Livorno, la piuma e l’elefante (5)

Nota di servizio: a causa di una serie di problemi che si stanno verificando a Livorno e dei conseguenti contrasti tra cittadinanza e PPAA la normale programmazione di questo blog viene sospesa a favore di una serie di articoli a tema.

Una lamentela comune ai nostri politici locali è che Livorno è diventata la città dei comitati, che non si possa fare qualcosa senza che un gruppo di cittadini costituisca appunto un comitato per opporsi del tutto o in parte a quanto vuole fare il comune. Lo stesso tipo di osservazione miope è stata fatta anche al comitato sorto per questa vicenda.

Evidentemente a chi amministra la città pare strano che i cittadini rifiutino di accettare le decisioni prese in sede comunale o che addirittura si voglia entrare nel merito delle questioni. Non parliamo poi del presentare esposti presso le autorità o farsi notare sui media locali. Abbiamo toccato con mano questo strambo senso di incredulità di tanti dirigenti comunali, consiglieri o assessori, sorpresi e quasi offesi dall’essere contrastati nel loro agire da un gruppo di cittadini “qualsiasi”. E’ quello di cui parlavo quando accennavo alla visione feudale del potere locale che ha finito con il permeare l’amministrazione di questa città.

Non riescono a capire un fatto semplicissimo, ovvero che la popolazione è stanca di essere vessata da decisioni contrarie a ogni pratica di buon senso. A un cittadino normale non interessa perdere tempo a fare riunioni, non ha voglia di pagare un avvocato o di passare una parte consistente del proprio tempo libero a ricostruire leggi e norme. Il rapporto fiduciario tra elettori ed eletti a Livorno è saltato da un pezzo, proprio per il comportamento di chi ha scelto di non rispettare il proprio programma elettorale. Nel momento in cui le istituzioni locali non rispettano i diritti dei cittadini è una mossa di autodifesa reagire e costituire un’entità legale come un comitato è la strada maestra per chi voglia agire nel pieno rispetto delle leggi.

Questo ultimo periodo ci sta mostrando in maniera impietosa la fragilità del sistema di potere costituito sotto le due amministrazioni a guida Cosimi. Con il 2013 che incombe, portatore di elezioni sia a livello nazionale che a livello locale, l’attuale sindaco sta probabilmente valutando come gestire il suo passaggio a Roma (così si mormora, sponda Senato) e contemporanemente la sua successione,  partite rese complicate dal traballare della gestione economica. Già in due circoscrizioni, in teoria “sicure”, sono saltati gli equilibri per l’approvazione del bilancio, il che è un gran brutto segno per la discussione di quello comunale.

Tira aria di resa dei conti tra le componenti/correnti del PD locale, di accordi da prendere per gli equilibri interni del partito e i programmi da presentare all’elettorato. Cose impensabili fino a pochi mesi fa, quando la presa del sindaco sul partito sembrava davvero solida. Il fatto è che davvero anche la vicenda della statalizzazione di tre scuole può rappresentare la piuma che spezza la schiena all’elefante, anche una partita contabile da poche centinaia di migliaia di Euro può rovinare i conti a chi pensava a ripartire a proprio vantaggio le risorse a disposizione. E’ bastato un piccolo provvedimento a portare alla luce un’intera rete di rapporti poco chiari, a rendere palese l’inadeguatezza di una serie di personaggi all’interno della pubblica amministrazione.

L’impressione finale che si può ricavare dell’attuale amministrazione comunale credo sia sotto gli occhi di tutti, con tutte le conseguenze del caso. Attendiamo ora gli sviluppi di questa vicenda, pronti a percorrere tutte le strade legali previste dal nostro ordinamento.

 

(fine, per ora)

Livorno, la piuma e l’elefante (4)

Nota di servizio: a causa di una serie di problemi che si stanno verificando a Livorno e dei conseguenti contrasti tra cittadinanza e PPAA la normale programmazione di questo blog viene sospesa a favore di una serie di articoli a tema.

Vorrei far capire a chi non conosce la vicenda che tipo di differenza passa tra avere in una scuola le insegnanti comunali rispetto alle statali. Attenzione, non è un discorso riferito alla singola insegnante dell’uno o dell’altro tipo ma un ragionamento più generico. E’ vero che si fa sempre riferimento ai programmi stabiliti dal ministero per l’insegnamento e che hanno le stesse responsabilità verso i bambini ma ci sono cambiamenti di cui tenere conto.

Per come sono stati stabiliti gli orari di servizio ci sono meno ore a disposizione per l’assistenza ai bambini disabili, si passa da una maestra a tempo pieno a 6/12 ore alla settimana. Non è una cosa da poco, specialmente quando gli alunni sono così piccoli. Inoltre la compresenza, ovvero gli orari in cui tutte le insegnanti di una classe sono con i bambini si riduce al solo orario di mensa. In sostanza, meno ore di lavoro con i nostri figli nell’arco dell’anno. Da quello che ho appreso parlando con le dirette interessate, dell’uno e dell’altro settore, c’è una differenza sensibile anche per il livello di aggiornamento professionale ovvero le educatrici comunali sono mediamente più aggiornate delle colleghe statali.

La questione insegnanti ha anche un altro aspetto, da considerare con grande attenzione. Da anni, almeno dal 2007, vengono utilizzate insegnanti dette “somministrate” cioè fornite tramite un’agenzia di lavoro temporaneo per le sostituzioni di breve termine per periodi pari all’intero anno scolastico. In pratica queste insegnanti prestano servizio oltre il massimo consentito per le sostituzioni, assumendo quindi le funzioni e i compiti di insegnanti di ruolo senza averne i benefici. Tutto questo è illegale. Ed è avvenuto con la piena consapevolezza della cosa da parte del comune e dei sindacati.

Il rischio concreto di un’ispezione ministeriale, con tutto quello che ne può conseguire, ha messo pressione sul comune fino a far decidere di statalizzare le tre scuole materne per sistemare i problemi di personale che avevano fin qui “risolto” con l’utilizzo delle somministrate. E’ un gioco delle tre tavolette, si prendono le insegnanti delle tre scuole destinate ad essere statalizzate, le si mette al posto delle somministrate che avevano a loro volta coperto i buchi dovuti ai pensionamenti e si mettono insegnanti statali, pagate dal comune, al posto di quelle spostate. Bel giochino, eh?

Ultima considerazione, giusto per far capire il livello di marasma. Dalle graduatorie delle statali, da cui sarebbero prelevate le insegnanti da mettere nelle tre scuole statalizzate, dovrebbe arrivare personale giovane e poco esperto. Impensabile dar loro in mano tre scuole, giusto? Quindi per poter ovviare al problema si andrebbero a trasferire altre insegnanti più esperte da altre scuole per assicurare un mix tra differenti anzianità di servizio. Il che comporta andare a sconvolgere la continuità di rapporto con i bambini anche in altre scuole.  In pratica, un pasticcio dall’inizio alla fine.

Come si potrebbe risolvere il problema? Nella pianta organica del comune, settore scuola, ci sono posti vacanti e ancora di più ce ne saranno in futuro per i pensionamenti. La risposta logica è assumere nuove insegnanti, se necessario a tempo determinato. Questa tesi è avversata dall’assessore Roncaglia, secondo la quale i vincoli imposti dal patto di stabilità alle amministrazioni comunali impediscono di rimpiazzare tutto il personale in uscita. Peccato che il patto di stabilità di riferisca a tutti i dipendenti delle amministrazioni, non solo alla scuola. Quindi si tratta di fare delle scelte, compito proprio della politica.

Va anche raccontato, già che ci siamo, che è stato deciso di indire un concorso per assumere due dirigenti proprio nel settore scolastico. Quindi per non assumere insegnanti si invoca il patto di stabilità o in alternativa si sostiene di non avere soldi, per avere nuovi dirigenti i soldi misteriosamente ci sono. Ricordo anche che le insegnanti statali per le tre scuole materne verrebbero sempre pagate dal comune. Non vi sembra che ci siano un po’ troppe contraddizioni?

Chiudo questa parte del discorso con un appunto; per fare tutte queste cose devono esserci degli atti amministrativi, ovvero dei documenti pubblici in cui il comune autorizza le spese e i vari uffici competenti avvallano i trasferimenti. Quando il comitato, per tramite del suo legale, ha chiesto di poter accedere a queste carte non è stato possibile. E’ stata fornito solo il documento, che non è una delibera di Giunta, ma una generica “proposta che la Giunta dimostra di apprezzare” (test.) accompagnata da poche righe di rapporto piuttosto generiche. Il resto? Non si sa, il comune non ha risposto. Come mai?

(continua)

Livorno, la piuma e l’elefante (3)

Nota di servizio: a causa di una serie di problemi che si stanno verificando a Livorno e dei conseguenti contrasti tra cittadinanza e PPAA la normale programmazione di questo blog viene sospesa a favore di una serie di articoli a tema.

Proseguiamo con il racconto di questa storia poco edificante, abbiate la pazienza di seguire come si è sviluppata la cosa. Questo è uno di quesi casi in cui il “come” è importante dal momento che fornisce una rappresentazione precisa di come viene visto il rapporto comune-cittadini.

In una data imprecisata viene decisa dal comune la statalizzazione di tre scuole materne. Ovvero la sostituzione a partire dal prossimo anno scolastico di tutte le maestre comunali con altrettante maestre provenienti dal settore statale. Il resto della gestione, come già detto, rimane a carico dell’amministrazione comunale. Compresa la retribuzione delle insegnanti statali. Con quale criterio siano state scelte le tre scuole rimane un mistero.

Da quello che ho potuto capire i sindacati erano informati della cosa, prima che questa venisse notificata alle famiglie. Lo stesso vale per il personale delle scuole oggetto di statalizzazione, insegnanti a cui è stato fatto capire (sempre secondo chi mi ha informato) che diffondere la notizia prima del dovuto avrebbe portato a severe sanzioni disciplinari (si può arrivare fino al licenziamento).

Già quindi ci sarebbe da dire molto. Sul ruolo dei sindacati, su come i rappresentanti dei sindacati stessi si rapportano con gli iscritti, su come i ruoli direttivi dell’amministrazione non si facciano scrupolo di fare pressione sul personale docente, su come il ruolo delle educatrici sia considerato zero in raffronto alle questioni amministrative. Al momento vi risparmierò la descrizione spicciola di chi, funzionario della PPAA, sceglie di rapportarsi da valvassino con le docenti.

Immaginate quindi la reazione delle famiglie, una volta appresa la notizia. Dopo una prima fase di smarrimento, la decisione di reagire con ogni mezzo disponibile a un provvedimento che appare a dir poco sbagliato. Vedete, la questione non solo sembra poco chiara ma fin dall’inizio ha dato l’impressione di nascondere altro. Già le prime reazioni dell’assessore interessato al provvedimento, Carla Roncaglia, erano improntate a un nervosismo eccessivo, a un misto di fastidio e irritazione che mal si addicono a chi ricopre incarichi di rilievo in una giunta comunale.

Se pur si può scusare un episodio di nervosismo, diventa però difficile capire come mai lo stesso assessore si  sia affrettata in seguito a sminuire la reazione dei genitori, facendo capire chiaramente come si trattasse secondo lei di una reazione scomposta di una minoranza che non aveva capito come l’azione del comune non danneggiasse minimamente i bambini e mettendo in evidenza il concetto di continuità didattica tra programmi scolastici in uso  presso le scuole comunali e quelle statali.

(continua)

Livorno, la piuma e l’elefante (2)

Nota di servizio: a causa di una serie di problemi che si stanno verificando a Livorno e dei conseguenti contrasti tra cittadinanza e PPAA la normale programmazione di questo blog viene sospesa a favore di una serie di articoli a tema.

A Livorno il sistema scolastico comunale funziona abbastanza bene, decisamente meglio della sua controparte statale. Questo non è un mero parere personale ma quanto deriva dalle esperienze di tante famiglie con cui mi sono confrontato in questi anni. Il concetto base è: fare di tutto per riuscire a mandare i propri figli in una struttura comunale e solo quando non ci si riesce passare alle statali. Con questo non voglio affermare che le scuole statali siano da buttare o simili, stiamo parlando di livelli medi di funzionamento e di come vengano percepite dalle famiglie.

Tanto per essere chiari fino in fondo, sono a conoscenza di casi in cui non ci si avvale di una scuola statale che si ha praticamente sotto casa, preferendo invece andare dall’altro capo della città per utilizzare una scuola comunale. Chiunque abbia dei figli capisce che si fanno scelte del genere ci devono essere motivazioni solide. Se le scuole comunali hanno questa buona reputazione è principalmente frutto del livello delle insegnanti, la maggior parte delle quali vanta solide esperienze.

Dato quanto sopra, penso sia immediatamente comprensibile che sentire parlare di “statalizzazione” delle scuole comunali sia un argomento di grande impatto per le famiglie interessate e più in generale, rappresenti un pessimo segno per la città nel suo complesso. Sul settore erano stati fatti investimenti negli anni precedenti, c’era una politica volta ad aumentare i posti disponibili negli asili e per elevare il livello di qualità dell’intero comparto tenendo presente le migliori esperienze nazionali.

Il concetto di statalizzazione va in direzione opposta a quanto fatto fino a pochi anni fa, equivale a dire alla cittadinanza che il comune non ritiene strategico investire nell’educazione. Tra l’altro il concetto di passaggio allo Stato è perlomeno peculiare.  Nel senso che non si passa l’intera scuola (o le scuole) sotto la gestione statale. Gli edifici rimangono del comune e in carico come gestione al comune, i contratti per le forniture rimangono inalterati fino a fine bando (tre anni), cambiano “solo” le maestre. In teoria tutto questo avviene con il concetto di “continuità didattica”, il che dovrebbe garantire bambini e famiglie sulla prosecuzione dell’educazione.

Peccato che si stia parlando di bambini di 3-4-5 anni. Età in cui è fondamentale il rapporto con le insegnanti, al punto che assumono dal punto di vista emotivo un ruolo pari a quello dei familiari. Non serve una laurea in pedagogia per capire che sostituire le maestre sia un serio problema e che la continuità non sia solo legata ai programmi ministeriali quanto a un ambiente che si è venuto a creare (scuola-bambini-maestre) a cui verrebbe sottratta una parte fondamentale. Per un bambino non vedere più le stesse maestre è da considerare alla stregua di un trauma.

Il cambiamento infatti viene effettuato senza tenere conto dei cicli in corso, ovvero del percorso dei bambini all’interno delle scuole materne. Per capirci, un bambino di 4 anni ha già fatto un anno di lavoro importantissimo con le maestre e normalmente ha davanti altri due anni per arrivare alla fine del ciclo previsto. Anni in cui è fondamentale la stabilità, da qualsiasi punto di vista, per arrivare al successivo passaggio alle scuole primarie con meno problemi possibile.

E’ questo tipo di cambiamento che ci è piovuto addosso, ai genitori e ai bambini di tre scuole materne. Cambiamento che ci è stato presentato come imprescindibile dal comune. Cambiamento fatto dopo aver fatto firmare alle famiglie nei mesi precedenti per proseguire il servizio comunale. Cambiamento fatto senza il minimo preavviso precedente. L’idea di fondo sembra essere quella di non concedere spazio a un confronto, di imporre la cosa in un modo che ricorda il feudalesimo.

(continua)

Livorno, la piuma e l’elefante

Nota di servizio: a causa di una serie di problemi che si stanno verificando a Livorno e dei conseguenti contrasti tra cittadinanza e PPAA la normale programmazione di questo blog viene sospesa a favore di una serie di articoli a tema.

C’è una favola, comune al folklore arabo e a quello indiano, a proposito di una piuma che finisce per spezzare la schiena all’elefante (o al cammello a seconda delle versioni).  La morale della favola è quella di non ignorare i rischi che comporta sovracaricare l’animale da soma e di quanto sia stupido alla fine dare la colpa alla piuma che ha portato all’ultima, minima, frazione di peso.

A Livorno la piuma corrisponde alle scuole comunali (nidi e materne) a tutto quello che che è stato fatto nella loro gestione a partire dal 2007. Piccola cosa rispetto alla gestione generale di un comune che ha più di 160.000 abitanti ma più che sufficiente per far risaltare in tutta la loro pochezza gli amministratori livornesi. Come accade in tutte le strutture di potere consolidato anche quella in salsa labronica mostra tutti i difetti di chi considera la cosa pubblica come una sorta di feudo.

Vi racconterò tutto quello che so di questa storia, sia perché ha delle conseguenze che mi toccano personalmente sia perché è un esempio perfetto di come i cittadini finiscano per scontrarsi con la pubblica amministrazione per questioni che potrebbero essere risolte con un minimo di buon senso.