieme. A costo di ripetermi suggerisco di nuovo di pensare al concetto di tagli graduali, se vogliamo fare gli economisti della domenica potremmo chiamare questa strategia ‘progressive haircut’. Suona bene?

Tagliare quindi. Un punto percentuale alla volta, magari cinque nel primo passaggio per dare subito una scossa. Decongestionare i bilanci delle banche un pezzetto dopo l’altro, dirottando di conseguenza gli investimenti in titoli di Stato verso altre direzioni. Ehi, ma così non si rifinanzia il debito! Dichiariamo fallimento! Panico-paura-terrore, qualcuno suoni l’allarme!

No, il debito dello Stato va davvero rifinanziato. Il nostro come quello greco, quello spagnolo, portoghese, francese, tedesco ecc. ecc. Con titoli nuovi. Mi venga la peronospera ferox ma per una volta ha ragione Tremonti. La risposta per i debiti sovrani europei sono davvero gli Eurobond. Emessi dalla BCE, sotto stretto controllo delle neonate autority comunitarie. Per essere chiarissimi, vuol dire cedere una parte rilevante della sovranità nazionale all’Europa.

Una cosa del genere è dirompente. Non è mai stata fatta prima. Un po’ come l’Euro. Ovvero come la cosa che per ora ha impedito il crollo totale dell’economia europea, sia per i paesi che vi hanno aderito che per quelli che sono rimasti fuori. Secondo voi ci sono le condizioni per farlo? Ricorderemo Draghi come il traghettatore delle economie europee?

Gli appelli ai paesi del BRICS (come inseriamo l’Indonesia nell’acronimo? BRICSI?) perché sottoscrivano quote significative dei debiti sovrani andrà inascoltato. Questa partita la vogliono giocare dentro l’FMI, in modo da ribaltarne gli equilibri di potere a loro favore. Ciò porterebbe l’Europa a un ruolo marginale, con le conseguenze immaginabili. Anche per questo il concetto di Eurobond non è da sottovalutare.

Stiamo per andare incontro a una transizione, una tappa dal potenziale sociale devastante. In ogni modo ci troveremo a cedere una parte rilevante della nostra sovranità nazionale, dobbiamo scegliere a che condizioni. Metterci solo nelle mani della Commissione europea come ci troviamo adesso, de facto il governo non sceglie cosa fare ma applica quanto viene ‘suggerito’, non ci consente alcun spazio di decisione e ci mette sullo stesso piano della Grecia.

Viceversa possiamo usare la massa abnorme di debito, 1900 miliardi di Euro, proprio come leva per andare verso una transizione più intelligente. In ogni caso la nostra autonomia è finita. Il ‘progressive haircut’ ci lascerebbe lo spazio necessario per difendere lo stato sociale e le garanzie contrattuali, sempre a condizione di ridurre gli oneri da evasione/elusione/corruzione. Là fuori c’è una massa di più di 250 miliardi di Euro che ogni anno viene in qualche modo sottratta allo Stato, è sufficiente ridurla per far svanire i problemi di oggi.

Idiozie di bilancio

Avrei voglia di tornare a parlare di economia in maniera costruttiva ma mi vedo costretto a una lunga premessa su come vengono attuate le manovre finanziarie in Italia e sull’incertezza del diritto. L’attuale governo ha presentato una serie di misure con un importo complessivo molto rilevante, momento decisivo per rispondere alle manovre speculative e alle pressioni dei nostri partner europei. Di per sé ritengo insensate alcune delle decisioni prese ma nel complesso i saldi vanno nella direzione richiesta anche se vengono raggiunti nella maniera sbagliata.

Questo passa per essere un governo gestito con piglio decisionista o autoritario. Peccato che ci si stia preparando alla solita, triste, squallida e acrimoniosa gestione parlamentare delle misure. Dove le decisioni rese pubbliche pochi giorni fa usciranno profondamente riviste, quasi sicuramente verso il peggio, per proteggere gli orticelli elettorali e/o i settori graditi alle lobby. Niente di nuovo, accade dagli anni ’50. Sempre alla faccia del concetto di trasparenza e sempre a distanze siderali dalla coerenza. La differenza tra prima e seconda repubblica passa per lo spessore di questi aggiustamenti e per il comportamento delle opposizioni.

Tremonti tra le altre cose è il padre dello scudo fiscale, versione light pro evasori. Chi ha fatto rientrare o riemergere capitali ha pagato un ridicolo 5% in cambio del perdono dello Stato e della messa in sicurezza futura da altri balzelli. Adesso viene proposto di tassare questi capitali in maniera aggiuntiva. In pratica prima lo Stato abdica dalle proprie prerogative per un piatto di lenticchie (in altri paesi la tassa di rientro era almeno del 20% e NON c’era certezza di condoni) e dopo si rimangia l’accordo. Il che apre le porte a una serie di contestazioni legali infinite. Personalmente sarei per la confisca totale dei beni per qualsiasi evasore che viene scoperto ma una volta stabilito un accordo lo Stato deve rispettarlo altrimenti svanisce la certezza del diritto e delle norme che regolamentano i rapporti tra Stato e cittadini.

Si sta blaterando di un aumento dell’IVA, misura che spingerebbe ancora di più verso l’elusione e che finirebbe per deprimere i consumi in una fase di contrazione. Possibile che la semplice equazione ‘aumento della domanda uguale a aumento della produzione’ non sia in grado di passare nel cervello della nostra classe dirigente? Altra brillante idea il taglio ulteriore di trasferimento di fondi dallo Stato agli enti locali, il che porta i comuni ad ulteriori problemi di bilancio e verso l’aumento delle imposte locali per sostenere l’attuale livello di servizi. Peccato che ai cittadini interessi quanto pagano di tasse e non la destinazione locale o nazionale dei balzelli. E la pressione fiscale si alza ulteriormente.

L’unico punto qualificante per un qualsiasi governo è attaccare su tutti i fronti i fenomeni dell’elusione e dell’evasione fiscale. La Banca d’Italia ha calcolato in 100 miliardi di euro il totale di fondi non emersi da chi ha già effettuato l’operazione di scudo fiscale ricordata prima. La Guardia di Finanza, solo quest’anno, ha rilevato più di 60 miliardi di tributi non pagati, per la maggior parte legati all’IVA. Cosa stiamo aspettando ancora? L’arrivo della Merkel con le panzerdivisionen? Sarkozy e la Legion Etrangere?

Stiamo assistendo ai prodromi di un ulteriore scontro sociale. Dipendenti / pensionati contro i titolari di partite IVA e i professionisti. Pensate davvero che ci si possa permettere una cosa del genere?