E’ davvero difficile mantenere un minimo di buone maniere, per non parlare di vero e proprio bon ton, nel corso di una campagna elettorale italiana. Fin dai primi giorni i contenuti, i programmi e le idee scivolano via in un confuso e cacofonico rumore di fondo. Rimangono le facce. Grandi, distorte, rese paradossali dal cerone e dalla chirurgia. Se si abbassa il livello di attenzione tutto si mescola, donne e uomini sempre più distanti dalla realtà si accavallano sui 600 canali televisivi, sui quotidiani e sui siti internet.
Da questo punto di vista Orwell si sbagliava. Non esiste un grande Fratello, un pensiero unico che tutto divora. Esiste un vuoto di pensiero, creato e mantenuto per mettere la ragione in un angolo e far sembrare tutto uguale, per mettere sullo stesso piano criminali e vittime, buoni amministratori e pluripregiudicati. E’ una strategia di comunicazione degli anni ’80, ripetuta in Italia a partire dal 1993 e che continua a funzionare. Sotto la pressione verbale e visiva di tutto questo insieme di “faccioni” rimangono gli schieramenti, quelli che voteranno quel partito o quel movimento a prescindere da qualsiasi cosa accada e le elezioni verranno decise dal numero degli indecisi che all’ultimo momento si schiererà.
Cinque anni di futuro. Ipotecati per le facce. Senza ragionamento, senza scelte consapevoli. Il mondo va avanti e noi siamo fermi al 1993.
(La foto è di un’opera di Ron Mueck, artista contemporaneo di grande rilievo).
Ottimo ragionamento, se si considerano le percentuali degli astenuti e quelle dei cosiddetti indecisi, come dici tu è facile intuire che un sistema democratico è molto facilmente sfruttabile in senso molto poco democratico.
Alla fine della fiera chi ha effettivamente deciso chi governa sono quelli che non hanno scelto e quelli che hanno scelto a caso.
Purtroppo la democrazia è una cosa per popoli maturi e consapevoli, e presupporrebbe queste caratteristiche sia negli elettori che nei candidati/eletti. Quando il marketing (che comunque è ineliminabile, sin dai tempi della Grecia e di Roma, quando occorre il consenso del popolo non si lesina in questo senso), che entro certi limiti è accettabile, diventa il fondamento delle campagne elettorali, beh allora qualcosa si è rotto.
Volendo usare termini economici si potrebbe affermare che un sistema democratico diventa scalabile da posizioni di minoranza quando il diritto di voto non viene espresso a sufficienza o quando le leggi elettorali sono disegnate in maniera da sovra dimensionare il peso della maggioranza relativa. Il concetto di diritto-dovere, ove applicato al voto, pare essere diventato ostico a molti.
Credo esista un legame preciso tra il tasso di ignoranza e il livello di qualunquismo ma andrebbe esplorato da persone molto più preparate di quanto possa essere io.
Benvenuti nell’ era del blob unificante! 😦
L’impressione è quella. E’ data, tra le altre cose, da come vengono presentati i temi nei media. Si parla di categorie, di insiemi definiti in maniera grossolana, abbandonando del tutto la possibilità di fare dei distinguo o dell’analisi di merito. Parlare di “caste”, di “antipolitica”, di termini economici sparati più o meno a caso, di percentuali e numeri senza uno straccio di spiegazione… tutto contribuisce a massificare significati e significanti. Se a questo si aggiunge una scarsa qualità umana e professionale di una parte sensibile della classe dirigente temo davvero non si possa andare molto lontano.