Paul Di Filippo – La trilogia steampunk

Paul Di Filippo

La trilogia steampunk (Orig. 1995, questa edizione 2011)

Titoli originali: Victoria (1991), Hottentots (1995), Walt and Emily (1993)

Delos

pp. 318

ISBN 9788865301746

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Quarta di copertina (da IBS.it)

Cos’è accaduto alla regina d’Inghilterra? È realmente lei la creatura dagli strani appetiti che da qualche tempo siede sul trono dell’Impero Britannico? Da dove vengono i mostri dell’abisso lovecraftiano che minacciano il Massachusetts? In quale curiosa epoca sono stati condotti i poeti amanti Walt Whitman ed Emily Dickinson? Tra i tanti sottogeneri del fantastico, della fantascienza e del fantasy, lo steampunk è uno dei più affascinanti, con i suoi scenari vittoriani, con le sue straordinarie tecnologie senza elettronica ed elettricità basate su ingranaggi e motori a vapore. Tra i pionieri del genere, che annoverano nomi come Tim Powers, William Gibson, Bruce Sterling e Alan Moore con la sua “Lega degli Uomini Straordinari”, un posto particolare spetta a Paul Di Filippo, primo a usare il termine steampunk in un titolo proprio con il presente libro. Tre storie ambientate nel diciannovesimo secolo, in una girandola di avventure narrate con arguzia.

Recensione flash.

Tre storie sospese tra pastiche, fantasia e grandi trovate. In più un numero impressionante di omaggi letterari e di riferimenti storici, per dare al lettore l’esperienza di un viaggio irripetibile. Da leggere.

Voto: 08,00 / 10,00.

Recensione.

Ci sono più modi di accostarsi a questa trilogia. Si può apprezzarne il notevole lavoro di preparazione, specialmente per la terza parte, si può godere dello stile e del modo ai confini del pastiche con cui Di Filippo sceglie di presentarci queste storie; ci si può focalizzare sul messaggio che ne traspare, in particolare per il voler trattare temi seri come il razzismo; ancora, ci si può divertire a cogliere tutti gli inside joke sparsi a piene mani, sempre cercando di distinguere quali dei personaggi sia storico o meno; infine, ci si può godere tre belle storie e lasciare perdere tutte le altre faccende.

Difficilmente si trova materiale del genere e non a caso Di Filippo si è fatto un nome come autore di spicco, uno dei pochi che possa dire di aver lasciato una traccia nella narrativa fantastica di questi ultimi decenni. Questa trilogia è degli inizi della sua carriera e mostra già un livello di maturità espressiva e di padronanza delle ambientazioni che pochi raggiungono. C’è chi attribuisce proprio a questo lavoro il germinare del genere steampunk, di sicuro è tra i primi lavori ad ottenere una buona notorietà.

Quello che mi ha più colpito è la capacità di variare i registri narrativi. Ci sono elementi propri dei romanzi dell’ottocento (Verne, Dumas), una costante nota sospesa tra il sarcasmo e l’ironia e il gusto giocoso di riservare al lettore una sorpresa dopo l’altra, un continuo dare scacco matto. Ho cercato a una prima lettura di trovare tutti gli elementi riferiti ad altri libri o a personaggi letterari ma ho dovuto rinunciare, il gioco citazionista viene condotto a un livello che è superiore alle mie forze sostenere. Il risultato finale mostra chiaramente il talento dello scrittore, non a caso in grado di esprimersi con facilità sia nei racconti che nei romanzi (ha anche sceneggiato dei fumetti, tanto per gradire). Nel passare da una sponda all’altra dell’Atlantico (la prima parte in Inghilterra, le successive prendono le mosse negli Stati Uniti) riservando al resto del mondo il ruolo di background (Francia, Polonia, Prussia, territori boeri del Sud Africa) si mostra l’unico limite di questa serie di storie, l’essere anglocentrico.

Altro fattore da sottolineare la critica costante al potere, sia come establishment economico che per porsi al di sopra del sapere in virtù del censo o della posizione. Il secondo racconto ha come sottotracce costanti il razzismo e la condizione femminile, temi presenti in altra chiave anche negli altri due. Infine, l’elemento fantastico, altra colonna di queste narrazioni. Protoscienza, magia in salsa lovercfratiana, passaggi dimensionali sono le chiavi di volta dei tre racconti, ognuna declinata con grande brio.

Se ancora non si fosse capito: da leggere.

Paul Di Filippo

Note sulle edizioni italiane.

In Italia questi tre racconti sono stati tradotti per la prima volta nel 1996 dalla Nord, con la traduzione di Maria Cristina Pieri. La stessa casa editrice ristampò in altra collana nel 1998. Non so dirvi se sia possibile reperire questi volumi al di fuori dal mercato dei remainders.

La trilogia deve la sua più recente pubblicazione alla Delos, nella collana Odissea Fantascienza. In questo caso la traduzione è stata affidata a Sergio Proietti con il quale mi complimento dato il livello di difficoltà, specialmente per la terza parte.

S. M. Peters – Whitechapel Gods

Nota per i naviganti: per l’intero mese di ottobre 2011 tutti i post di questo blog riporteranno come prima parte queste righe per ricordare che è possibile votare per il concorso SF qui fino alle 23.59 del giorno 31 di questo mese. Modalità di voto e lista delle proposte sono contenuti nel post linkato.

 

S. M. Peters

Whitechapel Gods (2008)

Roc

pp. 374, prezzo variabile secondo l’edizione.

ISBN 978-0451461933

Riferimento su Amazon.com qui

 

Quarta di copertina (da Amazon.com).

A thrilling new Steampunk fantasy from a talented debut author
TWO GODS-ONE CHANCE FOR MANKIND
In Victorian London, the Whitechapel section is a mechanized, steam-driven hell, cut off and ruled by two mysterious, mechanical gods-Mama Engine and Grandfather Clock. Some years have passed since the Great Uprising, when humans rose up to fight against the machines, but a few brave veterans of the Uprising have formed their own Resistance-and are gathering for another attack. For now they have a secret weapon that may finally free them-or kill them all…

Recensione flash.

Una storia di ribellione in una grande ambientazione steampunk / clockpunk, con riferimenti alla storia inglese e agganci notevoli al weird. A volte disturbante, scritto con grande personalità ma a tratti confusionario nella narrazione.

Voto: 07,00 / 10,00.

Recensione.

Difficile creare qualcosa di nuovo quando si sceglie di ambientare il proprio primo romanzo nella Londra vittoriana che ha fatto da base per innumerevoli storie steampunk. Altrettanto difficile, all’esordio, osare sul piano dello stile di scrittura e della commistione tra generi.  Peters lo ha fatto in questo suo primo romanzo mescolando senza ritegno o paura elementi weird, steam e clockpunk, il tutto senza peritarsi di mettere su carta sequenze disturbanti e di citare qui e là, elementi della storia reale inglese reinterpretati e di far parlare un personaggio in forma figurata, tra filastrocca e limerick.

Una parte di Londra, la zona di Whitechapel appunto, è completamente separata dal resto dell’Inghilterra per divenire un microcosmo grottesco dominato da due entità al confine tra il tecnologico e il sovranaturale, in grado di asservire e mutare gli umani a proprio piacimento. In passato c’è stata una grande rivolta, schiacciata senza pietà da esseri al confine tra il meccanico e l’umano, lasciando a lottare solo uno sparuto movimento di resistenza di minuscole proporzioni.

Del resto del paese si capisce poco, del mondo al di fuori ancora meno. C’è un impero germanico che manda le sue merci via Zeppelin, si intuisce esserci un’Europa simile alla nostra e poco più. La narrazione è tutta per i meandri oscuri di Whitechapel e per il suo infernale sottosuolo. È un micro mondo terribile, dove ogni orologio consente a ‘nonno orologio’ (Granfather Clock) di spiare cosa succede, dove si è diffuso un morbo che lentamente muta animali e uomini in creature biomeccaniche e dove neppure una pallottola ben piazzata può uccidere definitivamente i servi delle due divinità.

Mutando, ingegnandosi, concludendo alleanze improbabili o blasfeme e affidandosi a tecnologie che non riescono a capire i protagonisti comunque combattono questo dominio, mettendo a repentaglio non solo la propria esistenza fisica ma la salute mentale e quella condizione indefinibile che potremmo chiamare anima.

Non tutto scorre bene in questo romanzo. Alcune sequenze sono davvero troppo sperimentali e c’è qualche incongruenza pronta a rovinare il sense of wonder in un paio di punti. Nel finale c’è un passaggio forzato che avrebbe richiesto più cura. Valutandolo però come esordio posso dirmi contento di aver scoperto uno scrittore come Peters.

Nota sull’autore: non sono riuscito a trovare una sua fotografia, neppure una biografia striminzita. C’è qualche notizia reperibile in un paio di interviste ma a quanto pare il signor Peters gradisce l’anonimato.

Nota per i traduttori: se vi incaricano di tradurre questo testo vi divertirete, sia per varietà di linguaggio che per la ricchezza espressiva. Chiedete un buon prezzo,  ci vorrà parecchio lavoro!

Il volume non mi risulta essere stato tradotto o opzionato in Italia, se avete notizie più aggionate per favore fatemelo sapere.

George Mann – Ghosts of Manhattan

Nota per i naviganti: per l’intero mese di ottobre 2011 tutti i post di questo blog riporteranno come prima parte queste righe per ricordare che è possibile votare per il concorso SF qui fino alle 23.59 del giorno 31 di questo mese. Modalità di voto e lista delle proposte sono contenuti nel post linkato.

George Mann

Ghosts of Manhattan (2010)

Pyr

ISBN 978-1616141943

pp. 237, prezzi vari (vedi link sottostante)

Link su Amazon.com http://www.amazon.com/Ghosts-Manhattan-George-Mann/dp/1616141948

Quarta di copertina (dal sito della Pyr).

1926. New York. The Roaring Twenties. Jazz. Flappers. Prohibition. Coal-powered cars. A cold war with a British Empire that still covers half of the globe. Yet things have developed differently to established history. America is in the midst of a cold war with a British Empire that has only just buried Queen Victoria, her life artificially preserved to the age of 107. Coal-powered cars roar along roads thick with pedestrians, biplanes take off from standing with primitive rocket boosters, and monsters lurk behind closed doors and around every corner. This is a time in need of heroes. It is a time for The Ghost. A series of targeted murders are occurring all over the city, the victims found with ancient Roman coins placed on their eyelids after death. The trail appears to lead to a group of Italian American gangsters and their boss, who the mobsters have dubbed “The Roman.” However, as The Ghost soon discovers, there is more to The Roman than at first appears, and more bizarre happenings that he soon links to the man, including moss-golems posing as mobsters and a plot to bring an ancient pagan god into the physical world in a cavern beneath the city. As The Ghost draws nearer to The Roman and the center of his dangerous web, he must battle with foes both physical and supernatural and call on help from the most unexpected of quarters if he is to stop The Roman and halt the imminent destruction of the city.

Recensione flash.

Un bel romanzo che è un mischione di generi e sottogeneri, tutto miscelato per essere un page-turner come se ne leggono pochi. Consigliato anche non privo di difetti, Mann è un autore da tenere d’occhio.

Voto: 06,50 / 10,00.

Recensione.

Questo è un romanzo ambizioso e divertente, tratti ormai rari nella narrativa di genere. Prendete il filone fecondo dei vigilante (da The Shadow a Batman), gli anni ruggenti del secolo scorso, elementi ucronici, tracce di weird, un bel pezzo di steampunk e un debito notevole verso il pulp e avrete gli elementi di base di questo romanzo.

Siamo a New York negli anni ’20, lo choc della prima guerra mondiale ha lasciato spazio al proibizionismo e allo sbocciare del crimine organizzato, sullo sfondo c’è una società che sembra uscita dagli scenari descritti da Francis Scott Fitzgerald. Abbiamo un eroe che ha deciso di ribattere colpo su colpo ai criminali e di essere giudice, giuria e boia, abbiamo una damigella in pericolo che nasconde un segreto, un poliziotto deciso a soccombere piuttosto che cedere alla corruzione e un nemico che è molto di più che quello che sembra. Vi basta? No? Benissimo, perché abbiamo anche dirigibili e biplani, sangue in quantità e scene dure in piena tradizione pulp. In più, tutti fumano come dannati e il politcally correct non è pervenuto.

Tutto bene? No. Se come me siete dei bullonari ci sono delle cose da mettersi a urlare per la frustrazione e mantenere il sense of wonder è difficile in parecchi momenti. In più alcuni personaggi secondari sembrano delle controfigure di cartone, ci voleva un po’ di lavoro supplementare per rifinire questo giocattolino. Affascinato dal lato pulp e dall’atmosfera degli anni ’20 ho deciso di mantenere comunque un voto positivo, sedotto anche da un gancio al prossimo romanzo che ho trovato molto intelligente. Lo scoprirete nell’ultima pagina.

Nota bene: non mi risulta che abbiano tradotto o anche solo acquistato i diritti di questo romanzo in Italia. Se ne sapete di più per favore fatemelo sapere.

Ci vuole del coraggio

Ci vuole del coraggio. A manciate. Prendere un pezzo di storia risorgimentale, di solito presentato con un carico di retorica micidiale, per basarci un lavoro di sapore fantastico già non è banale. Filtrarlo in versione moderna come linguaggio e ritmo rasenta l’eresia. Inserire elementi steampunk porta dritti al plotone d’esecuzione, ovviamente con armi ad avancarica per l’occasione.

Per Enzo Milano tutto questo non è un problema. Anzi, è carburante per l’immaginazione, benzina per un trip a puntate giocato sui ritmi di un action moderno. Mostri sacri? Non pervenuti. Sacra storia patria? Niente che si debba lasciare sul piedistallo a prendere polvere. Le cinque giornate di Milano del 1848, quelle che trovate sui libri di storia, sono state un momento straordinario per l’Italia. La versione che leggerete a puntate è un omaggio fatto con un cuore grande come quello dei Martinitt di allora.

Mettetevi comodi, spegnete il telefono e staccatevi dalla Rete. State per salire su un ottovolante di prima classe e non sono ammesse distrazioni. Seguite i link nel blogroll e fatevi la corsa fino in fondo.

(In un certo senso ci sono anche io. Come light editor. Ho cercato di oppormi all’avanzare sferragliante e spietato delle storie di Enzo e ne sono stato travolto. Così imparo, mai mettersi davanti a un tank. Non quando si è privi di uno straccio di panzerfaust, devo ricordarmi di prenderne uno quando esco di casa alla mattina come fanno gli inglesi della City con l’ombrello.)

Steampunk hardware

Quando si parla di narrativa steampunk o di ambientazioni ottocentesche spesso si tende a trasporre in quei contesti oggetti o armamenti che derivano da altre epoche o da altri generi narrativi. Robot di grandi dimensioni, aeromobili di varia natura, armi a raggio e/o elettromagnetiche, ingegneria genetica e simili. Come espediente narrativo possono anche funzionare, specialmente per chi ha uno spiccato sense of wonder o non si fa troppe domande sulla fisica.

Tuttavia se si conosce un minimo la storia si può arrivare a proporre qualcosa di più sensato anche se non riscontrabile a livello storico. Un buon esempio può essere un carro armato. Nella storia che conosciamo sono entrati negli eventi bellici nella prima guerra mondiale, quindi nel periodo 1914-1918, senza essere realmente determinanti. Il primo conflitto mondiale si è giocato su mostruosi sacrifici di fanteria e sulla potenza delle artiglierie rispetto alle fortificazioni.

Il primo progetto moderno di tank è stato però proposto nel 1855, poco dopo la guerra di Crimea, da James Cowan (Steam Powered Land Ram). Si trattava di una versione corazzata di un trattore con un cannone, delle falci montate per stroncare la fanteria. Era solo un concept, il governo inglese dell’epoca rifiutò di finanziarlo. Nel 1872 Joseph Hawker propose un altro progetto , una sorta di locomotiva con un meccanismo che ricordava molto una trazione a catena al posto dei cingoli.

Il concetto di cingolo però risale al 1770 (Richard Lowell Edgeworth) e fu ripreso da studi degli anni 1820-1830 in Polonia (J.M. Hoene-Wronski), Inghilterra (Sir George Cayley) e Russia (Dmitry Zagryazhsky). Nella già citata guerra di Crimea entrarono in uso dei trattori cingolati per i trasporti.

Il motore a vapore era ben sviluppato, i cingoli c’erano, i pezzi di artiglieria di dimensioni adatti erano già in uso, la tecnologia per fare buone corazze era disponibile… era quindi concepibile un carro armato ‘moderno’ già nel 1855! Se un inventore avesse trovato fondi sufficienti per costruire un esemplare di pre serie per dimostrarne l’impiego alle autorità la storia sarebbe cambiata.

Pensate alle guerre d’indipendenza italiane, al conflitto franco-prussiano del 1870, alla guerra di secessione americana, alla spedizione anglo-franco-spagnola in Messico nel 1862… come sarebbero cambiate?