Ragionare sulla fantascienza

Colgo le indicazioni di Davide Mana e Glauco Silvestri a proposito della SF in Italia per proporvi ulteriori riflessioni sulle possibilità di rilanciare questo genere nel nostro paese. In sintesi, Davide indica nella scarsa preparazione scientifica generale una difficoltà per proporre la SF più scientifica, nel senso che molti scrittori non hanno le basi per formulare scenari credibili o proiettare dall’esistente in un modo sensato; Glauco invece indica nella incapacità di suscitare il sense of wonder nei lettori dato il generale clima di depressione e disillusione è più in generale la difficoltà di suscitare nei lettori entusiasmo come c’era in passato per l’esplorazione spaziale.

n.b. la sintesi che ho operato è limitativa, entramb hanno articolato ragionamenti più ampi.

Il quadro che ne emerge non è confortante, specialmente se si intende la SF come space opera, come storie di esplorazione spaziale e/o di futuri fortemente condizionati dallo sviluppo di nuove tecnologie. Già alcuni sottogeneri come il cyberpunk e lo steampunk si sottraggono a una gran parte di questi problemi e il settore ucronico (specialmente nella versione distopica) può già essere considerato a parte. Proprio sulle ucronie è facile ricordare i buoni risultati del concorso indetto da Alessandro Girola lo scorso anno, già questo un indizio di come certi entusiasmi possono essere solo sopiti al momento.

Il clima italico in sé non è proprio favorevole all’ottimismo per i dati che tutti conosciamo. Ma, c’è sempre un ma in agguato, ci sono segni interessanti. La reazione dei nostri compatrioti alle ultime amministrative, i voti ai referendum, i ringhi dalla Rete verso l’AGCOM per me sono indizi di una ritrovata sensibilità popolare, di una voglia di impegnarsi che la parte migliore del nostro paese ha sempre espresso.

Per metterla giù brutale e ritornare all’argomento leggere/scrivere SF, non penso si possa coinvolgere chi di suo non legge in assoluto. Né credo sensato pensare di imporre in qualche modo un genere senza un supporto di marketing da paura. Io vorrei recuperare al genere tutti coloro che si sono allontanati verso altri lidi in questi anni bui e provare a rivolgermi ai giovani lettori, anche per dar loro storie dove i concetti di speranza e progresso siano significativi.

Ricordo con un certo imbarazzo di aver letto i YA di Asimov quando avevo 12-13 anni. La serie di Lucky Starr, tanto per capirci. Erano ingenui da morire, con falle logiche da farci passare un autotreno, ma per me funzionavano. Tutto sta nel raccontare in maniera onesta e nel portare idee che guardino avanti ai lettori. L’ennesimo vampiro in crisi esistenziale / prurito adolescenziale funziona perché permette al lettore o alla lettrice giovane di proiettarsi in problemi che capisce. Lo stesso tipo di cose che si possono inserire in un plot fantascientifico.

Sappiamo tutti di cosa abbiamo paura, cosa ci piace, cosa vorremmo dal nostro presente e dal nostro futuro. Non dobbiamo reinventare la ruota o il fuoco, quello che serve è far tirare su la testa al pubblico perché tornino di nuovo a guardare in alto.

26 thoughts on “Ragionare sulla fantascienza

  1. Articolo bello, Angelo.
    Mi fa riflettere specialmente adesso che sto revisionando un mio romanzo di fantascienza da pubblicare almeno in ebook per Natale, ma credo sia condizionato dal malessere che gira in questi anni e malgrado ci voglia inserire del sense of wonder, è troppo pervaso da un senso di disfatta

    • Anche un romanzo pessimista può essere bello, pensa per esempio a ‘la strada’ di McCarthy. Se la narrazione che hai creato ha quel senso allora va bene così per quanto mi riguarda, non credo nella necessità di stravolgere un plot e/o i personaggi. Se vuoi ‘parlarne’ io ci sono.

  2. …e pure a me è venuta una idea… vediamo cosa riesco a combinare, intanto ho già stabilito qualche contatto. Grazie ai tuoi post, e a qualche Urania letto quest’estate, mi è tornata voglia di fare qualcosa per la SF…

  3. Ad essere “spietatamente” sincero a me la sf italiana non è mai piaciuta molto; Evangelisti, qualcosa di Zuddas, Prosperi, Aldani, Catani e poco altro. Non mi piacciono Aresi, Cola, Asciuti, Arona, Fambrini, ecc.
    Per vincere la mia esterofilia sono stato abbonato a “Futuro Europa” per una ventina di numeri: in generale ne ho un pessimo ricordo. Non so cosa farci; forse essendo cresciuto con Simak, Heinlein, Vance, Farmer, Herbert e gli altri “grandi” anglosassoni sono fermo a quelli. Dei “recenti” mi piacciono Martin, Vinge (quando è tradotto in modo completo….), Sawyer e altri quindi, mi spiace, ma non sono particolarmente interessato agli autori italiani.

    • E’ giusto che tu dica quello che pensi, ci mancherebbe solo che si fosse obbligati a leggere in base al passaporto. A differenza di te io stimo molto Danilo Arona e vorrei spezzare una lancia per Luca Masali, il suo primo romanzo era qualcosa di interessante. Tra gli autori più recenti come pubblicazione che ne dici di Richard Morgan?

      • Ovviamente non parlavo di stima personale (ci mancherebbe altro: non li conosco) ma di apprezzamento verso quello che scrivono. Di Arona ho letto poco ma già i titoli delle sue opere mi “allontanano”: “L’alba degli zombie”, “PALO MAYOMBE 2011”, ecc.
        Di Masali ho letto “I biplani..” e non mi è dispiaciuto ma “Le ossa della vergine” e “L’inglesina in soffitta” proprio non sono il mio genere.
        Morgan non lo conosco (se non ricordo male “Bay city” costava una ventina di euro. Controllato su Internet: ricordavo bene: 17,59€!
        Ora avendo un lettore ebook lo cercherò sul mulo o sul torrente….. Grazie del consiglio.
        Concludo: leggo male in inglese (e, francamente, non mi interessa più di tanto…) e trovo ottimo materiale “vecchio” e “nuovo” quindi non sono stimolato a cercare materiale in italiano.

  4. Questo sarà un commento carico di amarezza.

    Ho collaborato alla pubblicazione di una antologia di fantascienza e fantastico internazionale per… ouch, per sette anni!
    Piccolo editore, bassa tiratura, ma oh, si fa quel che si può.
    Siamo stati sdegnosamente ignorati dai nostri connazionali – è dura, maledettamente dura quando un tuo volume in italiano vende di più in Giappone che in Italia.
    Quando David Brin ti scrive per dirti che sei un figo, e l’allora curatore di Urania ti dice che sei un fan che si è montato la testa.
    Recensioni pochissime, feedback quasi del tutto assente, i soliti commenti “se l’avessimo fatto noi sarebbe stato meglio”.

    Ora siamo in cinque italiani su una antologia internazionale di lingua inglese – ci sono anche Arona e Vic Catani, per far due nomi più conosciuti del mio, e citare due autori migliori di me.
    Una antologia di beneficenza – c’è gente come Moorcock, John Shirley, Bob Price e chi più ne ha più ne metta.
    Abbiamo scritto storie, raccogliamo fondi per gli orfani.
    Ci hanno fatto fior di articoli e recensioni in tutto il mondo.
    In Italia abbiamo segnalato la cosa sui nostri rispettivi siti web.
    Il silenzio è stato assordante – cinque post, forse sette commenti in totale (inclusi i nostri).

    Perciò, onestamente, prossimamente pianterò la mia croce su un’altra colina – grazie al cielo (e al duro lavoro) conosco l’inglese quasi meglio dell’italiano (e faccio meno errori di battitura!), ed il mercato anglosassone è aperto, dinamico, vitale e pagante.
    La critica è sana.
    La blogsfera amicevole.
    I lettori sono milioni e non sono seduti da qualche parte col pollice in bocca a dirsi che sì, però l’Heinlein di Terrore della Sesta Luna rimane inarrivabile, che UFO era una serie Tv che spaccava e che Dick… ah, Philip K Dick!
    È maledettamente difficile scrivere (o pubblicare) fantascienza per un pubblico che vive nel passato.

    OK, ora basta, scusa lo sfogo.

    • Davide, la situazione l’hai esposta tu e credo non consenta incomprensioni. Credo sia interessante raccontarla in esteso, giusto per far capire a tutti come stanno le cose. Ho presente certe resistenze editoriali, diffuse sia a Segrate che in altri luoghi della penisola. Proprio per questo ne vale la pena darsi da fare. Perché dovrei voler lasciare la SF in Italia in questa situazione? Tu fai benissimo a proporre i tuoi lavori in altri paesi, ci mancherebbe, ma qui che succede? Buttiamo napalm e ci godiamo lo spettacolo?

    • Benvenuto. Credo sia vero che esistano fior di resistenze culturali, sia nell’editoria che tra gli scrittori (evito la critica per carità di patria). E’ anche vero che c’è chi si sforza di travalicare i confini per guardarsi attorno con occhi vergini. Ho letto l’articolo linkato e posso dire che considero il Connettivismo un buon tentativo in questa direzione. A questo punto però una domanda: siamo davvero sicuri che sia tutto finito? Dobbiamo solo occuparci delle esequie e rassegnarci a leggere in altre lingue?
      Bisogna fare uno sforzo, guardare avanti come si faceva decenni fa per ottenere lo stesso scopo: scrivere buona SF.

  5. La serie di Lucky Starr…. che bei ricorsi…. non pervengono le critiche, erano mirati a un certo tipo di pubblico e funzionavano.
    Adesso li sta leggendo mio figlio, e funzionano ancora.
    E poi sono capitato su questo blog grazie a Lucky Starr, e devo dire che mi piace.

    • Benvenuto, e che sia ringraziato Asimov per tutto il suo lavoro.
      Bello pensare a un’altra generazione che legge Lucky Starr. Per la fantascienza abbiamo in mente di provare a fare qualcosa, rimani in contatto.

  6. La tesi di Glauco Silvestri mi sembra ridicola. Mi riferisco a questa:

    “Glauco invece indica nella incapacità di suscitare il sense of wonder nei lettori dato il generale clima di depressione e disillusione è più in generale la difficoltà di suscitare nei lettori entusiasmo come c’era in passato per l’esplorazione spaziale.”

    Ridicola perché il “futuro pieno di speranze” è solo uno dei possibili scenari della fantascienza. Se il problema è semplicemente che i lettori moderni sono depressi, perché non si scrive “fantascienza negativa”? Distopie; cyberpunk; sf post-apocalittica; scenari “dying earth”. O magari una ucronia.
    Libri come 1984, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, Neuromante, che propongono futuri cupi, sono ancora letti e ristampati moltissimo.

    Il punto invece mi sembra quello sottolineato di Davide Mana:

    “Davide indica nella scarsa preparazione scientifica generale una difficoltà per proporre la SF più scientifica, nel senso che molti scrittori non hanno le basi per formulare scenari credibili o proiettare dall’esistente in un modo sensato;”

    Questo si riallaccerebbe alle critiche rivolte ai vincitori del premio Urania degli ultimi anni: libri in cui l’elemento scientifico è inesistente, o cliché, o sbagliato. E di conseguenza di suscitare sense of wonder (a prescindere che sia un sense of wonder positivo o cupo). E questi libri, quando escono, non fanno che scoraggiare ulteriormente il pubblico, che si ritrova tra le mani robaccia.

    Lo scrittore italiano medio di narrativa fantastica non ha una preparazione scientifica adeguata, e quindi o non scrive fantascienza, o scrive pessima fantascienza (il che allontana ulteriormente i lettori dal genere).

    • Per prima cosa, calma. Il ragionamento esposto, attribuito a Glauco Silvestri, è la sintesi di un discorso più organico da me operata per non fare un post troppo lungo. In particolare ci si riferiva non alla Sf in senso generale ma ad alcuni filoni in particolare. Se c’è qualcosa di ridicolo è la mia sintesi, OK?
      Concordo pienamente sulla presenza di interi sottogeneri dai toni cupi e/o distopici e aggiungo che tra quelle pagine ci sono dei veri e propri classici della SF. Le lacune sulla preparazione scientifica del pubblico italiano e degli scrittori del nostro paese sono purtroppo un fattore strutturale difficile da superare se non in tempi medio lunghi. Non a caso siamo indietro nelle classifiche OCSE sull’apprendimento proprio nei settori della matematica e della fisica.
      Questo porterebbe a pensare alla necessità di abbassare l’asticella del livello scientifico a favore di opere più semplici, questo se non si vuole rischiare di fare opera di divulgazione (con conseguenti infodump a pioggia). Personalmente credo si possa risolvere questo problema con l’ausilio di uno o più consulenti (fisici, chimici, matematici o altro possa servire) mentre la capacità di creare un plot affascinante con buoni personaggi è decisamente più problematica da sistemare.

  7. “Se c’è qualcosa di ridicolo è la mia sintesi, OK?”

    Ah, okay, come vuoi, io stavo solo commentando le parole che avevi riportato tu. Per il resto, sono contento che la pensi come me.
    Non sono d’accordo su un punto:

    “Questo porterebbe a pensare alla necessità di abbassare l’asticella del livello scientifico a favore di opere più semplici, questo se non si vuole rischiare di fare opera di divulgazione (con conseguenti infodump a pioggia). ”

    Faccio un esempio.
    Incontro con Rama è un’opera tecnicamente molto complicata. Ma è scritta in modo tale che potrebbe leggerla tranquillamente un tredicenne, capendo quasi tutto.
    Il livello scientifico può rimanere alto, basta che l’ESPOSIZIONE sia semplice ^-^
    La fantascienza scritta bene è scritta in modo semplice, a prescindere dal livello di complessità degli elementi coinvolti. I problemi come l’infodump possono essere risolti con una buona cultura manualistica (come quella giustamente propugnata da Gamberetta, dal Duca, da Zwei).

    • Mi citi un capolavoro, Incontro con Rama, che non a caso arriva da uno scrittore come Arthur C. Clarke (ex radarista, inventore e grande divulgatore). Concordo sulla possibilità di riuscire a sintetizzare un’esposizione chiara e ‘leggera’ come peso all’interno del romanzo / racconto ma non è una strada per tutti. Nel senso che pochi hanno dimostrato di saperla percorrere.
      Tuttavia si torna alle idee. Il romanzo citato si basa su una serie di buone idee articolate molto bene, con l’unico punto debole (!) della caratterizzazione dei personaggi non sempre ottimale. Senza aspirare a quel livello si può comunque studiare, approfondire e cercare collaborazioni tecniche per arrivare a una sintesi accettabile della parte scientifica (o pseudo scientifica). Servono umiltà e impegno, doti non indifferenti.

  8. “Concordo sulla possibilità di riuscire a sintetizzare un’esposizione chiara e ‘leggera’ come peso all’interno del romanzo / racconto ma non è una strada per tutti. Nel senso che pochi hanno dimostrato di saperla percorrere”

    Eh, ma in quella direzione bisogna andare^^
    Oggi, se ti guardi indietro, non ricordi i romanzi mediocri. Quelli che ancora vengono letti sono i romanzi di Clarke, di Heinlein, di Asimov, Dick, Vonnegut, Ballard, Aldiss, Simak, Spinrad, Anderson, Sturgeon, eccetera…

    E comunque, anche se non si è draghi della scienza e nessuno è disposto ad aiutarti, ci si può sempre buttare sulla soft sf o sullo science-fantasy, che permettono più libertà. Basta che su qualche argomento interessante si sappia qualcosa; e che si sappia un minimo scrivere.

    “Il romanzo citato si basa su una serie di buone idee articolate molto bene, con l’unico punto debole (!) della caratterizzazione dei personaggi non sempre ottimale.”

    Dì pure che i personaggi fanno cagare a spruzzo xD
    Clarke, tecnicamente parlando, è un cattivo scrittore. Ma aveva buone (e talvolta ottime) idee, quindi glielo si perdona. Quando leggi un suo romanzo “minore”, dove le idee non ti colpiscono, l’incapacità della sua prosa ti salta subito all’occhio e ti accorgi di quanto faccia schifo.
    Questo per dire che bisogna guardare con occhio critico anche i grandi.

    • La critica, se rimane costruttiva, è sempre utile. Non a caso i grandi che citi spesso avevano rapporti diretti con editor e pubblico, anche quelli con un carattere burrascoso come Heinlein. A voler ben guardare molti dei classici hanno dei difetti strutturali e/o tecnici ma rimangono storie con un respiro grandioso che in pochi hanno saputo replicare negli anni successivi.
      Andare in quella direzione si può e si deve. Presuppone che l’atteggiamento mentale di chi scrive rimanga umile e che si ricerchino quelle sinergie, ormai indispensabili, per rimanere al passo con le frontiere della ricerca scientifica (per l’hard SF). Anche se si vuole rimanere al ‘basso futuro’, spostando la prospettiva di pochi anni in avanti, si rischia di fare degli sfondoni concettuali pazzeschi. Prevedere l’impatto sociale della Rete o anche quello di un farmaco come il Viagra è al di fuori della portata di chi non abbia studiato i meccanismi dello sviluppo sociale.

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