Avvertenza: questo post si occupa di pensioni e precariato. Non in maniera sarcastica e/o ironica. Se cercate umorismo, tornate un altro giorno.
Bene, dopo aver fatto fuggire a galassie di distanza i lettori posso serenamente passare a una disamina sul tema pensioni, con particolare attenzioena quelle dette di anzianità. Pare siano diventate il nemico pubblico numero uno, l’unica chiave per risolvere i mali che affliggono l’economia italiana. Per ora si avviano a diventare l’ennesimo casino e il primo macigno da spostare per il nuovo governo.
La prima cosa da dire è che si sta facendo del terrorismo mediatico, a tutto danno di chi è già in pensione. Parlare a ruota libera di abolizione delle pensioni di anzianità senza specificare che non vengono toccate quelle attualmente in erogazione è criminale. Dovrebbe essere la prima frase di apertura, l’incipit del discorso: care cittadine, cari cittadini, le pensioni che vi stiamo pagando NON si toccano.
La seconda cosa è più complessa e riguarda anche il precariato. Se in generale si passa al metodo contributivo, la cosa funziona ovviamente solo se si lavora con continuità e per stipendi al di qua della linea della decenza. Già i part time sono problematici in questo sistema, figurarsi chi si arrabatta a lavorare un mese qui e l’altro là, con contratti a tempo e pagamenti ridicoli come importo.
Terza cosa, legata alla seconda. Dove li mettiamo quelli che non stanno lavorando o studiando? Molti di loro in realtà stanno lavorando in nero, sottopagati e in condizioni di sicurezza / igiene discutibili. Il che li rende dei perfetti sconosciuti per l’INPS e il resto dell’amministrazione dello Stato. Zero contributi, zero riconoscimenti. In un quadro del genere si va verso una catastrofe sociale.
Quarta cosa, sempre legata al problema di base, ovvero la flexsecurity. Se è vero che l’attuale sistema di ammortizzatori sociali è inefficiente e non arriva a coprire tutti mettersi a teorizzare di portare in Italia il sistema di altri paesi applicandone solo alcune parti è un incubo. Combinare salari italiani e flessibilità anglo-tedesca senza applicare in maniera integrale gli altri strumenti (salari per i disoccupati, contratti di lavoro e relative integrazioni, salvaguardie per la maternità/paternità, salvaguardie per l’assistenza a malati o disabili, pari opportunità di genere reali) vuol dire andare consapevolmente incontro alla guerra civile nell’arco di pochi anni.
Quanto sopra esposto va ad aggiungersi alla marea di problemi sociale ed economici causati dal precariato. Quello che doveva essere un percorso formativo nei primi anni di ingresso nel mercato del lavoro e in seguito una migliore gestione del passaggio da un incarico all’altro si è trasformato, fin dall’inizio, in una situazione dove perdono sia i lavoratori che lo Stato (stipendi bassi e nessuna sicurezza, meno contributi epiù instabilità sociale).
Il diffondersi di situazioni ingiuste ha letteralmente avvelenato il clima in moltissime aziende con il crescente impiego di precari in posizioni di pari responsabilità e incarichi rispetto ai colleghi che sono impiegati con contratti a tempo indeterminato. Pensare che non si creino tensioni tra chi prende mille euro al mese (quando va bene) e chi ne prende 1400-1500 o che non sorgano problemi legati alle conferme degli incarichi o per questioni di tutti i giorni come la malattia, le ferie o i permessi di maternità è a dir poco demente.
L’accumularsi dei problemi sopra citati e la presenza ormai di due generazioni di precari con sempre meno diritti, a cui va aggiunto chi è nella parte finale del corso di studi, mette in opera nel nostro paese le premesse per un disastro sociale senza precedenti. Non stiamo parlando di qualcosa che succederà tra 500 anni, mi aspetto cose pesanti già in questo decennio.
Che risposte danno la nostra società, il nostro sistema di welfare, ai soggetti più deboli?
Se il concetto di pensione d’anzianità viene rimosso, che succede?
Facciamo un esempio. Il signor X ha lavorato in maniera precaria per tutto l’arco della sua vita lavorativa. Pochi contributi, stipendi mediamente bassi, pochissimi risparmi (a essere ottimisti), difficilmente ha una pensione integrativa (non alla portata del suo reddito, non per cattiva volontà). Bene, il signor X è arrivato a un’età per la quale non ce la fa più a lavorare o è stato del tutto emarginato dal mercato del lavoro. Come campa? Se ha famiglia, come campano anche loro?
Altro esempio. La signora Y ha lavorato qualche anno full time, con contratto a tempo indeterminato. Diciamo dieci anni. Poi ha avuto un paio di figli e da allora non ha mai potuto andare oltre al part time, quelle volte che l’ha trovato. Anche la signora è arrivata a fine periodo lavorativo. Come campa? Dov’è la sua pensione?
Anni fa si parlava di ‘gobba’ contributiva, ovvero di un picco di richieste per l’INPS tale da far crollare l’ente. A sentire gli esperti il problema verrà risolto definitivamente nei prossimi anni con il progressivo innalzamento dell’eta pensionabile. Sarà. Ma le persone di cui parlavo prima? Ci aspettiamo che improvvisino? Verranno rottamate in appositi campi? Usate come soprammobili? La sfida dei prossimi anni è proprio questa, creare un sistema equo che riesca a sanare anche gli abusi commessi a partire dal 1995.