Traduzione di un articolo apparso sullo Scientific American, una delle prime ricerche su un fenomeno che conosciamo tutti fin troppo bene. Ringrazio Davide Mana per avermelo segnalato, spero possa contribuire in maniera sensata a una disamina del problema.

Perché su Internet sono tutti così arrabbiati?
Una tempesta perfetta genera maleducazione online, dall’anonimato virtuale alla mancanza di responsabilità, distanza fisica e lo strumento della scrittura.
Di Natalie Wolchover e Life’s Little Mysteries (pubblicato il 25-07-2012)
Con la campagna presidenziale, i dibattiti sulla sanità e il controllo delle armi nelle notizie di questi giorni, non si può evitare di essere coinvolti nelle “flame war” che sono presenti negli spazi dei commenti su Internet. Ma gli psicologi dicono che questi scambi al vetriolo dovrebbero essere evitati – o semplicemente censurati sui media disponibili online – perché danneggiano la società e la salute mentale.
In questi giorni i commenti online “sono straordinariamente aggressivi, senza risolvere nulla,” dice Art Markman, un professore di psicologia presso l’università del Texas a Austin. “Alla fine non ci si può sentire come nessuno ti abbia ascoltato. Avere una forte esperienza emozionale che non si risolve in una maniera sana non può essere una buona cosa.”
Se è così insoddisfacente e malsana, perché lo facciamo?
Una tempesta perfetta di fattori contribuisce a generare la maleducazione e l’aggressione viste nelle sezioni dei commenti dei siti Web, dice Markman. Primo, i commentatori sono spesso virtualmente anonimi e quindi non direttamente responsabili per la loro maleducazione. Secondo, sono distanti dal bersaglio della loro rabbia – sia per l’articolo che stanno commentando che per un altro commento sullo stesso articolo – e si tende a contrapporsi più facilmente con soggetti astratti piuttosto che con interlocutori diretti. Terzo, è più facile essere sgradevoli scrivendo che parlando, da qui la pratica ormai fuori moda di lasciare note rabbiose (quando la gente usava la carta), secondo quando dice Markman.
Siccome i discorsi nelle sezioni dei commenti non avvengono in tempo reale, i commentatori possono scrivere lunghi monologhi, i quali tendono a trincerarli nei loro punti di vista estremi. “Quando stai avendo una conversazione di persona, chi riesce a fare un monologo eccetto che nei film? Anche se ti arrabbi, c’è uno scambio e alla fine devi calmarti e ascoltare per avere una conversazione,” (ancora Markman).
Battersi in una serie di commenti può anche dare una sensazione di appagamento, sebbene sia ingannevole. “C’è così tanto che accade nelle nostre vite che è difficile trovare tempo per andare fuori e fisicamente aiutare una causa, il che rende alettante l’attivismo da poltrona,” questa l’opinione di un blogger su un articolo del Daily Kos del 23 luglio.
Infine Edward Wasserman, professore in etica del giornalismo presso l’università Washington e Lee, fa notare un’altra causa del vetriolo: pessimi esempi dati dai media. “Sfortunatamente, i mass media hanno fatto una fortuna insegnando alla gente le maniere sbagliate per parlarsi tra loro, offrendo esempi come erry Springer, Crossfire, Bill O’Reilly. Comprensibilmente il pubblico conclude che la rabbia è il vernacolo della politica, che è come si parla in pubblico delle idee,” così Wasserman in un articolo scritto per il sito della sua università.
La comunicazione, secondo lo studioso, avviene quando si comprende la prospettiva dell’altro, la si capisce e si risponde. “Il tono di voce e la gestualità possono avere una grande influenza sulla propria abilità di capire cosa ci stanno dicendo,” dice Markman. “Più si è distanti dal faccia a faccia, dal dialogo in tempo reale, più è difficile comunicare.”
Secondo Markman i gestori dei media dovrebbero moderare la rabbia e l’odio che sono diventati la norma negli scambi tra i lettori. “E’ importante far sentire tutti i pareri su un argomento. Ma non è importante lasciare spazio agli attacchi personali o avere messaggi con toni estremamente arrabbiati. Anche qualcuno che porti ragioni legittime con un tono iroso danneggia la natura della discussione, perché incoraggiano risposte dello stesso tipo. Se in un sito rimangono pubblici commenti contenenti attacchi personali del tipo più sgradevole, si sta mandando il messaggio che è un comportamento accettabile.”
Sempre secondo Markman, si dovrebbero cercare interlocutori con cui conversare e dovremmo sforzarci di includere nei nostri circoli sociali delle persone che pensano diversamente da noi. “Svilupperete un sano rispetto per le persone che hanno opinioni diverse dalle vostre“.
Cercare soluzioni per i problemi più difficili che tendono a generare la maggior parte dei commenti online richiede lunghe discussioni e compromessi. “La negoziazione avanti-e-indietro che accade avendo una conversazione con qualcuno con cui non si è d’accordo è una capacità,” dice Markman. Questa capacità sta languendo, sia tra il pubblico che tra i nostri leader.
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Nota tecnica: qui il link alla pagina di Scientific American, va fatto notare che ho rimosso tutti i link che comparivano nella versione originale, così come i collegamenti ai profili sui social network dell’autrice. La traduzione, per povera che sia, è di mia mano. Chiarisco che mi sono preso diverse libertà nel testo per adattarlo al meglio alla lingua italiana e suggerisco comunque di prendere visione dell’originale.