War against ISIS – the role of Saudi Arabia

At the last G20 Summit, Vladimir Putin declares a s follows: “I provided examples related to our data on the financing of Islamic State units by natural persons in various countries. The financing comes from 40 countries, as we established, including some G20 members.” At the same table there were seated the envoys from Saudi Arabia and Turkey.

Both countries have a difficult track record when it comes about terrorism, not to mention a number of high-profile representatives with direct ties with known terrorist and/or terrorist organizations. I was looking at a video about ISIS yesterday on YT and all of a sudden I remembered where I had seen similar black flags in the past. And the connection with the house of Saud became graphically clear.

Wahabi-ikhwan

See this people? They were bedouin raiders, the flags are from the Ikhwan organization.  What’s that? A creation of early days Wahhabi Ulama, back in 1913 (see here on Wikipedia) in order to convert potentially dangerous bedouin tribes into allies and muslims.

The parallel is quite tempting. Ikhwan militia was a real force back then, helping a lot the cause of the House Of Saud in its struggle to get control in the country that we now call Saudi Arabia. At the same time they were somewhat indisciplinate and scores of them became difficult to control, forcing the Saud ruler to crush’em in 1929.

The Ikhwan members were quite rigid in the application of the Wahhabi policies, including forced conversion of Shia muslims and enforce more control in the pilgrimage to the holy sites of Mecca and Medina. Since they want to be feared from their enemies, they applied a lot of gory practises like execution of male prisoners by cutting their throats. They opposed modernity like the introduction of gas, cars and telegraph – everything non-arab and not Wahhabi-like wasn’t welcome.

Nowadays, seeing similar flags in the Middle East and in other countries and listening to similar messages from ISIS makes me wonder. The House of Saud is actively looking for getting more and more influence all over the Persian Gulf area and the whole of the North Africa. The same for Middle East and the other islamic countries. That happened in decades of financing Wahhabi imam and radical movements all over, without even a single word of disapproval from the USA.

Back in the days Ikhwan turned against its creators and it took a while to get it under control (metaphor for “destroyed”) with the help of foreigners (mostly military advisors and personnel from UK). What will happen this time? Are the House of Saud rulers ready to discontinue their support for their black-clad allies?

Uscire dalle macerie

Cosa si fa quando crolla un modello socio-economico? Come si reagisce a un cambio di paradigma in grado di condizionare l’economia mondiale? A mia memoria, correggetemi se sbaglio, non è mai accaduto che un modello sistemico arrivasse ai suoi limiti come sta accadendo negli ultimi anni.

A partire dal 2008, con l’inizio della presente crisi economica mondiale, abbiamo visto sbriciolarsi tutte le certezze, i pochi capisaldi su cui si ancorano le convenzioni che regolano i mercati internazionali. Se poteva essere prevedibile un downgrade del rating sul debito americano dato l’enorme deficit e il costo di due guerre disastrose, se si poteva indicare all’interno dell’area euro un insieme di paesi deboli per ragioni strutturali e infine se poteva essere messa in conto una maggiore instabilità politica nell’area del Medio Oriente, nessuno comunque aveva previsto uno scenario in cui si verificassero tutte queste cose contemporaneamente. Per tacere del Giappone, colpito al cuore dal disastro combinato di un terremoto, di uno tsunami e della contaminazione nucleare.

Per essere chiari, se il sistema euro crolla tutto quello che abbiamo visto fino ad ora della crisi economica diventerà una sorta di antipasto. Non esistono aree economiche che possano dirsi al sicuro da un impatto del genere. Se l’euro svanisce il sistema di interscambio commerciale e valutario di questo pianeta salta per aria data l’importanza che ha assunto questa valuta e il peso delle economie che vi si riconoscono.

I metodi tradizionali applicati dalla BCE, le misure contenute nei programmi dell’FMI o le teorie degli economisti si stanno dimostrando non in grado di far fronte alla crisi e pensare di scaricare tutto il peso del fallimento sulle classi meno abbienti ha effetti devastanti sul quadro sociale.  A differenza degli anni ’70 del secolo scorso questa volta non ci saranno i partiti di sinistra e/o i sindacati a contenere lo scontento popolare, potremmo assistere a veri e propri crolli istituzionali in mezza Europa. C’è qualcuno che pensa di poterselo permettere?

L’unica leva utilizzabile è quella del debito pubblico. Non però nel senso di espandere i deficit senza controllo o di ammettere indiscriminatamente i default nazionali. Significherebbe distruggere il sistema bancario, altra cosa che non possiamo permetterci. Come già esposto nell’articolo precedente si può decidere di abbassare in maniera concorde questa massa di denaro virtuale alleggerendo la pressione che insiste sui bilanci nazionali senza depauperare in maniera insostenibile le banche che possiedono la gran parte di questi titoli.

Tagliare una quota del 5% conviene a tutti. Anche ai paesi più virtuosi. L’alternativa tra cui scegliere è tra avere una montagna di crediti inesigibili e una massa sempre molto grande di denaro concreto. Ci vorrebbe un accordo internazionale, una seconda Bretton Woods, per mettere a confronto le banche centrali dei paesi parte del G20 (le sole in grado di agire in maniera incisiva).

Meno debito uguale meno interessi. Meno debito uguale meno emissioni di titoli. Meno debito uguale fare abbassare il ricorso ai CDS. Meno debito uguale tagliare gli artigli agli speculatori.

Siamo al momento delle proposte e non a quello dei lamenti. Questo potrebbe essere un uovo di Colombo in grado di riportare la gestione dell’economia entro binari accettabili.