Andando a Nord

Con la benzina che veleggia verso i due Euro/litro e bollette del gas sempre più care l’attenzione verso il comparto energetico è in aumento, sia per ragioni strettamente economiche che per considerazioni geopolitiche. Gli speculatori stanno sfruttando da parecchi mesi sia le tensioni e i conflitti riconducibili alla “primavera araba” che le vicende iraniane per tenere in alto i prezzi del greggio con le inevitabili conseguenze sia sui mercati che su tutte le filiere economiche legate in qualche modo ai carburanti. Va tenuto in considerazione anche il fatto che l’asse dei consumi si sta spostando ancora verso l’alto dal momento che i cosidetti paesi emergenti sono fortemente energivori, in primis la Cina.

Nel frattempo si stanno esplorando altre strade e usando tecniche sempre più avanzate per trovare nuovi giacimenti e/o per sfruttare risorse prima considerate antieconomiche o del tutto inaccessibili. Forse ricordate tutta la vicenda dello “shale gas” (1) e i grandi interrogativi che derivano dal suo uso, in termini di conseguenze ambientali. Altre polemiche hanno investito anche il nostro paese, specialmente per le trivellazioni concesse in Sicilia e per i progetti legati alla costruzione di vari gassificatori in vari punti della penisola (vicende spesso molto poco chiare dal punto di vista giudiziario).

Sui media italiani si ragiona poco su questi argomenti e normalmente si tende a prestare attenzione alle vicende che coinvolgono il nostro maggiore operatore nazionale, l’ENI, focalizzandosi quindi su Libia, Nigeria, Kazakistan e sui progetti di oleodotti e gasdotti. Nei servizi da sessanta secondi dedicati dai TG a questi argomenti si tende soprattutto a passare l’immagine “forte” del nostro business e a genericamente assicurare che l’Italia ha sufficienti approvigionamenti per far fronte a tutte le esigenze del caso. Qualsiasi approfondimento, raro comunque, passa lontano dalla prima serata e da tutti gli altri orari di buon ascolto. Dato che la televisione rimane il veicolo di informazione primario per la maggioranza dei cittadini quello che ne consegue non è certo positivo.

La prossima frontiera, dal punto di vista del reperimento di gas e petrolio, è a Nord. Per essere precisi sopra il circolo polare artico. Alla faccia di chi continua a dire che il riscaldamento globale non esiste le masse di ghiaccio artico si stanno riducendo, così come si sta riducendo l’accumulo di ghiaccio sulla Groenlandia. Fenomeni come questi hanno conseguenze sia per il traffico marittimo, il passaggio a Nord rimane aperto per più settimane l’anno rispetto al recente passato, sia per le attività di prospezione mineraria che stanno diventando più semplici. Per la Groenlandia si sta procedendo in maniera abbastanza ordinata, la compagnia di stato NUNAOIL ha bandito regolari gare per la gestione e manterrà il controllo dello sfruttamento del territorio. Ci sono grandi interrogativi sul piano ecologico e il recente passato di questa provincia semi indipendente della Danimarca non fa sperare bene. Ricordo che nel 1985 lasciarono la CEE per sfuggire alle regole comunitarie sulla pesca, giudicate troppo restrittive. Qui potete farvi un’idea di cosa sia diventato il governo locale (2).

L’Artico è una partita molto più complessa. Sia dal punto di vista geopolitico che da quello minerario. Canada, Russia, Stati Uniti, Norvegia e Danimarca hanno al momento delle zone di interesse economico mutuamente esclusive e hanno firmato un trattato sotto l’egida dell’ONU per definire un modo per definire la sovranità dell’area. In pratica chi potesse provare una continuità geologica del proprio territorio con quello artico, del tutto o in parte, acquisirebbe la possibilità di sfruttarlo, de facto estendendo i propri confini nazionali. Se si pensa che ci sono studi che situano nella zona quantità rilevanti di petrolio e di gas, probabilmente più gas secondo le prospezioni più recenti, è ovvio che l’interesse sia notevole. Di conseguenza quattro dei cinque firmatari dell’accordo hanno già avanzato richieste basate su missioni scientifiche svolte dopo il 2000. La notevole eccezione ad oggi sono gli USA che sembrano essere più concentrati sullo sfruttamento dell’Alaska.

Per due paesi, Canada e Russia, la questione sembra essere più rilevante. I canadesi avanzano pretese territoriali fin dal 1925, i russi dal 1926 e sono andati avanti a carte geografiche e bollate da allora. Chi sta investendo sul serio, facendo promesse roboanti, è la Russia. Dopo aver finanziato la spedizione Artika nel 2007, con tanto di bandiera simbolica lasciata sul fondo, il governo russo ha annunciato di aver progettato nei particolari il futuro sfruttamento della zona (3). Stiamo parlando di un reattore nucleare galleggiante, di un programma di prospezione massiccio e dell’annuncio contemporaneo di un potenzionamento della flotta del Nord (già la più moderna e meglio equipaggiata) e della creazione di truppe specializzate nel teatro artico.  Propaganda a parte, sono segnali preoccupanti.

Lasciando perdere le pretese, più o meno legittime, dei vari stati l’interrogativo di fondo sul futuro ecologico di una zona importantissima del pianeta rimane affidato a generiche dichiarazioni di principio e a programmi di tutela esistenti più sulla carta che sul campo. Gli organismi internazionali che dovrebbero vigilare sullo sviluppo dell’area si riuniscono ogni due anni, sembrano più avere lo scopo dichiarato di seppellire ogni protesta sotto un mare di burocrazia che altro. Potremmo perdere per sempre sistemi ecologici unici come già successo in troppe zone del pianeta, dimostrando per l’ennesima vlta di non aver capito nulla dai disastri passati. E’ altrettanto palese che sforzi minerari come quelli che si preparano non faranno altro che andare nel verso delle richieste energivore, aumentando nel contempo i fenomeni che già hanno dato origine al global warming.

Indovinate un po’, si sta per aprire anche la corsa a Sud. Non vorrete che l’Antartico rimanga un santuario naturale, vero?

Nota 1: si veda un riassunto della questione qui: http://en.wikipedia.org/wiki/Shale_gas; suggerisco anche di prendere visione di “Gasland” di Josh Fox, referenziato nell’articolo. Il sito lo trovate qui: http://www.gaslandthemovie.com/

Nota 2: il sito ufficiale, in inglese, del governo groenlandese qui: http://uk.nanoq.gl/

Nota 3: documento, in inglese, dell’Oxford Institute sulla spedizione russa e il futuro della zona artica, qui: http://www.oxfordenergy.org/wpcms/wp-content/uploads/2011/01/Aug2007-TheBattleforthenextenergyfrontier-ShamilYenikeyeff-and-TimothyFentonKrysiek.pdf