Dopo Roma

Nota per i naviganti: per l’intero mese di ottobre 2011 tutti i post di questo blog riporteranno come prima parte queste righe per ricordare che è possibile votare per il concorso SF qui fino alle 23.59 del giorno 31 di questo mese. Modalità di voto e lista delle proposte sono contenuti nel post linkato.

 

Ho pensato a lungo prima di scrivere questo post, l’idea era non farsi trascinare dai disordini di Roma e non cedere spazio all’emotività. Ora più che mai occorre ragionare.

Le manifestazioni contemporanee dei cosidetti ‘indignados’ sono state un successo su scala planetaria, non si vedeva niente del genere dai primi anni ’90 e l’impressione di base, fortissima, è che siamo ancora alla fase iniziale della protesta. Quei cartelli, ‘siamo il 99%’, sono qualcosa di più di uno slogan e danno meglio di altre cose l’idea della portata a cui si potrebbe arrivare se non si trovano soluzioni a questa crisi economica. Da notare che ci sono stati fior di cortei anche in paesi non in crisi nera, segno evidente che la preoccupazione per questo modello socio-economico arrivato al capolinea è trasversale anche rispetto al reddito pro capite e ai livelli di occupazione.

Non ci sono leader riconosciuti, non c’è una piattaforma formale di rivendicazione da discutere. Questo è il lamento dei politici, in Italia e fuori, di fronte a queste dimostrazioni. Questa è la contrapposizione plateale tra vecchio e nuovo sistema. Non riuscire a confrontarsi perché non ci sono leader. Non poter trattare perché non ci sono garanti dall’altra parte. Si cerca di affrontare con la logica degli anni ’70 fatti e istanze del 2011. Questo è un errore catastrofico.

Con queste proteste, come già accaduto quest’anno con le rivoluzioni arabe, la Rete trova una sua legittimità sociale. Torna a un ruolo di servizio, messo in ombra fino ad ora dal dilagare della pornografia e dal ciarpame (spam-schemi truffa-pubblicità occulte). Una strategia comune a quasi tutti i gruppi è quella di essere presenti 24/7 sui social network, sui blog, su tutte le finestre di contro informazione. È impossibile anche solo pensare di impedire il diffondersi del loro materiale. Oscurare la Rete e/o il sistema di telefonia è diventato proibitivo anche in paesi come Cina o Iran.

I ranghi della protesta aumentano ogni giorno. Ogni decimale di punto  in meno del tasso di occupazione, ogni impiego precario, ogni diritto negato ampiano il numero delle persone che questo sistema economico sta emarginando. È un vero e proprio tradimento, un furto di futuro inimmaginabile pochi anni fa. E nei paesi più a rischio economico, tra cui l’Italia, questo meccanismo rischia di deragliare.

La magistratura chiarirà le dinamiche dei fatti di Roma. Mi auguro con il decisivo apporto di tutti quei manifestanti pacifici che hanno fotografato i violenti, che li hanno filmati o registrati. Anche questo è un cambiamento notevole. Se è vero che è impossibile filtrare a priori chi voglia inserirsi in una manifestazione pacifica con intenti bellicosi, è altrettanto vero che si può identificare con buona sicurezza molti di loro e metterli nelle mani degli investigatori. Suggerisco anche di metterli in Rete appena possibile, con tanto di nomi e cognomi.

Che questa società sia ingiusta e attraversata da privilegi di stampo feudale lo sanno tutti, che la cosa pubblica sia gestita spesso in modo criminale non stupisce nessuno. La risposta violenta non fa altro che armare la mano di chiunque chieda repressione su larga scala. Cui prodest?

Ci sono resoconti di prima mano di manifestanti pacifici che parlano di strane manovre, echi delle tattiche degli anni ’70 a base di infiltrati e di gente manovrata come burattini per tagliare la gambe alla protesta. Sento evocare gli spettri amari di Cossiga e di Scelba, di settori deviati dei servizi segreti e di branche delle forze dell’ordine che agiscono sotto il controllo di questo o quel politico. Può darsi che sia così. Sono cose già viste nel nostro paese.

Contrastare queste frange richiede una strategia molto diversa da quella in corso di applicazione. Non sto parlando di leggi speciali o di arresti preventivi. Se davvero lo si volesse si potrebbe gestire lo scontro di piazza in maniera estrema, cosa che farebbe esattamente il gioco di chi spera di scatenare una battaglia senza quartiere. Bisogna affidarsi a un’opera di intelligence e tracciare la rete di contatti che hannomesso in piedi fino a comprenderla e penetrarla. Il resto lo si fa seguendo le norme attuali, più che sufficienti.

La fine delle ideologie del ‘900, la successiva scomparsa dei partiti di massa di sinistra e il diluirsi del ruolo delle organizzazioni sindacali ha tolto il blocco organizzato che garantiva il corretto svolgersi delle azioni di protesta e non si vede all’orizzonte chi possa pensare di riempire questo ruolo in futuro, almeno nel nostro paese. Quindi sta a una pletora di soggetti diversissimi organizzarsi e trovare il modo di agire per conservare la capacità di protestare per portare avanti le proprie idee.

Non so dire come si svilupperanno le cose in futuro ma di una cosa sono certo; finché non si troverà la maniera di alleviare il peso della crisi sulle popolazioni queste proteste non solo non cesseranno ma troveranno sempre nuovi modi di essere espresse. Chi come noi ha una classe dirigente vecchia e per larghe parti inadeguata è destinato a pagare il prezzo più alto. Bisogna favorire a tutti i costi un ricambio totale, accettando anche di sacrificare qualche personaggio di grande spessore pur di ottenere il risultato.

Lasciamo al loro ruolo gli imprenditori, mettiamo in primo piano i civil servant che sono la spina dorsale della nostra nazione. Persone normali, dotate dei mezzi intellettuali per capire le sfide che hanno davanti e della dignità che serve per mettersi al servizio dello Stato. Ci sono ancora, basta ascoltarli.

8 thoughts on “Dopo Roma

  1. Niente da aggiungere, hai già scritto tutto quello che c’era da dire.
    Anzi no! Mi sento d’integrare la parte sulla politica : io già sento fare il solito rimpiattino tra accuse, finte adesioni e facile demagogie. Tu dici che sono vecchi e antiquati? Io aggiungerei che sono i soliti vecchi marpioni.
    E tra qualche ora sul TG 1 torneranno tutti a parlare del culo di Belen. 😦

    • Il tentativo è quello di screditare la protesta e annegarla sotto un’ondata di sdegno. Temo non funzionerà. La tecnica è ben rodata ma troppe famiglie toccano direttamente i problemi indotti dalla crisi, potrebbe essere un segnale per i movimenti, per far loro trovare un modello organizzativo migliore.

  2. Analisi più che condivisibile. In effetti, rispondendo a Nick, i tg hanno sin da subito incentrato i loro servizi pseudogiornalistici sulla violenza, con le dichiarazioni di (come direbbe Guccini) “chiunque ha un tiramento” in cui ‘si prendono le distanze’, ‘si stigmatizza’, persino il vescovo che parla di ‘violenza blasfema’. Ma quanti hanno parlato dei motivi della protesta? Di chi fossero tutti quelli che non spaccavano vetrine? Era come se tutto fosse preordinato: ecco, avevamo ragione noi. Ma perché mischiare chi incendia, col cappuccio in testa, un’automobile con chi lancia, a viso scoperto, un uovo contro la vetrina di una banca che si guarda bene dal concederti un mutuo o anche solo un prestito per arrivare a fine mese? E’ vero ciò che dici riguardo al fatto che finora la nostra generazione (almeno la mia) non ha saputo costruire niente, non ha provato a pensare ad un’alternativa, perché abbiamo sguazzato nel guano che ci è stato lasciato e proposto; una generazione senza spina dorsale insomma. E questo è quello che mi fa pensare che il futuro non sia poi così roseo.

    • La nostra generazione, quelli che hanno 40-50 anni oggi, è l’ultima che può dire di essere generalmente progredita rispetto alla precedente, pur con qualche notevole eccezione (mi riferisco sia al precariato che ai cinquantenni rimasti ai margini del mercato del lavoro). Non abbiamo saputo forzare la politica a un ricambio, questo è vero. La stagione del 1992-1993, quella del crollo della prima Repubblica sotto le inchieste giudiziarie, è stata un’occasione persa. Anche per colpa nostra.
      Dovevamo insistere, mandarli a casa tutti. Ma non è ancora tardi per questo. I vecchi politicanti che ancora si accampano a Roma e nei luoghi di potere della penisola, quelli ancorati a schemi di azione-reazione appresi dai loro precedessori del dopo guerra, sono una risposta anacronistica a domande proprie del 2011. Noi dobbiamo a questo punto fare pressione, unire le nostre istanze a quelle dei più giovani. Ci sono anche altri modi di lottare oltre alla piazza. Se li aiutiamo chi vuole cambiare diventa la maggioranza assoluta anche in un paese di vecchi come il nostro.

  3. Stamani alla radio ho sentito un manifestante raccontare per filo e per segno di un permessivismo a dir poco sospetto da parte delle forze dell’ordine (almeno una parte delle) nei confronti di coloro che poi si sono rivelati violenti, e che hanno fatto passare in secondo piano qualunque sacrosanta rivendicazione.
    Non ho molta fiducia che la cosa venga accertata facendo piena luce su tutto, devo ammetterlo. Anch’io come molti ho pensato: ci risiamo, ecco che riapplicano il vecchio trucco alla Cossiga: un manipolo di infiltrati che mette a ferro e fuoco la manifestazione e così si mettono le manone avanti per tacitare anche le future rivendicazioni con i metodi forti. Ma subito dopo non ho potuto non pensare che anche questa sia una vecchia tattica che sulla lunga distanza non può reggere. Una vecchia tattica pensata da menti decrepite e sclerotizzate sul proprio scampolo di potere, che poteva funzionare fino a pochi anni fa, quando non c’era ancora una massa critica di gente imbestialita così ampia, così disincantata, con sempre meno da perdere.
    Chi stupidamente pensa di poter agitare la miccia per spaventare la gente dovrebbe prima assicurarsi che non sia ne’ troppo corta ne’ soprattutto già accesa.
    Ma sono arroganti e non ci badano.

    • Chi è al potere oggi, anche i più giovani, non ha capito come affrontare questa generazione che protesta. Non ne hanno gli strumenti mentali, la capacità di analisi e di formulare delle risposte. Diciamolo chiaramente, i mediocri hanno selezionato altri più mediocri di loro. Le dimostrazioni di ignoranza non si contano più, sanno solo ripetere a pappagallo concetti populisti che non sono neppure in grado di applicare. Chi guarda ai giovani (30-40enni) della politica italiana ha ben poco di cui gioire.

  4. Non è certamente l’atteggiamento giusto, ma io non sono molto ottimista.
    Lasciando da parte il pessimo livello di informazione che abbiamo a disposizione; si parla più delle condizioni dei poliziotti in queste situazioni, che comunque hanno tutto il mio rispetto, che delle motivazioni di chi ha manifestato.

    Ed anche a livello di manifestazione, potrei essere io poco informato, ma ho sentito solo idee piuttosto vaghe e con poche proposte concrete, oltre alla giustissima e sacrosanta protesta contro un sistema che dobbiamo cercare di cambiare prima che ci distrugga del tutto.

    Però sono convinto che quando ci si trova alle strette, in situazioni di emergenza, sia ancora più importante rispetto a quelle quotidiane ragionare di testa e non di pancia.
    Uno dei grandi vanti è quello di non avere leader e di lasciare parola e spazio di dibattito a chiunque, ma appare evidente che se questo può andare bene in una piazza (che per quanto gremita è solamente una percentuale irrisoria di tutta la popolazione italiana), a livello nazionale non ci si possa mettere a discutere in 60 milioni, diventerebbe caotico e paralizzante.
    Sarò anche impopolare, ma penso anche che non tutti abbiano diritto di parola su qualsiasi argomento: se avessi una malattia da dover curare andrei da un medico specializzato in quella patologia, non indirei una riunione di condominio per sentire genericamente cosa hanno da dire tutti; lo stesso principio si applica alla cosa pubblica, qualcosa di molto serio ed importante che deve essere gestito da persone certamente serie e soprattutto oneste, ma certamente anche competenti nella specifica materia che andranno ad amministrare.

    Insomma, va bene ripulire dal marcio, ma non estremizziamo cercando di demolire delle istituzioni degne di essere difese, che intrinsecamente non hanno nulla a che vedere con le misere figure che ne ricoprono i ruoli.
    Avere un’organizzazione e dei piani concreti sono il passo successivo, non ci si può fermare alle dichiarazioni ideali.

    • Attualmente le proteste sono una sorta di Proteo di cui nessuno ha le coordinate precise. Nno a caso gli stessi gruppi che compongono i vari cortei faticano molto a trovare un terreno comune che non sia sfilare e farsi sentire. Difficile pensare che No Tav e studenti universitari abbiano le stesse priorità, che i rappresentanti dei lavoratori in cassa integrazione e gli anarchici vogliano le stesse cose. L’organizzazione di una piattaforma comune la vedo difficile in questa fase anche perché non hanno una sponda valida nel mondo politico, in cui non si riconoscono, o in quello sindacale, che da anni non è più in grado di garantire una rappresentatività reale.
      Probabilmente faranno come i no global degli anni ’90, finiranno con il generare una struttura di coordinamento per le azioni di più ampia portata per poi continuare filoni indipendenti di iniziative. Il che causa dispersione e rende più facile il contrasto a chi non li vuole ascoltare. La differenza, enorme, con le proteste che li hanno preceduti è data da una sostanziale trasversalità. Per fasce di età, per ceto sociale, per provenienza geografica, non ci sono vere barriere tra gli indignados.
      Rimane la cosidetta frangia violenta. Si sbaglia se la si ritiene organica e omogenea, c’è di tutto anche in quel settore. Ci sono gli esclusi che agiscono con la forza della disperazione, gli annoiati che si atteggiano per sentirsi vivi, i residui di qualche migliaio di sigle che dicono di essere di estrema sinistra e un bel po’ di gente a cui non sembra vero poter fare casino. Tenerli fuori dalle manifestazioni è possibile solo con un servizio d’ordine veramente massiccio, cosa che è al di fuori delle possibilità dei movimenti attuali.
      L’informazione nostrana è qualcosa di patetico. Tutto deve essere semplificato, predigerito, filtrato da persone che sono più realiste del re e hanno passato da tempo la frontiera di chi pagherebbe per vendersi. Se poi si aggiunge il fatto che la maggior parte dei nostri connazionali usa solo la televisione per ‘informarsi’ arriviamo alla farsa più totale. Non a caso un Tg vagamente più informato come quello de La7 ha registrato un boom di ascolti da qualche mese a questa parte.

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