La voce di Unicredit

Per questo post parto dall’intervista di Federico Ghizzoni, AD di Unicredit, pubblicata da “Affari&Finanza” del 14.01.2013 in un articolo a firma di Marco Panara. Il contesto dell’articolo è un’analisi sulle prospettive del 2013 da un punto di vista particolare, ovvero nelle scelte e negli orientamenti di una banca di grandi dimensioni che guarda sia al mercato italiano che a una serie di mercati europei ed extraeuropei.

In più va fatto rilevare come Ghizzoni sia definibile come “uomo di sistema” data la somma delle sue esperienze nel comparto bancario e la rete di conoscenze di cui dispone nel sistema capitalistico (non solo italiano). Ho scelto alcuni brani che considero significativi, a margine le mie considerazioni.

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La struttura industriale italiana sta cambiando. Tra le medie e grandi imprese ce ne sono alcune in difficoltà che potrebbero scomparire ma ce ne sono altre che potrebbero comprare. Chi esporta, ha tecnologie e modelli di business avanzati ha la possibilità di crescere facendo acquisizioni a prezzi prima impensabili. Alla fine di questo processo avremo più imprese di maggiore dimensione.

Unicredit ha nella sua vocazione anche l’intermediazione, i ruoli da advisor nelle fusioni e nei takeover. Essendo coinvolta nel capitale di alcune aziende e essendo creditrice di molte altre ha tutto l’interesse a ridurre la sua esposizione e a favorire fusioni o incorporazioni per risolvere tante situazioni a rischio che potrebbero scoppiarle in mano nel 2013. Discorsi simili li stanno facendo anche in Intesa San Paolo che ha gli stessi identici problemi da risolvere.

(in risposta a: Cosa ha messo in moto questo processo?)

La crisi ovviamente, e la selettività del credito. Le banche non possono più supportare tutti, devono scegliere e quindi i più deboli sono destinati a sparire. L’effetto si vede anche sulle catene di controllo: dovendo scegliere le banche tendono a finanziare la parte industriale. E’ una correzione positiva, le catene di controllo troppo lunghe aumentano il costo del rischio.

Qui si rafforza il concetto di prima, ovvero una selezione guidata verso un futuro con meno aziende con i conti in disordine ottenuta con la spinta del credito. Niente di nuovo, lo si fa dai tempi di Cuccia, ma qui l’accento diventa più chiaro spostandosi verso le interminabili filiere di società scatola che finiscono per diluire le capacità di controllo e rendono scivoloso il controllo delle società stesse. Unicredit non vuole rivedere i tempi di Colaninno in Telecom e gradisce poco il caos in Pirelli. L’avviso è chiarissimo.

(in risposta a: Come state affrontando l’eccesso di impieghi rispetto alla raccolta che è la croce del sistema bancario italiano)

[omissis] Nel 2013 continueremo su questa strada agendo su imprese di fasce dimensionali più basse grazie anche alle nuove regole che consentono i minibond e i project bond. E’ un processo virtuoso, in Italia le imprese dipendono dal credito bancario per l’85 per cento delle loro attività, è troppo. Dobbiamo spingere quelle che possono sul mercato dei capitali per avere lo spazio per dare credito alle più piccole che a quel mercato non possono accedere. E dobbiamo aumentare la pressione per aumentino il capitale proprio, che alza il rating e riduce il costo del credito. Oggi investire in azienda è più conveniente che in passato”.

Qui il discorso rivolto alle aziende è ai livelli di un ceffone. In sostanza viene detto che Unicredit non intende svolgere sempre e solo il ruolo di finanziatore e lucrare sugli interessi ma punta a svolgere il ruolo di service finanziario, sia fungendo da canale per la raccolta fondi che come advisor per chi può collocarsi in Borsa. L’aumentare la pressione per far aumentare il capitale delle imprese è un ennesimo avviso, non tanto sottile, ai tanti imprenditori che in questi anni hanno pensato solo a intascare dividendi senza mettere un euro di denaro fresco in azienda. Unicredit punta a ridurre le sofferenze e a liberarsi di almeno una parte di quelle pratiche che considera più a rischio, il core business è essere una banca di sistema e non un bancomat come ai tempi di Capitalia gestione Geronzi. I servizi ad alto valore aggiunto pagano bene, pagano subito e consentono di avere una struttura ridotta in termini di personale. Il modello di riferimento diventa Morgan Stanley e non l’essere una rete di banche più o meno grandi.

Le nubi nel gruppo Espresso

Ieri sulle pagine de “La Repubblica” (pag.29, taglio basso a sx) ho trovato un comunicato firmato dal coordinamento dei comitati di redazione del gruppo (ovvero di tutti i CdR delle varie testate) che fotografa una situazione decisamente contradditoria. Mi spiego, seguendo le notizie economiche, nello specifico quelle legate al gruppo in questione, ci sono praticamente solo segnali positivi. Ricavi, raccolta pubblicitaria, ROE, MOL, tutto sopra i livelli medi del settore con qualche punta di eccellenza. In più, volendo guardare alla diffusione, il quotidiano è cresciuto molto in questi anni e testate storiche come L’espresso mantengono molto bene la propria posizione. Del gruppo fanno parte molte testate locali, riviste, un sito/portale che  tra i più visistati d’Italia, un certo numero di emittenti radio e TV. In teoria, malgrado la crisi, le cose dovrebbero andare benino.

Leggete questo:

Il coordinamento dei CdR Espresso, Repubblica, Finegil e Elemedia esprime forte preoccupazione per le ulteriori riduzioni giornalistiche nel Gruppo. E’ stato dichiarato lo stato di crisi anche al settimanale L’espresso, testata storica e marchio editoriale, che si aggiunge a quello appena attuato per l’Agl. Oggi (venerdì 23 u.s.) L’espresso non sarà in edicola in segno di protesta cntro il pesante programma di tagli annunciato dall’azienda in assenza di un piano editoriale.  Con questa azione i redattori dell’Espresso intendono tutelare il patrimonio di una testata che in questi anni ha continuato a distinguersi per le sue battaglie civili, le sue inchieste e la sua indipendenza da qualsiasi centro di potere. I tagli all’organico, nonostante un bilancio di gruppo in utile anche per il 2012, mettono a rischio il livello dell’informazione fino ad oggi garantito con autorevolezza sin dal suo primo numero, il 2 ottobre del 1955. Siamo di fronte all’ennesimo sacrificio richiesto alle redazioni dopo i ridimensionamenti a Radio Capital, al Piccolo di Trieste (che ha proclamato una nuova giornata di sciopero per il primo dicembre e dove è stato presentato anche un piano per la riduzione delle pagine e l’ampliamento dell’offerta su internet) a Bolzano – Trento, al Messaggero Veneto, nei Quotidiani veneti e confermato anche dalla cessazione dei contratti a termine alla Provincia Pavese, dalla chiusura della testata Velvet e, infine, dall’incertezza delle relazioni sindacali a La Nuova Sardegna. Ai colleghi va la solidareità di tutti i CdR del Coordinamento, che ribadiscono la necessità e l’urgenza di un piano di sviluppo editoriale che non prescindendo dalla valorizzazione del primo patrimonio aziendale: i giornalisti. Per questa ragione si rinnova la richiesta di un incontro urgente dei CdR del Coordinamento Gruppo Espresso e della Fnsi con i vertici aziendali che possa rilanciare il dialogo e abbia come primo obiettivo il consolidamento delle testate e la definizione di un progetto strategico con regole condivise sulla multimedialità. Il Coordinamento dei CdR chiede altresì al Governo di non avallare stati di crisi in gruppi editoriali in attivo intervenendo in questo senso sul decreto Sacconi dell’8 ottobre 2009

(a firma de) Il Coordinamento dei CdR Espresso-Repubblica-Finegil-Elemedia

Poco tempo fa Carlo De Benedetti (presidente del gruppo) aveva rilasciato diverse dichiarazioni critiche per la cattiva gestione di questa crisi da parte di personaggi come Sergio Marchionne (AD, FIAT), a proposito di come fosse importante difendere il ruolo dei dipendenti, di quanto fosse importante investire per l’innovazione e la formazione. Se non ricordo male è uscito da poco un saggio sull’argomento. Se si tengono in considerazione i bilanci e la tipologia specifica di queste imprese come si spiega quanto contenuto nel comunicato che avete appena letto?