La storia dei progetti segreti è una delle mie passioni, una di quelle cose su cui perderei giornate intere a fantasticare. Di recente ho già scritto dei post a proposito dell’Area 51 e del progetto Aurora e in questi giorni sto leggendo un libricino di Bill Sweetman che prende in esame l’argomento dal punto di vista tecnico e fattuale con lunghi excursus sui progetti dagli anni ’50 agli ’80.
Non c’è certezza che un velivolo denominato Aurora esista. O che una serie di prototipi possa essere ricondotta a questa denominazione. Il punto è che dovrebbe esserci. Ci sono tutte le condizioni, oggi come trenta anni fa, perché sia necessario per gli Stati Uniti avere un velivolo in grado di sostituire gli A-12 e gli SR-71 nella ricognizione aerea.
Non si può fare affidamento solo sui satelliti, prevedibili nei loro passaggi e difficili da gestire in maniera riservata dopo la fine del programma Shuttle (la navetta X-37 è ai primi viaggi, quest’anno ha effettuato la prima missione operativa). Né ci si può basare solo sui droni anche se hanno dato ottime prove in Afghanistan (si vocifera siano in utilizzo anche in altre parti del mondo ma non ci sono conferme dirette).
Di recente la DARPA ha pubblicizzato i voli sperimentali del suo FALCON, veicolo robotizzato in grado di viaggiare a velocità massime comprese tra Mach 11 e Mach 17 e nello stesso programma c’era anche il Blackswift (cancellato nel 2008) che era in grado di volare a velocità comprese tra Mach 3 e Mach 6. Tecnicamente parlando un velivolo tipo Aurora è possibile e lo era anche negli anni ’80-’90.
Postulando una progettazione nella seconda metà degli anni ’80 e i primi voli di test nei primi anni ’90 ci sono però pochissime evidenze, una manciata di testimonianze attendibili, dell’esistenza di uno o più aerei sperimentali riconducibili alle caratteristiche di Aurora. Se di segreto si tratta è uno dei meglio custoditi della storia recente.