Prima guerra mondiale. Allo scoppio delle ostitlità l’impero austro-ungarico arruola da tutti i suoi territori in maniera massiccia, tocca anche ai territori italiani che erano ancora sotto il suo controllo. Stante il rischio di schierarli sul fronte austro-italiano, si temeva fraternizzassero con il nemico, viene deciso di mandarli a combattere contro i russi. Su quel fronte, come sugli altri, ci sono battaglie terrificanti con centinaia di migliaia di vittime e altrettanti prigionieri da ambo le parti.
I numeri che sono stato in grado di trovare in rete non sono precisi ma almeno 25.000 italiani furono fatti prigionieri dai russi e in seguito avvicinati da emissari del governo di allora per scegliere se essere ‘redenti’ ovvero optare per la cittadinanza italiana. Si pensa che circa 10.000 soldati tra quelli che finirono per scegliere di schierarsi dalla parte italiana furono di conseguenza instradati verso la concessione italiana di Tientsin, territorio cinese assegnato al Regno d’Italia dopo la guerra dei Boxer del 1900.
Il viaggio di per sé è un’impresa. Uomini stremati dalla guerra e dalla prigionia che vengono raccolti da una serie di campi di prigionia, concentrati a Mudken e da lì portati con la Transiberiana verso la Cina. Sarebbe un problema notevole da gestire anche ai nostri tempi, figuratevi allora. A gruppi i nostri raggiungono la concessione dove chi sceglie di combattere, circa 2.500 uomini, viene man mano organizzato in unità di fanteria. Vestiti con uniformi giapponesi, armati con armi inglesi e in seguito rinforzati da altre unità provenienti dall’Italia finirianno per costituire il Corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente (CSIEO).
A chi proveniva dai campi di prigionia viene assegnato il nome ‘Legione Redenta di Siberia’. Vengono posti sotto il comando di un ufficiale dei Carabinieri, il maggiore Cosma Manera. Al CSIEO viene assegnato il compito di mantenere in funzione la Transiberiana nel quadro delle iniziative alleate a sostegno della fazione ‘bianca’ russa. Siamo nel 1919, la Grande Guerra è finita ma per questi italiani il ritorno a casa è ancora molto lontano.
In questo quadro, di per sé caotico, si inserisce una vicenda romanzesca. Quella del misterioso Compatangelo. Secondo alcune fonti si chiamava Angelo, secondo altre Andrea. Non si sa come fosse arrivato in Russia né esattamente come si guadagnasse da vivere. Viene descritto come ragioniere o come commerciante (una cosa non esclude l’altra) proveniente da Napoli o da Benevento (fonti diverse), pare anche avesse collaborato con il quotidiano L’Avanti. Di sicuro doveva essere una persona piuttosto decisa.
Durante il mese di settembre del 1918, nella città di Samara, costituisce un reparto formato da prigionieri italiani forte di 300 uomini e si autoproclama capitano. La formazione viene denominata ‘Battaglione Savoia’. Immediatamente dopo comincia a operare di concerto con la Legione Cecoslovacca in appoggio ai russi ‘bianchi’ che controllavano gran parte della Siberia.